Trapani, il Don quasi Nobel ora è indagato come le Ong
La security della nave di Save the Children sospettava del prete eritreo da anni riferimento dei migranti: “Ma le sue segnalazioni erano fondate”. Lui: “Ho aiutato chi è in pericolo”
Candidato nel 2015 al premio Nobel per la pace, punto di riferimento per migliaia di migranti eritrei in transito nel Mediterraneo, Mussai Zerai è un prete che ha sempre denunciato le violenze dei trafficanti e non ha mai risparmiato la nostra politica: “Quando fai accordi bilaterali con la Libia, sapendo che i diritti fondamentali di queste persone non saranno rispettati”, ha dichiarato tempo fa a ilfattoquotidiano.it, “diventi complice di queste violazioni, di questi abusi, di queste torture”. E lui, che complice non vuole essere, oggi deve difendersi dall’accusa d’essere un favoreggiatore dei trafficanti. Padre Zerai risulta iscritto nel registro degli indagati con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
Il Fattoha contattato uno degli uomini che, con le sue denunce, ha avviato l’inchiesta che vede il padre eritreo sul banco degli accusati. Parliamo di Cristian Ricci, che si occupava di sicurezza sulla nave di Save the Children e, con altri colleghi, s’è presentato nella questura di Trapani denunciando una serie di anomalie nella gestione dei soccorsi. È Ricci infatti che, intercettato con il collega Pietro Gallo, discute degli episodi raccontati agli inquirenti: “Gliel’hai detta la storia dell’eritreo?”, chiede Gallo. “Sì... – risponde Ricci –, già la sapevano, che gli è arrivato il messaggio del prete eritreo e noi ci siamo recati là e abbiamo trovato il barcone di legno... e a bordo avevano il mediatore eritreo...”. Di che parlavano? “Noi non abbiamo mai accusato don Mussai – spiega Ricci –, ma abbiamo soltanto raccontato le anomalie che abbiamo visto. A bordo della nave di Save the Children, arrivò una segnalazione, sulla chat di un telefono. Indicava con precisione il luogo in cui avremmo trovato un barcone. Ci fu riferito che la segnalazione giungeva da un prete eritreo”.
MA L’INFORMAZIONE era vera? “Sì”. E la nave era in avaria? “Sì. In balia delle onde, senza benzina. Fu un salvataggio molto difficile. C’erano circa 400, per la maggior parte eritrei, inclusa una bambina siriana molto malata. Molti, una volta a bordo, iniziarono a pregare: forse erano studenti di teologia”. In sostanza la segnalazione era vera, l’avaria pure, il salvataggio necessario. E per 400 persone la presunta telefonata di padre Zerai rappresentò la salvezza: “Non c’è dubbio che avessero bisogno di essere soccorsi”.
Eppure, Gallo e Ricci, a giudicare dalle intercettazioni, ci tengono particolarmente a segnalare l’episodio in procura. E a mettere l’accento sul prete eritreo. Perché? “Perché la segnalazione arrivò su una chat, non su un canale istituzionale, quindi qualcuno era informato prima delle is ti tu zi on i”. Ma se l’informazione ha salvato 400 persone, che problema c’è? “Ho un dubbio: non sarà che gli imformatori sulla chat, oltre ad avvertirci di salvare i migranti, organizzano questo pezzo di viaggio in mare? Sia chiaro: nessuno di noi ha mai accusato questo prete. Abbiamo solo raccontato un episodio”.
Il punto è che, prima ancora di informare la procura, Gallo invia segnalazioni all’Aise e s’informa su eventuali interrogazioni parlamentari di Lega e Fratelli d’Italia. Perché? Abbiamo provato a chiederglielo ma, attraverso il suo avvocato Vincenzo Perticaro, Gallo fa sapere che, con le indagini in corso, preferisce non rispondere. Resta il fatto che la procura di Trapani deve aver riscontrato le loro versioni e – oltre alcuni volontari delle Ong Jugend Rettet, Save the Children e Medici senza Frontie- re – anche Zerai (che da anni, con la sua Agenzia Habeshia, si dedica ai migranti che attraversano il Canale di Sicilia) è accusato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
Le chat
Le informazioni non arrivavano tramite i canali istituzionali, qualcuno veniva avvisato prima
“VOGLIO ANDAREa fondo di questa vicenda – ha commentato Zerai – e sono rientrato apposta dall’Etiopia per capire cosa stia succedendo. Mi sono mosso sempre nella legalità. In passato ricevevo moltissime telefonate ogni giorno. Oggi ne ricevo molte meno. Non saprei dire perché. Mi sono sempre mosso in buona fede per aiutare chi era in pericolo. L’obiettivo è sempre stato umanitario. Nulla di più. Ho inviato segnalazioni di soccorso all’Unhcr, a Ong come Medici Senza Frontiere, Sea Watch, Moas e Watch the Med. Ho prima informato la centrale operativa della Guardia Costiera italiana e il comando di quella maltese”.
Al centro delle accuse, la chat citata da Ricci, anche se padre Zerai smentisce di averla utilizzata. Nell’unico episodio ricostruibile al momento, comunque, avrebbe contribuito a salvare 400 persone. Indirettamente – e non a fine di lucro – avrebbe potuto però aiutare i trafficanti. Se favoreggiamento c’è stato, quindi, è avvenuto per salvare qualcuno. E non sentirsi complice.