Faida tra clan: presunto “boss” ucciso a colpi di Ak-47
Romito freddato assieme al cognato. Due testimoni assassinati. In un anno la “guerra” del Gargano ha fatto 17 vittime
LA MAFIA FOGGIANA fa altri quattro morti. Un agguato in pieno giorno avvenuto ieri nel territorio di Apricena, vicino alla vecchia stazione di San Marco in Lamis (Fg), per uccidere il presunto boss Mario Luciano Romito. L’uomo, 50 anni, di Manfredonia, era a bordo di un Maggiolone guidato da suo cognato Matteo De Palma, quando è stato raggiunto dai sicari. I killer hanno aperto il fuoco con un fucile d’assalto, un Kalashnikov AK-47, e uno da caccia calibro 12, ammazzandoli. Un’esecuzione che non ha risparmiato neanche due contadini, probabilmente “colpevoli” di essere testimoni del duplice omicidio. Si tratta di due fratelli: Luigi e Aurelio Luciani, di 47 e 43 anni, freddati mentre cercavano di scappare.
Secondo gli investigatori, che al momento non escludono alcuna pista, era Romito l’obiettivo del commando. Il presunto boss di Manfredonia, considerato uno degli esponenti di spicco dell’omonimo clan, in passato era sfuggito ad altri agguati: nel 2004 durante un blitz contro la faida del Gargano e nel 2009, quando uscì illeso da un attentato dinamitardo mentre andava in caserma per l’obbligo di firma. A due anni dal blitz, Romito fu però assolto dall’accusa di essere al vertice della mafia garganica nel maxi-processo.
L’omicidio di ieri è solo l’ultimo di una lunga scia di sangue che da anni si registra nel territorio del Gargano. Qui si sta combattendo una delle più feroci guerre tra clan nel silenzio quasi assoluto di media e istituzioni. Mario Luciano Romito era il fratello di Franco, anche lui considerato dagli inquirenti uno dei presunti boss delle famiglie coinvolte nella faida, ma assolto dalle accuse. Tutto comincia nel 2009 quando si spezza l’alleanza tra due famiglie: i Romito e i Li Bergolis, uniti contro il clan rivale degli Alfieri-Primosa. I Li Bergolis, infatti, dopo la sentenza di primo grado del secondo maxi-processo alla mafia garganica, scoprono che Franco Romito era un confidente dei carabinieri. Un tradimento che l’uomo pagherà con la mor- te, il 21 aprile 2009. Nell’agguato morirà anche il suo autista.
Quella foggiana è una delle mafie più violente d’Italia: impenetrabile, spietata e pericolosa. È così che la definisce la Direzione nazionale antimafia nella relazione annuale 2015-2016, dove mostra come questa sia agevolata “dal contesto civile della zona, caratterizzata da arretratezza culturale, omertà e illegalità diffusa”. Secondo la Direzione investigativa antimafia, la situazione nell’area garganica “è molto instabile” anche per “l’ascesa delle giovani leve desiderose di colmare i vuoti determinati dalla detenzione di elementi di spicco”, in particolare quelli appartenenti al clan Li Bergolis, o "dei Montanari", ex alleati dei Romito con cui sono in guerra.
Una violenza senza tregua che dallo scorso anno a oggi ha fatto 17 vittime di omicidi. “Una situazione gravissima – dichiara Rosa Barone, presidente della Commissione della Regione Puglia per il contrasto alla criminalità organizzata – occorre immediatamente una sezione staccata della Corte d’appello di Bari a Foggia con relativa Direzione distrettuale antimafia per presidiare questo territorio dilaniato dalla criminalità”. Un tema forse all’attenzione del ministro dell’Interno Marco Minniti che oggi sarà a Foggia per presiedere una riunione del Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica.