Il Fatto Quotidiano

Non solo il codice: sbarchi azzerati dai respingime­nti

Msf con le mani in mano da 10 giorni Il vero tappo è la strategia della Guardia costiera libica: “Nessuna barca straniera nelle dodici miglia dalla costa”

- » GIAMPIERO CALAPÀ

to la sua agenda per poter essere a Foggia. “La lotta alla mafia è una battaglia di civiltà”, ha detto, annunciand­o l’arrivo di 192 unità operative in più. E facendo sapere che tornerà in città ogni due mesi. Si intravedon­o similitudi­ni col metodo Renzi dei tempi d’oro. A Ferragosto, Minniti parteciper­à al Comitato nazionale ordine e sicurezza su incendi e criminalit­à. L’intenzione è di mettere al centro dell’agenda - anche mediaticam­ente - i roghi.

NEL FRATTEMPO Minniti coltiva le molte relazioni politiche che ha e se ne crea di nuove. Ieri il presidente della Cei, il Cardinale Bassetti è intervenut­o per dire “non si offrano

Mare piatto, condizioni ideali per navigare. A circa 24 miglia dalla costa libica ieri perlustrav­ano le acque solo l’ong tedesca Sea Eye, a ovest di Tripoli, e l’Aquarius, a est della capitale. Nessuna chiamata, però, dal quartier generale della Guardia costiera di Pratica di Mare: non ci sono naufraghi da salvare. Sea Eye ha firmato il codice-Minniti. L’Aquarius, capienza 600 persone, è gestita in partnershi­p da Medici senza frontiere, strenui oppositori del codice, e Sos Méditerran­ée, che oggi dovrebbe incontrare il ministro al Viminale per firmare, salvo sorprese: una delle due ong, verosimilm­ente, abbandoner­à la nave.

L’ALTRA imbarcazio­ne di Msf, la Vos Prudence, capienza 800 persone, è ferma al porto di Catania, in attesa di un cambio d’equipaggio da lunedì, dopo il trasbordo sulle motovedett­e della Guardia costiera italiana di 127 migranti a due ore da Lampedusa nella tarda serata di domenica. E proprio quello di domenica è stato l’ultimo contatto fra Medici senza frontiere e le autorità italiane.

Come spiegato dallo stesso Minniti nell’intervista al Fatto di sabato scorso la strategia del Viminale è: “Chi non ha firmato non potrà far parte del sistema di salvataggi­o che risponde all’Italia”. Sanzioni per chi ha firmato se non rispettass­e il codice, mentre sempliceme­nte fuori dagli interventi le organizzaz­ioni che non hanno firmato. Ma in questi ultimi dieci giorni a esser davvero de- pretesti agli scafisti”. Qualche tempo fa il ministro è stato ricevuto anche dalla Segreteria di Stato. E ultimament­e, è stato visto spesso a iniziative pubbliche con il segretario di Stato, Parolin e con il “sostituto” Becciu. Mattarella ha fatto un comunicato per blindarlo, mentre era in piena lite con Graziano Delrio, al Colle più vicino. Ieri a Foggia con Minniti c’era anche Antonio Decaro, sindaco di Bari e presidente dell’Anci, che l’ha pure accompagna­to in Libia: su migranti e sicurezza, i due sono in costante rapporto. E se il Pd lo applaude su temi non tradiziona­lmente di sinistra, il centrodest­ra lo loda convintame­nte. L’astro è crescente, chissà fino a dove arriva. terminati sono stati i respingime­nti della Guardia costiera libica, capace – dopo gli accordi di Sarraj con Roma – di non far partire circa 1300 persone. Su cui proprio Medici senza frontiere lancia l’allarme: “Per noi non è una bella notizia, quella gente viene riportata all’inferno. La Libia per loro è un lager, sappiamo di donne violentate, di bambini maltrattat­i, che invece di essere liberati in questo modo ritornano in un circuito di violenze inimmagina­bili”, spiega Michele Trainiti, capo progetto Sar (ricerca e salvataggi­o) di Msf, rientrato in Sicilia dopo giorni di navigazion­e.

MA MINNITI tesse la sua tela e dal Viminale spiegano che è solo l’inizio. “Stiamo lavorando per permettere a Unhcr e Oim (Organizzaz­ione mondiale per le migrazioni, ndr) di intervenir­e sempre di più nel controllo e nella gestione dei campi per migranti in Libia, ma ci vuole tempo”.

Ieri a Mastaf al Zawaia i libici riportavan­o a terra altre 105 persone, tra cui 18 donne e due bambini. Carlotta Sami (Unhcr) spiega come stanno le cose in questo momento: “Abbiamo accesso a circa la metà dei 30 campi di detenzione ufficiali dove forniamo assistenza e cerchiamo di far liberare i casi più vulnerabil­i che mettiamo in safe house. Siamo anche ai punti di sbarco quando vengono riportati dalla Guar- dia costiera libica”. Guardia costiera libica, addestrata dall’Italia e supportata dalle nostre due navi militari inviate a Tripoli, che ha cambiato nettamente strategia come spiegato ieri dal generale Abdelhakim Bouhaliya, comandante della base navale di Tripoli: è vietata la presenza di qualsiasi imbarcazio­ne straniera nelle dodici miglia dalla costa, quindi è questo il vero ostacolo per le imbarcazio­ni delle ong. “Abbiamo creato una nostra zona di ricerca e soccorso”, dicono i libici, ma la parola “respingime­nti” rende meglio l’idea di quel che realmente accade. Rispetto al codice-Minniti, l’unica Ong chiamata per operazioni in mare in questi ultimi giorni è la spagnola Proactiva Open Arms, che ha firmato il regolament­o.

LA CONTABILIT­À degli sbarcati si rinnova ogni giorno e il -76 per cento rispetto al 2016 è accompagna­to dalla soddisfazi­one di governo e oppositori, ma sui 2.405 morti nel Mediterran­eo dall’inizio del 2017 sono pochi i politici a spendere energia e parole, ancor meno sulle condizioni di chi è costretto a rimanere, o a ritornare, in terra libica.

Amnesty Internatio­nal nelle ultime settimane ha messo insieme un dossier, anticipato ieri, raccoglien­do testimonia­nze di omicidi, stupri, torture e persecuzio­ni. “Hanno gettato un uomo disabile dal pick up lasciandol­o nel deserto, era ancora vivo”: lo racconta Paolos, 24 anni, eritreo, arrivato in Libia nell’aprile del 2016 attraverso Sudan e Ciad. La connaziona­le Ramya, 22 anni, è viva per miracolo: “I carcerieri bevevano e fumavano, prima di entrare nello stanzone dove ci tenevano e poi sceglievan­o le donne da stuprare. A me è toccato tre volte. Se mi fossi opposta sarei morta”.

MINISTERO DELL’INTERNO

Stiamo lavorando per consentire a Oim e Unhcr di intervenir­e sempre di più nel controllo e nelle gestioni dei 30 campi in Libia RAMYA, 22 ANNI ERITREA

I carcerieri bevevano e fumavano, prima di scegliere le donne da stuprare

A me è toccato tre volte: se mi fossi opposta sarei morta

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LaPresse Aquarius La nave in partnershi­p tra Sos Méditerran­ée e Msf
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