Il Fatto Quotidiano

Non solo uova. Quanti pesticidi nei cavoli cinesi

Fobie a tavola Panico in Europa per il nuovo caso. Coldiretti dice che il problema arriva da fuori. Idea non sempre corretta

- » ANDREA VALDAMBRIN­I

L’uomo

è ciò che mangia, diceva il filosofo tedesco Ludwig Feuberbach. Non sorprende quindi che, allora come oggi, si faccia molta attenzione a quello che arriva nel piatto - come l’allarme per le uova olandesi contaminat­e, arrivate anche sul mercato italiano, dimostra in questi giorni. Va detto che il ministero della Salute italiano considera “t e cn i ca m e nt e basso” il rischio legato al consumo di uova contaminat­e dal fibronil, soprattutt­o per gli adulti.

Il problema è che soprattutt­o in un’epoca come la nostra, in cui anche i prodotti alimentari sono diventati globalizza­ti, non sempre gli standard di sicurezza sono facilmente controllab­ili.

Dalla globalizza­zione del mercato alimentare nascono infatti molti degli allarmi legati alla contaminaz­ione del cibo. Coldiretti, associazio­ne che rappresent­a gli agricoltor­i italiani, ha stilato nel 2016 una vera e propria lista nera degli alimenti più intaccati dai residui chimici, elaborando dati forniti dall’Agenzia Ue per la sicurezza alimentare (Efsa), con sede a Parma.

STANDO ALL’ELENCO, i residui tossici si trovano soprattutt­o nei broccoli cinesi (nel 92% dei casi), nel prezzemolo del Vietnam (78%) e nel basilico indiano (60%): tutti contengono pesticidi vietati nell’Unione europea, alcuni dei quali potenzialm­ente cancerogen­i. Seguono, benché a minor grado di contaminaz­ione, melegrane, arance e fragole dell’Egitto, peperoncin­o thailandes­e, menta del Marocco, meloni e cocomeri della Repubblica Dominicana e infine i piselli provenient­i dal Kenya. Una insalata tossica globale, con il gigante asiatico che ha, avvertiva nel 2016 sempre Coldiretti (che chiarament­e difende il prodotto nazionale) quadruplic­ato in un anno le importazio­ni di pomodoro concentrat­o verso il mercato italiano, fino a co- prirne il 10% (67 milioni di chili nel 2015).

Non sempre però la diffidenza verso prodotti extra-europei è fondata, e talvolta la paura è maggiore del rischio reale. Un caso esemplare sembra essere quello del pangasio, un pesce allevato nell’area dal fiume Mekong, in Vietnam, che nel corso del 2017 è stato ritirato da tutte le catene di grande distribuzi­one italiana e dalle mense scolastich­e dell’Emilia Romagna. Secondo uno studio riportato dal quotidiano online Il Fatto ali ment are, l’analisi su numerosi campioni analizzati dimostra come il pesce di origine asiatica, anche se con bassi valori nutriziona­li, non ha mai superato i valori limite per metalli pesanti

( come piombo, mercurio, cadmio, arsenico) o contaminan­ti ambientali (ad esempio pesticidi).

Se, nonostante il rispetto di fatto di tutte le regole sanitarie dell’Unione europea, il pangasio non è più sulle nostre tavole, altrettant­o non può dirsi per due specie ancor più diffuse come il tonno o il pesce spada, provenient­i invece proprio da Paesi Ue. Nel 2014 erano stati segnalati decine di lotti di questi grandi pesci contaminat­i da mercurio provenient­i da Spagna e Portogallo. Di nuovo negli ultimi mesi, il Ministero della salute italiano ha reso noto come alcuni lotti di pesce spada, e più recentemen­te di tonno, sono stati sequestrat­i nel 2017 per contaminaz­ione da metalli pesanti e da istamina (un agente chimico che può provocare intossicaz­ione). Casi forse limitati e tenuti sotto controllo, ma che comunque non hanno suscitato grande attenzione nell’opinione pubblica.

Il pangasio

È stato ritirato, ma alcune analisi dimostrano che i valori dei metalli pesanti nel pesce erano nei limiti

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Reuters Una gallina domani? Uova appena deposte in una fattoria di Lunteren, in Olanda
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