Il Fatto Quotidiano

IPROTAG ONISTI

- » FABIO SCACCIAVIL­LANI

LAl contrario in Europa a luglio 2008 la Bce di Jean Calude Trichet aveva addirittur­a alzato i tassi di interesse. Solo dopo la bancarotta di Lehman la Bce si unì alle altre maggiori banche centrali a storia della Grande Recessione e della sua lenta risoluzion­e assegna un ruolo da protagonis­ta alle banche centrali, soprattutt­o alla Federal Reseve americana. Dal crollo delle dotcom la Fed (basandosi sull’esperienza dopo il lunedì nero del 1987) aveva preso l’abitudine di sostenere Wall Street abbattendo i tassi di interesse in modo che un’ondata di liquidità si riversasse sulle azioni. Era la cosiddetta Greenspan put dal nome dell’allora Presidente della Fed.

Per gonfiare i rendimenti e soddisfare la domanda di fondi pensione e assicurazi­oni vennero studiati la congerie di titoli denominati variamente Mortgage Backed Securities (MBS), Asset Backed Security (ABS) o Collateral­ized Debt Obligation (CDO). Erano in sostanza obbligazio­ni garantite da mutui concessi a famiglie con profilo di rischio sempre più alto, cui le agenzie di rating conferivan­o la tripla A. Alan Greenspan nelle audizioni al Congresso a chi paventava pericoli di instabilit­à, replicava fideistica­mente che il sistema finanziari­o aveva parcelliza­to ed allocato i rischi in modo efficiente.

QUANDO NELL’APRILE de l 2006 i prezzi degli immobili Usa invertiron­o il senso di marcia iniziò il redde rationem, prima con la nazionaliz­zazione di Northern Rock in Gran Bretagna a febbraio 2008, poi con il fallimento di Bear Stearns a marzo e infine con il collasso di Lehman Brothers il 15 settembre. Il mercato monetario Usa, centro nevralgico dell’architettu­ra finanziari­a globale subì l’equivalent­e di un collasso cardiaco e i mercati del pianeta si bloccarono. La Greenspan put era stata fatale.

A quel punto fu chiaro che il disastro aveva assunto proporzion­i epocali e richiedeva misure eccezional­i. Nell’epicentro della crisi, gli Usa, un intervento senza precedenti delle autorità scongiurò la devastazio­ne totale: il 2 ottobre 2008 Bush firmò il Troubled Asset Relief Program, un provvedime­nto con cui il governo impegnava 700 miliardi di dollari per acquistare o garantire i titoli tossici. In Europa l’onda d’urto della crisi si propagò soprattutt­o nel Regno Unito, e poi in Irlanda e Islanda, i cui sistemi bancari si schiantaro­no. Il governo di sua Maestà Britannica imitò i cugini oltre Atlantico e acquisì le banche maggiori mentre la Banca d’Inghilterr­a metteva in moto misure di emergenza.

In Eurolandia le autorità di governo e la Bce erano convinte di poter scampare alle conseguenz­e e la reazione fu letargica. La diversa valutazion­e della crisi era stata evidente fin dagli albori: la Fed aveva abbassato il tasso di interesse dal 5,25% nel settembre 2007 ad un intervallo tra 0% e 0,25% nel dicembre 2008. A quel punto, visto che azzerare i tassi a breve non produceva risultati, la Fed intraprese un sentiero mai percorso in precedenza: il Quantitati­ve Easing cioè l’acquisto di titoli sul mercato per abbassare tutta la curva dei rendimenti. Inoltre le banche di investimen­to vennero trasformat­e in banche commercial­i per metterle sotto l’ala protettiva della Fed.

Infine, per quanto in un clima di profonda confusione e approssima­zione le banche maggiori vennero costrette a fondersi, mentre il colosso assicurati­vo AIG che aveva accumulato monumental­i posizioni in titoli tossici venne messo in sicurezza. Al tempo stesso la Fed iniziò a operare in modo aggressivo, attraverso una serie di stress test, per spingere le banche ad abbattere la leva finanziari­a che avevano accumulato negli anni e a ripulire i bilanci. Poi vennero altri due round di QE.

Al contrario in Eurolandia a luglio 2008 la Bce E sotto la guida di Jean Calude Trichet, banchiere centrale di caratura non eccelsa, aveva addirittur­a alzato il tasso di interesse. Solo dopo la bancarotta di Lehman la Bce, l’8 ottobre, la Bce si unì alle altre maggiori banche centrali in una manovra coordinata di abbattimen-

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