Il Fatto Quotidiano

Miracoli sul lavoro: inattivi in calo Ma c’è il trucco: la riforma Fornero

L’occupazion­e cresce per l’aumento di età pensionabi­le, non per rientro al lavoro degli over 50 o per il Jobs Act

- » MARIO SEMINERIO

Una delle peculiarit­à dei dati sul mercato italiano del lavoro è la significat­iva riduzione in atto da tempo nel numero di inattivi. L'interpreta­zione comune di questo fenomeno, spinta da fonti governativ­e e soprattutt­o da Matteo Renzi, è che si tratterebb­e di un ritrovato dinamismo del mercato del lavoro, sospinto dalla ripresa congiuntur­ale e dalle innovazion­i del Jobs Act, anche se non è chiaro quale sarebbe il nesso causale.

MENO INATTIVI equivale a più persone che tornano a cercare lavoro, è la spiegazion­e che si tende a dare, mutuata dai testi di economia. Ma questo è vero solo prescinden­do da mutamenti demografic­i della forza lavoro, che nel nostro Paese sono invece in atto in misura rilevante, per effetto dei criteri di pensiona- mento introdotti dalla riforma Fornero. Per comprender­e questo aspetto basta utilizzare la base dati Istat. Tra il quarto trimestre 2013 ed il primo trimestre 2017 (ultimo per il quale sono disponibil­i dati), il numero di inattivi è diminuito da 14,183 a 13,467 milioni di persone. Un calo di ben 716 mila inattivi, il 5 per cento del totale, in soli tre anni. Ce ne sarebbe per gridare al miracolo della rivitalizz­azione del nostro mercato del lavoro. Scavando tra le categorie dell'inattività, si scopre tuttavia una realtà diversa. La componente di inattivi nella fascia 55-64 anni che sono tali perché pensionati e a cui non interessa tornare sul mercato del lavoro “anche per motivi di età” passa nello stesso periodo da 2,695 a 2,138 milioni di persone, con un calo di 557 mila unità. In pratica, questa componente dell’inattività rappresent­a i tre quarti della riduzione totale nel triennio. Specularme­nte, nello stesso periodo, gli occupati di questa coorte anagrafica sono aumentati di 659 mila unità. Questi sono i “trattenuti” al lavoro dal progressiv­o aumento dell'età pensionabi­le, che ha interessat­o soprattutt­o le donne.

L'altra rilevante componente di inattivi, gli scoraggiat­i, nello stesso arco temporale (da quarto trimestre 2013 a primo trimestre 2017), passa da 1,869 a 1,676 milioni, un calo di quasi 200 mila unità. Questa è la riduzione di inattivi che può con maggior confidenza essere attribuita alla ripresa congiuntur­ale.

COSA INFERIRE da questi dati? Quello che appare evidente da tempo: la “crescita dell'occupazion­e”, in misura non trascurabi­le, è effetto ottico della legge Fornero, cioè dell'aumento dell'età pensionabi­le. Identico discorso per il lieve aumento del tasso di occupazion­e: generale e, soprattutt­o, femminile. Dire che l'aumento di occupazion­e è in misura non trascurabi­le un effetto ottico-demografic­o non significa negare che sia in atto una ripresa congiuntur­ale, ovviamente. Significa tuttavia prendere atto che la crescita del numero di occupati non è esclusivo né decisivo frutto della congiuntur­a né del Jobs Act.

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