‘Ong Trudeau’: accogliamo i profughi di Trump
Il premier organizza tendopoli al confine con gli Usa per gli stranieri cacciati
Justin Trudeau manda l’esercito al confine con gli Usa. Non a fare la guerra agli yankee; e neppure a respingere i migranti: i militari devono, anzi, costruire un campo per organizzare e migliorare l’accoglienza di quanti, in fuga dagli Usa, cercano asilo in Canada.
NON SI TRATTA di cittadini americani che vogliono ‘evadere’ da Donald Trump – anche se, come già all’epoca del Vietnam, il Canada è ridiventato terra rifugio per americani insofferenti dell’andazzo del loro Paese –. Sono immigrati irregolari negli Usa che temono i controlli in atto da mesi e la stretta della riforma dell’immigrazione annunciata dall’Amministrazione.
Di fronte al flusso crescente, le autorità di Ottawa hanno deciso l’invio dei militari: devono allestire un campo da 500 persone e sopperire così alla carenza di strutture d’accoglienza adeguate. I soldati non dovranno occuparsi della sicurezza e rientreranno alle loro basi una volta concluso l'incarico.
Poco più di 36 milioni di abitanti, su una superficie di quasi 10 milioni di kmq, il Canada è grande quanto quasi tutta l’Europa (che ha però 743 milioni di abitanti, oltre 20 volte di più). Vuoto e ricco, il Paese di Trudeau, premier liberal, specie per i diritti civili e l’ambiente, si propone come modello alternativo agli Stati Uniti, per l’immigrazione, porte aperte invece dei muri, accoglienza invece di deportazioni.
Il 28 gennaio, quando Trump tentava per la prima volta d’introdurre il ‘muslim ban’, Trudeau scriveva su T- witter: “A coloro che scappano dalla persecuzione, dal terrore e dalla guerra, sappiate che il Canada vi accoglierà, indipendentemente dalla vostra fede. La diversità è la nostra forza”.
POCHI GIORNI or sono, il premier canadese, 46 anni, figlio d’arte – il padre Pierre fu a lungo premier tra gli Anni 60 e gli 80 – s’è guadagnato la copertina di Rolling Stone, come “stella del Nord” e “migliore speranza” dell’America tutta: “Il Canada di Trudeau sembra un posto meraviglioso nella tempesta americana”; e Ottawa pare essere a un “mondo di distanza da Washington”.
La proposta di riforma dell’immigrazione dell’Amministrazione Trump e il giro di vite contro chi non ha i documenti in ordine fanno molto discutere: la scelta di puntare sull’immigrazione di qualità, favorendo l’ingresso nell’Unione di persone istruite e con una buona conoscenza dell'inglese, è contestata dal New York Times, secondo cui “il vero rischio che corriamo con i migranti poco istruiti è che non arrivino più”. Il flus- so di persone che cercano protezione in Canada s’è intensificato nelle ultime settimane, al ritmo di 250 al giorno, dopo che nei primi 6 mesi del 2017 ne erano arrivati 3.300. In gran parte, sono cittadini haitiani da anni residenti negli Usa, ma spaventati dall’intenzione espressa dall'Amministrazione Trump di chiudere il programma umanitario che garantisce loro uno statuto di protezione temporanea (Tps), esponendone 58 mila al rischio di rimpatrio. Il programma è stato protratto per altri 6 mesi, per consentire a- gli haitiani di prepararsi a lasciare gli Usa e a rientrare in patria. Di qui, il flusso verso il Canada, incoraggiato anche da false notizie, secondo cui Ottawa avrebbe ‘invitato’ gli haitiani, mentre gli accordi esistenti tra Usa e Canada limitano i margini di manovra a favore dei richiedenti asilo. Fra cui ci sono pure siriani e africani.
LE AUTORITÀ del Quebec hanno risposto allestendo centinaia di posti letto nello stadio di Montreal e aprendo anche le porte di un ex convento e di un ospedale in disuso. E il governo federale ha deciso d’inviare i soldati a costruire un campo di prima accoglienza. Infatti, le procedure canadesi, parametrate su un flusso di circa 26 mila richiedenti asilo annui, sono andate in crisi e i tempi di gestione delle domande si sono dilatati a 2/3 giorni, costringendo centinaia di persone ad attese in aree non attrezzate, a S ai nt - B e rn a r d- d e- L ac o l le , valico di frontiera sulla direttrice New York-Montreal
“Arrivano i loro” Esercito schierato per organizzare l’arrivo di quelli che cercano asilo nel Paese confinante