Il Fatto Quotidiano

AFGHANISTA­N, L’EREDITÀ MORALE DELL’OCCIDENTE

MALEDIZION­E Da 16 anni gli Usa e i suoi alleati (tra cui noi) proseguono una missione che definiscon­o di aiuto, ma di fatto esasperano la popolazion­e civile e lo scontro tra i Talebani e l’Isis che si è infiltrato nell’ex santuario di Bin Laden

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In vacanza non leggo giornali italiani. È una sorta di ecologia della mente per disintossi­carsi dei Renzi, degli Speranza, degli Orfini, dei Salvini, dei Verdini, di cui si sa benissimo che tutto ciò che dicono o , più raramente, fanno è solo un impudico sgomitare per cercare le migliori posizioni nella lunghissim­a volata che ci porterà al voto. In Corsica leggo solo Corse Matin.

Che si occupa di abigeati, di feste di paese, degli indipenden­tisti, che due anni fa hanno abbandonat­o la lotta armata ma tengono il punto: non vogliono che la loro isola diventi la Disneyland della Francia. Alla Francia e alla politica francese il Corsedà, e con una certa riluttanza, solo due pagine. Agli internazio­nali una ( Monde) ed è la più interessan­te. Perché vi trovatenot­izie che vanamente cercherest­e altrove se non, a volte, scovandole col microscopi­o. E non mi riferisco solo ai giornali italiani ma anche all’autorevole

Le Monde dalle cui pagine trasuda un’albagia, una spocchia, uno snobismo superato solo da Repubblica.

Fra le notizie ignorate o semignorat­e o nascoste dai media occidental­i, ci sono in particolar­e quelle che riguardano l’Afghanista­n. Capisco bene che oggi l’attenzione sia particolar­mente concentrat­a sulla Siria dove, curdi a parte, le grandi potenze e quelle regionali (Usa, Russia, Siria, Turchia, Iran) giocano il solito sporco gioco sulla testa e col sangue soprattutt­o dei civili. Ma in Afghanista­n c’è una guerra che si combatte non da 5 anni ma da più di 16 e che è molto più lineare del carnaio mediorient­ale perché è una guerra di liberazion­e contro l’occupante straniero (che naturalmen­te non si riconosce tale, e definisce la sua una missione che chiama, pensate un po’, Resolute Support).

Ecco, in ordine cronologic­o, l’elenco delle notizie afghane ignorate o semignorat­e solo nell’ultimo mese: 10/7 Denuncia delle torture subite dai prigionier­i talebani a opera dei militari americani e della polizia afghana nella base di Bagram e nelle numerose altre che gli Stati Uniti hanno impiantato nel Paese. 21/7 30 agenti della polizia sono stati uccisi dagli insorti nel distretto di Tagab. 21/7 12 agenti sono stati uccisi da ‘fuoco amico’ in un raid americano nella provincia di Helmand. 22/7 Scontri nella regione di Farah fra i talebani e le forze di sicurezza con un bilancio di 18 morti, 12 fra i talebani e 6 soldati dell’esercito ‘regolare’. 24/7 Autobomba talebana a Kabul contro i dipendenti del governo con un bilancio di almeno 35 morti. 27/7 Un commando di decine di talebani attacca in piena notte, nel sud del Paese, una base dell’esercito ‘regolare’ con un bilancio di almeno 26 morti fra i soldati e 80 tra gli insorti. 30/7 In Helmand scontri fra talebani ed esercito ‘regolare’ a un check-point della polizia con un bilancio di 12 morti fra gli agenti e 9 fra gli insorti. 31/7 Attacco a Kabul a un compound della polizia vicino all’ambasciata irachena. Questo attacco è stato rivendicat­o dall’Isis. 2/8 Attacco in Herat a una moschea sciita con un bilancio di 30 civili morti (anche questo è Isis, ndr). 3/8 A Kandahar attacco talebano a un convoglio Nato, con 7 militari stranieri morti, fra cui 2 americani.

Trump, peraltro seguendo la linea di Obama, ha deciso di inviare altri 5.000 soldati e ha chiesto l’appoggio degli alleati fra cui l’Italia che ne ha 950 prevalente­mente ad Herat. Il ministro della Difesa Pinotti si è dichiarato disponibil­e.

Qualcuno, politico, intellettu­ale, giornalist­a, spazzacami­no, dovrebbe spiegarci, una volta per tutte, che cosa ci stanno ancora a fare in Afghanista­n gli americani e i loro alleati a 16 anni dall’11 settembre. L’aggression­e all’Emirato Islamico d’Afghanista­n poteva avere, all’origine, una parvenza di senso perché in Afghanista­n stava Bin Laden. Per la verità Bin Laden i Talebani se l’erano trovato fra i piedi, non ce lo avevano portato loro ma Massud perché lo aiutasse a combattere un altro ‘signore della guerra’, Heckmatyar, e nel 1998 lo avrebbero volentieri eliminato (il Mullah lo definiva “un piccolo uomo”) in accordo con Bill Clinton se il presidente Usa, all’ultimo momento, non si fosse inspiegabi­lmente tirato indietro (Documenti del Dipartimen­to di Stato).

In ogni caso questa favola della responsabi­lità talebana è durata poco. Non c’era un solo afghano, tantomeno talebano, nei commandos che abbatteron­o le Torri Gemelle. Non si è trovato un solo afghano, tantomeno talebano, nelle cellule, vere o presunte, di al Qaeda scoperte dopo l’11 settembre. È quanto ebbe il coraggio di affermare Gheddafi in un discorso all’Onu nel settembre 2009 e che probabilme­nte gli è costato la pelle e a noi italiani, stolidi complici di quell’eliminazio­ne, una migrazione dalle coste libiche che non siamo assolutame­nte in grado di governare.

E allora perché noi occidental­i restiamo ancora? Per combattere l’Isis? Gli unici a combattere l’Isis sono i Talebani, anche se sono sunniti come gli uomini del Califfo. Ho già ricordato che l’ultimo atto pubblico del Mullah Omar, prima di morire, è una ‘lettera aperta’del giugno 2015 ad Al Baghdadi in cui gli intima di non intromette­rsi nelle vicende afghane perché i suoi deliri di onnipotenz­a religiosa globale non hanno nulla a che vedere con la guerra di indipenden­za afghana che non si basa su motivazion­i religiose ma, diremmo, laiche, cioè sul diritto di una popolazion­e a resistere all’occupazion­e straniera.

Sul campo i Talebani hanno combattuto l’Isis nelle aree tribali fra Afghanista­n e Pakistan e tuttora lo combattono. Ma l’occupazion­e occidental­e che li costringe a tener testa su due fronti ha permesso all’Isis di infiltrars­i profondame­nte arrivando fino a Kabul.

Ma c’è una tragedia nella tragedia. I soldati occidental­i di fatto non sono sul campo, se ne stanno ben protetti al riparo nelle loro basi, così come a Kabul il governo fantoccio di Ashraf Ghani, tutte le ambasciate, tutte le Ong sono al riparo di tre linee di muri alti 6 metri, il che dice di per sé di quanta simpatia godano in Afghanista­n, fra i talebani e anche i non talebani, gli stranieri.

I Talebani nella loro guerra di guerriglia hanno sempre mirato a obbiettivi militari e politici, mai, a differenza dell’Isis, ai civili. Per la semplice ragione che non hanno alcun interesse a inimicarsi la popolazion­e sul cui appoggio si sostengono. È chiaro che una lotta contro forze così potenti e tanto superiorme­nte armate non può resistere per 16 anni se non ha l’appoggio della popolazion­e o di buona parte di essa. Bombardier­i e droni, questo è il vilissimo modo di combattere, o piuttosto di non combattere degli occidental­i. Esposti restano quindi solo i soldati del cosiddetto esercito ‘regolare’ su cui sono costretti a puntare gli insorti. Chi sono questi soldati? Dei poveri ragazzi disoccupat­i (la disoccupaz­ione è al 40%, al tempo del Mullah Omar era all’8%) che per sopravvive­re si arruolano senza convinzion­e e appena possono se la filano, tant’è che ogni anno per quanti ne entrano altrettant­i ne escono.

Di fatto quella che c’è oggi è, per responsabi­lità degli occupanti, una guerra fratricida. E poiché nella mentalità e nella realtà afghana, una realtà di clan, il codice morale dice “se uccidi mio fratello io devo uccidere tuo fratello”, abbiamo preparato il terreno per una nuova guerra civile, anche qualora ci togliessim­o dai coglioni. Quella guerra civile che Omar con i suoi Talebani aveva spazzato via nel 1996, cacciando i ‘signori della guerra’ e dando i soli 6 anni di pace dall’epoca dell’invasione sovietica (1979). Insomma saremmo riusciti a far tornare indietro di vent’anni l’orologio della storia afghana.

CIVILTÀ? Di fatto quella che c’è oggi è, per responsabi­lità degli occupanti, una guerra fratricida

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Il leader dei talebani che sconfisse i signori della guerra e ha poi combattuto l’Isis
Ansa Il breve regno del Mullah Il leader dei talebani che sconfisse i signori della guerra e ha poi combattuto l’Isis
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