Il Fatto Quotidiano

“Scusi, dov’è la Torre di Pisa qui a Roma?”

- » ELISABETTA AMBROSI

Ma che vuol dire BC , before computer? Ah no, forse è before Columbus!”. Se pensate che una domanda tanto bizzarra, e soprattutt­o rivelatric­e di un’ignoranza abissale della storia umana, sia un’eccezione, vi sbagliate. Per le nostre guide turistiche, spesso laureate e iper specializz­ate, interrogat­ivi come questi sono all’ordine del giorno.

Negli oltre vent’anni di questo lavoro, ad esempio, Roberta – storica dell’arte e guida turistica romana – ha visto di tutto: “Ricordo un gruppo di ingegneri indonesian­i arrivati in visita al Colosseo. Appena scesi, hanno chiesto dove fosse la Torre di Pisa, e quando gli ho spiegato che era a quattro ore di macchina sono andati via (non sapete quante persone la cercano a Roma). E poi ci sono quelli che entrano a San Pietro e mi domandano dove sia la tomba di Gesù, così come è pieno di gente che vuole vedere il Cenacolo di Leonardo.

DOMANDE ASSURDE anche di fronte alla Pietà di Michelange­lo: c’è chi mi ha chiesto quale dei due fosse Gesù, o se fossero Giulietta e Romeo. Ma l’apoteosi credo sia stata raggiunta dentro la Cappella Sistina: appena entrati, un signore mi chiede: scusi, ma che dobbiamo fare ora?”.

Esperienze analoghe le ha fatte anche Isabella, anche lei storica dell’arte e guida turistica fiorentina. “Una volta un canadese non riusciva a capire quale fosse l’ingresso del Duomo. In tanti poi mi chiedono se i Medici fossero una famiglia mafiosa, mentre mi è capita- to anche di avere dei clienti che sostenevan­o che le palle dei Medici simboleggi­assero i testicoli dei membri maschi della famiglia. E poi in molti vogliono vedere la Monnalisa agli Uffizi, mentre un gruppo di crocierist­i – ormai sono di livello bassissimo, non sanno neanche in che paese si trovano – pretendeva di visitare l’intera Toscana in un giorno, ma sbarcando a Calais, in Francia. Ricordo anche episodi buffi, come quella classe di ragazzini egiziani scanda-

COSA CE NE FREGA DEL BERNINI

“Una volta una coppia di americani patiti di fitness si è messa a fare stretching dentro la Galleria Borghese”

PAESE CHE ARRIVA TURISTA CHE TROVI

Gli indiani lentissimi e senza disciplina, gli arabi pensano di averti comprato, americani e australian­i i più ignoranti

lizzatissi­mi di fronte a statue nude”.

Ha parecchie domande farsesche da raccontare anche Alessandro, che lavora con guida in Campania. “Ovviamente i ‘Maschio Angiolino’ o ‘Mastro Angiolino’ si sprecano, così come ‘i Faraoni di Capri’”, dice ridendo.

“Ma mi hanno chiesto anche, in visita a Pompei, perché non usassimo quelle case per i senza tetto. E poi ci sono quelli che vogliono andare a Capri col van, perché non capiscono che è un’isola, mentre ormai è frequente il crocierist­a che a Napoli crede di stare in Grecia”.

Al di là degli interrogat­ivi grotteschi, le guide turistiche sono testimoni diretti anche di comportame­nti incredibil­i. “La cosa più assurda che mi è capitata”, dice Roberta, “è stata quando una coppia di americani patiti di fitness si è messa a fare stretching dentro la Galleria Borghese. Io stavo illustrand­o il Ratto di Proserpina di Bernini, mi giro e li vedo per terra. E poi toccano tutto, le statue, gli affreschi, sbatacchia­no gli arazzi di Raffaello per sentirne la consistenz­a”.

“Un giorno invece”, dice Isabella, “ho visto entrare – eravamo nella sala degli Uffizi dedicata ai fiamminghi – un signore del nostro gruppo con un panino che grondava maionese e pomodoro. E non potete immaginare quanti americani se ne vanno in giro per le sale con i loro cappuccini giganti”. “Il picco della maleducazi­one, se- condo me, si raggiunge a Pompei”, dice invece Alessandro. “Ho visto ragazzini giocare a pallone tra le rovine, e soprattutt­o adulti camminare sui muretti, massacrand­o i mattoni”. Quanto a malcostume, un’altra piaga radicata, ormai, è quella dei selfie. “Gli orientali sono t re m e nd i , ”, dice Roberta, “pur di farsi la foto davanti al quadro sgomitano, ti danno botte con quei maledetti bastoni”. “Ma questa pratica contagia tutti”, aggiunge Alessandro. “Una volta mi è capitato un campione dell’NBI la cui fidanzata si sarà fatta un migliaio di selfie durante la visita agli scavi”. E poi ci sono i ragazzini delle scuole, a volte educatissi­mi a volte insopporta­bili. “Un giorno sono incappato in un gruppo davvero selvaggio, si sedevano sui divani di Capodimont­e. Ho interrotto la visita”, racconta Alessandro.

OGNI POPOLO, comunque, ha i suoi difetti. A detta di tutti, i peggiori sono gli indiani, lentissimi, senza disciplina. Anche gli arabi danno filo da torcere, arriva- no due ore dopo, “ti trattano come se ti avessero comprato”. Gli americani e gli australian­i sono i meno colti, “se tu ad esempio gli dici che sono di fronte a una copia di un quadro credono sia stata fatta ieri, modello Las Vegas”, dice sorridendo Roberta. “Però sono umili, pagano per conoscere e sanno stupirsi”,.

Per le nostre guide, però, i veri problemi sono altri. Spesso sono persone con una o più lauree, che non hanno trovato posto nell’Università o nelle scuole, nei musei blindati, nelle mostre fatte sempre dai soliti noti; e che si trovano esposte a una concorrenz­a feroce e magari sleale. Quella di persone non laureate ma soprattutt­o straniere, che vengono con la lezioncina imparata a memoria da paesi dove le tasse sono molto più basse.

E poi c’è la piaga dei “volontari dell’arte”, un fenomeno che riguarda sempre di più siti e monumenti. Ad esempio il Quirinale, dove oggi incredibil­mente si può accedere solo se accompagna­ti da volontari del Touring Club. “Questa mentalità secondo cui le visite guidate le debbano fare studenti sfruttati e non persone che hanno un mestiere, e che pagano mutui, è assurdo”, protesta Roberta. “Siamo davvero in un paradosso: nel paese che ha il 70 per cento del patrimonio artistico mondiale, gli storici dell’arte e gli archeologi non riescono a lavorare”.

Ci sono anche quelli che vogliono andare a Capri col van, perché non capiscono che è un’isola

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Ansa/LaPresse Mete gettonate Dall’alto, il Palatino, Santa Maria della Consolazio­ne a Roma, la Torre di Pisa

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