Non solo uova. Quanti pesticidi nei cavoli cinesi
Fobie a tavola Panico in Europa per il nuovo caso. Coldiretti dice che il problema arriva da fuori. Idea non sempre corretta
L’uomo
è ciò che mangia, diceva il filosofo tedesco Ludwig Feuberbach. Non sorprende quindi che, allora come oggi, si faccia molta attenzione a quello che arriva nel piatto - come l’allarme per le uova olandesi contaminate, arrivate anche sul mercato italiano, dimostra in questi giorni. Va detto che il ministero della Salute italiano considera “t e cn i ca m e nt e basso” il rischio legato al consumo di uova contaminate dal fibronil, soprattutto per gli adulti.
Il problema è che soprattutto in un’epoca come la nostra, in cui anche i prodotti alimentari sono diventati globalizzati, non sempre gli standard di sicurezza sono facilmente controllabili.
Dalla globalizzazione del mercato alimentare nascono infatti molti degli allarmi legati alla contaminazione del cibo. Coldiretti, associazione che rappresenta gli agricoltori italiani, ha stilato nel 2016 una vera e propria lista nera degli alimenti più intaccati dai residui chimici, elaborando dati forniti dall’Agenzia Ue per la sicurezza alimentare (Efsa), con sede a Parma.
STANDO ALL’ELENCO, i residui tossici si trovano soprattutto nei broccoli cinesi (nel 92% dei casi), nel prezzemolo del Vietnam (78%) e nel basilico indiano (60%): tutti contengono pesticidi vietati nell’Unione europea, alcuni dei quali potenzialmente cancerogeni. Seguono, benché a minor grado di contaminazione, melegrane, arance e fragole dell’Egitto, peperoncino thailandese, menta del Marocco, meloni e cocomeri della Repubblica Dominicana e infine i piselli provenienti dal Kenya. Una insalata tossica globale, con il gigante asiatico che ha, avvertiva nel 2016 sempre Coldiretti (che chiaramente difende il prodotto nazionale) quadruplicato in un anno le importazioni di pomodoro concentrato verso il mercato italiano, fino a co- prirne il 10% (67 milioni di chili nel 2015).
Non sempre però la diffidenza verso prodotti extra-europei è fondata, e talvolta la paura è maggiore del rischio reale. Un caso esemplare sembra essere quello del pangasio, un pesce allevato nell’area dal fiume Mekong, in Vietnam, che nel corso del 2017 è stato ritirato da tutte le catene di grande distribuzione italiana e dalle mense scolastiche dell’Emilia Romagna. Secondo uno studio riportato dal quotidiano online Il Fatto ali ment are, l’analisi su numerosi campioni analizzati dimostra come il pesce di origine asiatica, anche se con bassi valori nutrizionali, non ha mai superato i valori limite per metalli pesanti
( come piombo, mercurio, cadmio, arsenico) o contaminanti ambientali (ad esempio pesticidi).
Se, nonostante il rispetto di fatto di tutte le regole sanitarie dell’Unione europea, il pangasio non è più sulle nostre tavole, altrettanto non può dirsi per due specie ancor più diffuse come il tonno o il pesce spada, provenienti invece proprio da Paesi Ue. Nel 2014 erano stati segnalati decine di lotti di questi grandi pesci contaminati da mercurio provenienti da Spagna e Portogallo. Di nuovo negli ultimi mesi, il Ministero della salute italiano ha reso noto come alcuni lotti di pesce spada, e più recentemente di tonno, sono stati sequestrati nel 2017 per contaminazione da metalli pesanti e da istamina (un agente chimico che può provocare intossicazione). Casi forse limitati e tenuti sotto controllo, ma che comunque non hanno suscitato grande attenzione nell’opinione pubblica.
Il pangasio
È stato ritirato, ma alcune analisi dimostrano che i valori dei metalli pesanti nel pesce erano nei limiti