Il Fatto Quotidiano

Dove li vogliamo mettere i profughi che nessuno vuole?

- JEFF CAROSELLA MAURO CHIOSTRI ANTONIA PARIDE ANTONIAZZI DARIO LODI RENATO PIERRI FRANCO PETRAGLIA

I Sabotatori non è un film del 1942 di Alfred Hitchcock, ma una nuova figura istituzion­ale che si sta delineando nella politica italiana. Il caso Minniti- Delrio ne è la prova lampante. Uno fa una proposta di buon senso e subito qualcuno la boicotta, magari proprio dentro il proprio partito. I “malpancist­i” di sinistra, destra e centro vengono sempre a galla come i cromosomi dei bastian contrari.

Frase famosa: “Di qualunque cosa si tratti, io sono contrario”. Questi hanno l’espression­e sistematic­a di disgusto e malessere di chi ha l’elastico troppo stretto delle mutande, e vive in uno stato perenne di fastidio. Si dirà “questa è la politica”, ma sempre più gente non va a votare, avversi e delusi da questi politici. Per forza. Sono stanchi dell’immobilism­o e dell’incapacità’.

Era così anche una volta ma sembra che le cose siano peggiorate. Ci sarebbe un’altra categoria gli autosabota­tori: Berlusconi con le sue “cene eleganti” e “utilizzazi­oni finali”, Renzi con il referendum, Fini con l’appartamen­to Tulliani, Bossi con la sua famiglia, etc.

Gente che ha tagliato il ramo, ma non quello su cui erano seduti loro, ma quello dove eravamo seduti noi. Facendoci precipitar­e dove siamo ora.

No al negazionis­mo di Trump: sul clima avete sbagliato tutto

Sul surriscald­amento globale c’è una corrente di pensiero che nega la responsabi­lità umana sugli ormai innegabili cambiament­i climatici. Il più potente dei suddetti negazionis­ti è il presidente degli Stati Uniti d’America Donald Trump. Solo questo dovrebbe portare a pensarla diversamen­te. Si calcoli allora quanti milioni di tonnellate di Co2 vengono emesse dalle attività umane, si sommi quanto di questo Co2 non verrà eliminato a causa delle sempre più massicce deforestaz­ioni e si arriverà all’unico risultato possibile: aumento dei gas serra, ergo minore dispersion­e di calore ed inevitabil­e aumento della temperatur­a globale.

Gli pseudo scienziati che si arrampican­o sugli specchi farnetican­do teorie di fantasia sanno benissimo che se uno si chiude in un locale dove c’è una automobile col motore acceso e poi sigilla le finestre non potrà che soffocare.

Le chiacchier­e stanno a zero. CARO FURIO COLOMBO, ormai in molti ci invitano a non dividerci in tifoserie sui migranti. C’è chi vuole salvare tutti e chi nessuno. Non sarebbe il momento di cercare soluzioni realistich­e? BISOGNA COMINCIARE con un “chi è chi” sulla questione. Vediamo di riascoltar­e alcune delle molte voci. 1) Il problema è che i migranti esistano. Bisogna abolirli (Salvini, Giorgia Meloni, fascisti vari).

2) I migranti vanno aiutati, ma da altri e altrove. In Italia non c’è posto, ma non c’è mai stato posto, neanche prima degli sbarchi organizzat­i da chi voleva togliere agli italiani case e lavoro (Pd e tutti gli altri partiti italiani).

3) I migranti vanno salvati in mare e riportati in Libia, che è il posto giusto, visto che sono tutti africani (commentato­ri di buona reputazion­e e cattedra universita­ria).

4) I migranti non devono andare in mare. Bisogna salvarli prima, trattenend­oli a terra in Niger, in Ciad, in Mali, a cura delle tribù Tuareg e di altre organizzaz­ioni umanitarie dei vari luoghi di frontiera. Se non passano in terra, non si pone il problema in mare (ministra Pinotti).

5) I migranti vanno aiutati a casa propria. È vero che il problema è spesso che molti non farebbero bene a restare a casa propria e che molti non possono ritornare, L’anniversar­io di Marcinelle offre ancora spunti per ragionare sul lavoro, sulla dignità che ne deriva, sulle condizioni in cui si compie, sul suo valore. Cosa conta il lavoro delle persone oggi giorno? Come viene valutato e retribuito? Siamo distanti un’era geologica dalle condizioni in cui lavoravano i minatori in Belgio oppure, sotto forme diverse, il lavoro è ancora sfruttamen­to e scarso riconoscim­ento? Se da un lato, un proprietar­io dell’Ilva di Taranto riesce a dire che un paio di tumori sono poca roba per rimodulare la produzione e dall’altro lato degli imprendito­ri si mettono a ridere pensando al terremoto appena avvenuto e alle ingenti e costose opere di ricostruzi­one su cui speculare, allora il lavoro, sia come rapporto con i lavoratori, sia come modalità di svolgiment­o dell’attività imprendito­riale è un territorio paragonabi­le al Far West americano dell’800. Dobbiamo riprenderc­i la nostra dignità, dobbiamo farlo dal basso, facen- perché malvisti. Moltissimi altri, però, sono solo in cerca di un buon lavoro e bisogna persuaderl­i, tramite gli ispettori di polizia dislocati a bordo, che non è il momento giusto, scoraggian­do allo stesso tempo il troppo buon cuore di chi li accettereb­be comunque (ministro Minniti).

6) Se tanti porti e tante frontiere sono chiusi, non possiamo limitarci a condannare la mancanza di altruismo degli altri. Meglio imitarli. Prima viene la sicurezza, e poi si vedrà se e come dare una mano. Intanto smettano di voler venire tutti in Italia (decisione presa, dopo attenta riflession­e, anche dalle più rappresent­ative istituzion­i dello Stato italiano).

7) Se ci sono elezioni vicine, non fatevi vedere in cattiva compagnia. Come potete pretendere il voto dei cittadini mentre state raccoglien­do tutti quei corpi in mare? Se sono morti (quasi tremila contati finora nel 2017) nessuno vuole eleggere dei becchini. Se sono vivi, nessuno ha voglia di trovarsi le “frontiere come un colabrodo” e “di non essere più padrone a casa sua”. Dunque, sono i migranti che sbagliano, non chi li tiene indietro con leggi che, essendo dello Stato, vanno rispettate. Certo, se tanti si ostinano a non capire, sarà necessaria un po’ di fermezza.

00184 Roma, via di Sant’Erasmo n°2 lettere@ilfattoquo­tidiano.it do pressione sui nostri rappresent­anti politici affinché l’articolo n. 1 della nostra Costituzio­ne si compia definitiva­mente e non resti lettera morta, come da parecchi anni è ormai. Di lavoro si continua a morire e ciò conduce ad una ulteriore riflession­e sul valore dei lavoratori in quanto persone e non solo come risorse umane, espression­e di per sé detestabil­e. A Marcinelle, perfino le rotaie dei carrelli e le porte tagliafuoc­o erano di legno. Siamo andati avanti o siamo rimasti là, a far finta che i problemi non esistano e sperando che “non succeda nulla”?

Salvini come al solito sbaglia e cavalca una tigre di cartapesta

Il guaio è che Salvini ha gioco facile sui problemi dell’immigrazio­ne. In fondo, non tanto perché essa sia una tragedia da tutti i punti di vista, quanto perché la civilissim­a Europa non sa come fronteggia­re il fenomeno (del quale è in buona parte responsabi­le). La povertà politica, non solo italiana, consente a quat- tro scafisti di tenere in scacco chiunque e a mille immigrati di finire in una bolgia dantesca, ammesso che riescano a sopravvive­re all’allucinant­e traversata. Sbaglia, comunque, il buon Salvini, cavalcando una tigre di cartapesta, quando, come altri, M5S compreso, insiste con la litania degli aiuti “a casa loro”, come se costoro ne avessero una appena decente. Urgono politici meno improvvisa­ti, più coscienzio­si e meglio attrezzati intellettu­almente e più rispettosi del prossimo.

Il progetto della scuola breve in Germania è già fallito

Vi scrivo a proposito dell’articolo sulla scuola breve per una nota. Una mia amica insegna tedesco e storia in un liceo Bavarese. In alcuni Stati della federazion­e tedesca, tra cui la Baviera, era stato avviato lo stesso progetto di accorciame­nto della scuola superiore. Ora, a distanza di poco tempo fanno marcia indietro, perché si è rivelato un provvedime­nto fallimenta­re. For- “Non voglio rimandarli digiuni, perché potrebbero venir meno per via”, così disse Gesù agli apostoli, riguardo alla folla che lo seguiva. Ora, ieri mattina non temevo di venir meno per via, però, poiché il sole scottava parecchio e il caldo non scherzava e l’aria era afosa, ho pensato fosse convenient­e per me, dopo la solita passeggiat­ina nel quartiere Colli Aniene dove abito, a Roma, prendere l’autobus. Un paio di fermate e sarei stato a casa. Così ho lasciato l’ombra dei portici, ho attraversa­to sotto il sole cocentissi­mo una corsia di viale Palmiro Togliatti e mi sono recato alla fermata dell’autobus 451, di fronte all’ufficio postale. Ho guardato la palina indicatric­e. C’era scritto: “451 – 30 fermate – 52 minuti”. Se avessi aspettato lì 52 minuti, ci sarei rimasto secco, altro che venir meno per via. In realtà, Gesù temeva che la folla venisse meno per mancanza di cibo non per la calura. Passando da un’ombra all’altra dei pini che adornano il viale, me ne sono tornato piano piano a casa, meditando sul Vangelo e sui mezzi di trasporto nella nostra bella città. Mi ha fatto compagnia il canto delle cicale. Giustament­e mia figlia ha osservato: “Perché ad agosto il costo del biglietto non viene dimezzato come i servizi?”.

Furio Colombo - il Fatto Quotidiano

Stop ai telefonini in auto: si mette a rischio la vita di tutti

Circa il 24% degli incidenti stradali sono causati dall’uso sconsidera­to dello smartphone, più di 3.000 morti ogni anno secondo l’Istat. È ora che questi incoscient­i si diano delle regole ferree: non usare il cellulare mentre si guida magari per leggere, per rispondere a un messaggio o addirittur­a per scattarsi un selfie.

Vorrei ricordare che non è giusto mettere a rischio la propria vita e quella degli altri per mancanza di responsabi­lità. Se non si verificher­à un serio ravvedimen­to da parte di questi automobili­sti impenitent­i, è opportuno che si applichino, senza compassion­e, le specifiche sanzioni previste dal Codice della Strada: multe pesanti e ritiro della patente per questa pessima abitudine di moltissimi italiani.

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