Renzi abolisce le primarie: vuole scegliersi tutti i parlamentari Pd
Ignorato lo Statuto, orlandiani in allarme. A Enna iscritti in fuga
■Il segretario annuncia di volere l’ultima parola sui nomi da mettere in lista nel 2018. In Sicilia 200 giovani lasciano il partito per protesta contro il commissariamento renziano
La prossima battaglia sarà sulle liste. La scelta dei candidati è sempre un momento di tensione interna: tutti i parlamentari del Pd, di maggioranza o opposizione, ne sono consapevoli. Specie se, come pare, Matteo Renzi vorrà sceglierli personalmente, uno per uno. L’intenzione filtra ciclicamente dagli ambienti vicini al segretario, ma si scontra con le aspettative delle varie minoranze interne, in cerca di spazio. E soprattutto con lo statuto del Partito democratico, che per la scelta dei parlamentari prevede le primarie, o comunque altre forme di “ampia consultazione”. Un modus operandiben diverso dal decisionismo sbandierato dall’ex premier, che rimette in discussione i delicati equilibri interni al partito.
MANCANO MESI alle urne, le alleanze sono tutte da definire, ancora non ci sono certezze neppure sulla legge elettorale con cui si andrà a votare. Per discutere di nomi e di poltrone, però, i tempi non sono poi così prematuri: considerando che il regolamento sulle candidature dev’essere approvato dalla Direzione nazionale entro tre mesi dalla presentazione delle liste, i giochi si faranno già in autunno. E l’ex premier pare deciso a imporre la sua linea. “Su ogni singola candidatura ci sarà il mio visto”, è il Renzi pensiero riportato dal Corriere della Sera.
“Non funziona così: il segretario sicuramente ha voce in capitolo, nessuno vuole metterlo in dubbio, ma non è dio”. Cesare Damiano, deputato e presidente della Commissione Lavoro della Camera, esponente della sinistra Pd, mette subito le mani avanti. “Non voglio neanche prendere in considerazione la possibilità di un esercito di yes men: il Pd ha una storia troppo complessa per ridursi a questo”. Il partito è già in fibrillazione.
Anche se è ancora presto per lanciare ufficialmente l’allarme, la preoccupazione è diffusa un po’ in tutte le minoranze. “Il Pd è in una situazione particolare e la scelta dei candidati è un passaggio delicato: per viverlo serenamente bisogna attenersi allo statuto, senza forzature, altrimenti i pericoli sono dietro l’angolo”, avverte Andrea Martella, coordinatore della mozione del ministro Andrea Orlando. “È interesse del partito, e quindi pure del segretario, includere e non accentrare. Spero che ne discuteremo al momento giusto, secondo le regole”, è il parere anche di Dario Ginefra di Fronte democratico, la corrente che fa capo al governatore pugliese, Michele Emiliano.
L’ITER prevede che sia la Direzione nazionale a stabilire i criteri per le candidature e, soprattutto, gli “strumenti di consultazione”. Anche le cosiddette “parlamentarie” adottate per le ultime Politiche 2013, che però stavolta potrebbero non essere replicate: almeno su questo sembra esserci abbastanza condivisione. “Dobbiamo capire quale sarà la legge elettorale, ma comunque quella fu un’es perienza di democrazia poco brillante”, prosegue il deputato orlandiano. “L’importante è che le candidature tengano conto delle istanze dei territori e del pluralismo interno”. “Altrimenti daremo battaglia”, gli fa eco Damiano.
Molti se ne sono già andati con la recente scissione dei bersaniani di Art.1-Mdp, il rischio è che la scelta dei can-
Il listone dell’ex premier e la cooptazione dei nominati sarebbero l’ultimo atto della mutazione del Pd in partito personale FRANCO MONACO
didati diventi un altro motivo di frattura. “È probabile: la contraddizione c’è e potrebbe essere deflagrante”, conferma il deputato Franco Monaco. “La questione personalmente non mi tange, perché considero esaurito il mio rapporto col Pd, ma politicamente è molto grave: rinunciare alle primarie sarebbe una regressione sul piano ideologico e delle regole. Così non saranno elezioni, ma una cooptazione di nominati”. “In ogni caso – prosegue – non sarei
Niente “parlamentarie”?
Lo Statuto prevede primarie o altre forme di consultazione, ma anche nella minoranza ci sono dubbi sul replicare l’esperienza del 2013
sorpreso: il Pd ormai si è ridotto a partito personale, e il ‘list one ’ del segretario è solo l’ultimo atto di questo processo”.
Uno scenario non del tutto inverosimile: perché – come fanno notare dall’interno del partito – “anche le primarie prevedono un momento di preselezione”, e“una forma di consultazione non esclude necessariamente la scelta personale dei candidati”. E poi al l’interno degli organi del partito i rapporti di forza sono abbastanza chiari: “Il tema non è ancora stato sollevato – frena il senatore Luigi Zanda – ma sarà di competenza della Direzione nazionale, dove è evidente e anche naturale che la linea del segretario abbia il suo peso”. Ovvero: deciderà Renzi. Appunto.