In Salento muore l’ulivo, sotto la “linea rossa” non c’è speranza
Angelo ci piange la notte. Se riesce ad addormentarsi, poco dopo spalanca gli occhi, porta la mano al petto, a volte gli manca l’aria, si alza, apre la porta di casa e guarda l’ulivo davanti. Angelo ha una piccola tenuta agricola, da alcuni anni ha ristrutturato dei ruderi, poche stanze per i turisti e per non lasciare la sua terra: il Salento.
La sua terra sta lasciando lui.
La sua terra è devastata, i suoi ulivi stanno morendo, Xylella, non Xylella, la sostanza è una: il problema c’è, è evidente, ma sottaciuto, rimosso quando va bene, sottovalutato, oppure nascosto dai più se vogliamo mettere un briciolo di malizia.
Angelo è uno dei tanti colpiti in questa zona del Paese.
Così percorrere le strade salentine è un perfetto esercizio per uno schiaffo sulla realtà, una presa di coscienza su quanto sta capitando a noi, noi tutti; è un esercizio su chi siamo, e chi vogliamo diventare, su quanto sappiamo (solo) gridare allo scandalo, e quanto vogliamo diventare conniventi e complici dello scandalo stesso. Percorrere le strade salentine è la perfetta cartolina di una mutazione evidente: se gli ulivi, da sempre, significano vita, oggi interpretano l’ultima parte di quella vita. Rappresentano la morte. Secchi, arresi, magari senza foglie, oppure in veste autunnale, ma siamo ad agosto; i pochi sprazzi ancora verdi, sono brandelli di resistenza verso l’ineluttabile. Oppure tronchi ridotti l’oltre l’essenza, perfetti come ricor- do del “fu”, solo forma. “Qui non arriva nessuno”, racconta Angelo, “la soluzione è stata ed è quella di costruire una linea immaginaria sul tacco dello Stivale, e decidere che sotto quella traccia non c’è nulla da fare”. Addio, abbiamo di meglio a cui pensare, il messaggio tra le righe.
PER QUESTO, invece di immaginare una task force nazionale, o internazionale, – come sarebbe giusto – in Salento sono i singoli soggetti a creare e combattere, a pensare il come e il dove; a provare e sperare, attendere un qualche risultato, a diffondere le proprie esperienze, a girare a proprie spese. Tutto da soli.
Angelo inietta attraverso delle comuni siringe dei prodotti naturali (come da foto), perché se l’ulivo è vita, anche i rimedi umani vanno bene; il suo vicino dà fuoco all’interno del tronco, applica il principio della febbre, quindi cerca di raggiungere i 200-300 gradi per uccidere il possibile batterio. Poi c’è chi usa il cemento, chi il rame, chi crea dei tasselli sul tronco e innesta una qualità di ulivo non ancora attaccata dalla malattia. Tentativi. Sogni. tradizione. Lotta vera. Silenziosa. Tanto silenziosa da abbracciare ogni possibilità, anche l’idea di Helen Mirren, oramai salentina doc, con tanto di locale per aperitivi a Tricase, di chiamare i suoi amici attori, in primis Brad Pitt, per obbligare il Paese a parlare di questa tragedia. Perché è una tragedia: forse non è chiaro, oggi il problema è degli ulivi, ma domani potrebbe toccare di nuovo alle viti, poi magari altri alberi da frutto. E poi. E poi. Fino a quando l’ultima nostra speranza sarà di trovare sul banco del supermercato una bustina di frutta in polvere. E buona vita a tutti.
Twitter: @A_Ferrucci