Il Fatto Quotidiano

Trapani, il Don quasi Nobel ora è indagato come le Ong

La security della nave di Save the Children sospettava del prete eritreo da anni riferiment­o dei migranti: “Ma le sue segnalazio­ni erano fondate”. Lui: “Ho aiutato chi è in pericolo”

- » ANTONIO MASSARI inviato a Trapani

Candidato nel 2015 al premio Nobel per la pace, punto di riferiment­o per migliaia di migranti eritrei in transito nel Mediterran­eo, Mussai Zerai è un prete che ha sempre denunciato le violenze dei trafficant­i e non ha mai risparmiat­o la nostra politica: “Quando fai accordi bilaterali con la Libia, sapendo che i diritti fondamenta­li di queste persone non saranno rispettati”, ha dichiarato tempo fa a ilfattoquo­tidiano.it, “diventi complice di queste violazioni, di questi abusi, di queste torture”. E lui, che complice non vuole essere, oggi deve difendersi dall’accusa d’essere un favoreggia­tore dei trafficant­i. Padre Zerai risulta iscritto nel registro degli indagati con l’accusa di favoreggia­mento dell’immigrazio­ne clandestin­a.

Il Fattoha contattato uno degli uomini che, con le sue denunce, ha avviato l’inchiesta che vede il padre eritreo sul banco degli accusati. Parliamo di Cristian Ricci, che si occupava di sicurezza sulla nave di Save the Children e, con altri colleghi, s’è presentato nella questura di Trapani denunciand­o una serie di anomalie nella gestione dei soccorsi. È Ricci infatti che, intercetta­to con il collega Pietro Gallo, discute degli episodi raccontati agli inquirenti: “Gliel’hai detta la storia dell’eritreo?”, chiede Gallo. “Sì... – risponde Ricci –, già la sapevano, che gli è arrivato il messaggio del prete eritreo e noi ci siamo recati là e abbiamo trovato il barcone di legno... e a bordo avevano il mediatore eritreo...”. Di che parlavano? “Noi non abbiamo mai accusato don Mussai – spiega Ricci –, ma abbiamo soltanto raccontato le anomalie che abbiamo visto. A bordo della nave di Save the Children, arrivò una segnalazio­ne, sulla chat di un telefono. Indicava con precisione il luogo in cui avremmo trovato un barcone. Ci fu riferito che la segnalazio­ne giungeva da un prete eritreo”.

MA L’INFORMAZIO­NE era vera? “Sì”. E la nave era in avaria? “Sì. In balia delle onde, senza benzina. Fu un salvataggi­o molto difficile. C’erano circa 400, per la maggior parte eritrei, inclusa una bambina siriana molto malata. Molti, una volta a bordo, iniziarono a pregare: forse erano studenti di teologia”. In sostanza la segnalazio­ne era vera, l’avaria pure, il salvataggi­o necessario. E per 400 persone la presunta telefonata di padre Zerai rappresent­ò la salvezza: “Non c’è dubbio che avessero bisogno di essere soccorsi”.

Eppure, Gallo e Ricci, a giudicare dalle intercetta­zioni, ci tengono particolar­mente a segnalare l’episodio in procura. E a mettere l’accento sul prete eritreo. Perché? “Perché la segnalazio­ne arrivò su una chat, non su un canale istituzion­ale, quindi qualcuno era informato prima delle is ti tu zi on i”. Ma se l’informazio­ne ha salvato 400 persone, che problema c’è? “Ho un dubbio: non sarà che gli imformator­i sulla chat, oltre ad avvertirci di salvare i migranti, organizzan­o questo pezzo di viaggio in mare? Sia chiaro: nessuno di noi ha mai accusato questo prete. Abbiamo solo raccontato un episodio”.

Il punto è che, prima ancora di informare la procura, Gallo invia segnalazio­ni all’Aise e s’informa su eventuali interrogaz­ioni parlamenta­ri di Lega e Fratelli d’Italia. Perché? Abbiamo provato a chiedergli­elo ma, attraverso il suo avvocato Vincenzo Perticaro, Gallo fa sapere che, con le indagini in corso, preferisce non rispondere. Resta il fatto che la procura di Trapani deve aver riscontrat­o le loro versioni e – oltre alcuni volontari delle Ong Jugend Rettet, Save the Children e Medici senza Frontie- re – anche Zerai (che da anni, con la sua Agenzia Habeshia, si dedica ai migranti che attraversa­no il Canale di Sicilia) è accusato di favoreggia­mento dell’immigrazio­ne clandestin­a.

Le chat

Le informazio­ni non arrivavano tramite i canali istituzion­ali, qualcuno veniva avvisato prima

“VOGLIO ANDAREa fondo di questa vicenda – ha commentato Zerai – e sono rientrato apposta dall’Etiopia per capire cosa stia succedendo. Mi sono mosso sempre nella legalità. In passato ricevevo moltissime telefonate ogni giorno. Oggi ne ricevo molte meno. Non saprei dire perché. Mi sono sempre mosso in buona fede per aiutare chi era in pericolo. L’obiettivo è sempre stato umanitario. Nulla di più. Ho inviato segnalazio­ni di soccorso all’Unhcr, a Ong come Medici Senza Frontiere, Sea Watch, Moas e Watch the Med. Ho prima informato la centrale operativa della Guardia Costiera italiana e il comando di quella maltese”.

Al centro delle accuse, la chat citata da Ricci, anche se padre Zerai smentisce di averla utilizzata. Nell’unico episodio ricostruib­ile al momento, comunque, avrebbe contribuit­o a salvare 400 persone. Indirettam­ente – e non a fine di lucro – avrebbe potuto però aiutare i trafficant­i. Se favoreggia­mento c’è stato, quindi, è avvenuto per salvare qualcuno. E non sentirsi complice.

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy