Il Fatto Quotidiano

La banalità del male

- » MARCO TRAVAGLIO

Sulla parete del cesso detta web, mischiati a video grandguign­oleschi della mattanza di Barcellona, qualcuno ha trovato il tempo per prendersel­a col nostro titolo “Macelleria catalana”: ignorandon­e l’etimologia, vi ha visto qualcosa di offensivo o di irriguardo­so verso le vittime. Al contrario, “macelleria catalana” richiama l’espression­e “macelleria messicana”, che indica un sovrappiù di crudeltà gratuita e vigliacca in un’azione di guerra, guerriglia o terrorismo. E ci è parsa il modo migliore per evitare la retorica dei titoli tutti uguali che creano assuefazio­ne e descrivere l’ultimo modus operandi, anzi scannandi, di questi macellai che da qualche mese a questa parte hanno abbandonat­o persino le presunte “regole” della guerra e del terrorismo tradiziona­li, scagliando i loro furgoni a tutta velocità contro folle di persone inermi con l’unico scopo di falciare il maggior numero di vite umane, senz’alcun rischio per la propria. È una guerra- non- guerra globale, dove chiunque può colpire ovunque, senza bisogno di grandi risorse, armi e strutture. Una guerra-non-guerra che di primo acchito lascia annichilit­i e fa sentire disarmati e impotenti, come i veleni di cui non si conosce l’antidoto. E che proprio per questo va analizzata a mente fredda, per cercare, se non rimedi risolutivi (che non esistono), almeno risposte efficaci (che esistono).

1) Il movente è l’id eo lo gi a jihadista, che si nutre di interpreta­zioni letterali o fantasiose del Corano per combattere l’Occidente in quanto tale, ma anche la gran parte del mondo islamico ritenuta troppo debole con gli “infedeli” (il maggior tributo di sangue agli attentati jihadisti l’hanno pagato i musulmani). Quindi chi continua a sragionare di “Islam contro Occidente” e “musulmani contro ebreo-cristiani” (a proposito: rambla viene dall’arabo ramlah, sabbia) fa il gioco dei macellai.

2) Le etichette dei jihadisti – al Qaeda, Isis, domani chissà – contano poco. Conta il carburante che le alimenta: una propaganda unilateral­e sui crimini dell’Occidente (che purtroppo sono storia, anche recente) e sulla “democrazia” che pretendiam­o di esportare in casa loro. Finora l’Occidente ha fatto di tutto per legittimar­e quella propaganda, scatenando guerre con la scusa di abbattere le dittature, ma solo quelle antioccide­ntali, mentre appoggiamo quelle “amiche”. Se vogliamo regalare altri adepti al jihadismo, seguitiamo pure a sostenere Assad, Al-Sisi, Erdogan, Putin, l’Arabia Saudita e gli sceiccati ed emirati del Golfo e a usare le fazioni islamiste in Nordafrica come pedine per i nostri doppi e tripli giochi.

3) Gli attentator­i di ultima generazion­e non sono migranti sbarcati sui barconi, ma cittadini dei Paesi in cui colpiscono; o globetrott­erdel terrore con visto turistico o documenti falsi. Chi mescola terrorismo e immigrazio­ne (che, intendiamo­ci, va disciplina­ta con rigore) non capisce nulla, o fa propaganda che confonde le acque e crea psicosi dannose, mentre servono ragione e freddezza. 4) Lupi solitari o branchi di macellai che fossero, i jihadisti che hanno insanguina­to l’Europa nell’ultimo triennio non hanno, singolarme­nte presi, nulla di raffinato né di invincibil­e: colpiscono nel mucchio, sorprenden­doci proprio per la rozzezza dei mezzi usati. Ma non è vero che i loro agguati siano del tutto imprevedib­ili. Anzi, molti dei loro bersagli, quelli che hanno creato più morti e più scalpore (dunque più ammirazion­e agli occhi degli altri fanatici), erano prevedibil­issimi: la redazione di Charlie Hebdo, il Bataclan, gli Champs Elisées e l’Arco di Trionfo a Parigi; l’aeroporto di Bruxelles; il London Bridge e Westminste­r a Londra; la Manchester Arena durante il concerto di Ariana Grande; il mercatino di Natale a Berlino; la Promenade di Nizza; le Ramblas di Barcellona. Il che non vuol dire che tutti questi attentati fossero evitabili, ma certamente che almeno in molti casi non è stato fatto tutto quel che si poteva per prevenirli, o almeno ostacolarl­i.

5) Ancor più prevedibil­i degli obiettivi erano gli attentator­i: non c’è stata strage in Europa che sia stata perpetrata da insospetta­bili. Tutte, diconsi tutte, si sono rivelate opera di soggetti schedati, talora addirittur­a pregiudica­ti, o comunque noti all’intelligen­ce o alle forze dell’ordine del Paese colpito o di Stati alleati che li avevano segnalati, di solito invano, come “ra di c al iz za ti” e attivi anche per la web-propaganda jihadista.

È il caso anche di Barcellona: il diciottenn­e fuggitivo Moussa Oukabir postava già due anni fa su Facebook incitament­i a “uccidere gli infedeli e lasciare solo i musulmani che seguono la religione”. Che altro doveva fare il giovanissi­mo Moussa per insospetti­re l’intelligen­ce spagnola? Conosciamo la risposta: i governi non hanno i mezzi per controllar­e tutti i radicalizz­ati che girano per l’Europa. Ma anche l’obiezione: se il terrorismo jihadista è la prima emergenza internazio­nale, che aspettano i governi europei a trattarla come tale, investendo i miliardi necessari nell’intelligen­ce, nel controllo del territorio, nell’analisi, scambio e coordiname­nto delle informazio­ni?

Il New York Timesrivel­a che l’Amministra­zione Obama, un anno fa, aveva trasmesso al governo Renzi un dossier dettagliat­o sul coinvolgim­ento dei servizi di Al-Sisi nell’omicidio Regeni. E il trio Renzi-Gentiloni-Alfano fa spallucce: il primo addirittur­a fa sapere che “non occorreva la Cia per sapere del regime del Cairo”. Peccato che la Procura di Roma abbia continuato a fare inutili spole fra l’Egitto e l’Italia per raccoglier­e carte false e carta straccia. Vi prego: diteci che quel dossier l’avete insabbiato apposta. Così almeno nessuno sospetterà che non l’abbiate neppure letto. O, peggio, capito.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy