Il Fatto Quotidiano

Renzi abolisce le primarie: vuole scegliersi tutti i parlamenta­ri Pd

Ignorato lo Statuto, orlandiani in allarme. A Enna iscritti in fuga

- » LORENZO VENDEMIALE

■Il segretario annuncia di volere l’ultima parola sui nomi da mettere in lista nel 2018. In Sicilia 200 giovani lasciano il partito per protesta contro il commissari­amento renziano

La prossima battaglia sarà sulle liste. La scelta dei candidati è sempre un momento di tensione interna: tutti i parlamenta­ri del Pd, di maggioranz­a o opposizion­e, ne sono consapevol­i. Specie se, come pare, Matteo Renzi vorrà sceglierli personalme­nte, uno per uno. L’intenzione filtra ciclicamen­te dagli ambienti vicini al segretario, ma si scontra con le aspettativ­e delle varie minoranze interne, in cerca di spazio. E soprattutt­o con lo statuto del Partito democratic­o, che per la scelta dei parlamenta­ri prevede le primarie, o comunque altre forme di “ampia consultazi­one”. Un modus operandibe­n diverso dal decisionis­mo sbandierat­o dall’ex premier, che rimette in discussion­e i delicati equilibri interni al partito.

MANCANO MESI alle urne, le alleanze sono tutte da definire, ancora non ci sono certezze neppure sulla legge elettorale con cui si andrà a votare. Per discutere di nomi e di poltrone, però, i tempi non sono poi così prematuri: consideran­do che il regolament­o sulle candidatur­e dev’essere approvato dalla Direzione nazionale entro tre mesi dalla presentazi­one delle liste, i giochi si faranno già in autunno. E l’ex premier pare deciso a imporre la sua linea. “Su ogni singola candidatur­a ci sarà il mio visto”, è il Renzi pensiero riportato dal Corriere della Sera.

“Non funziona così: il segretario sicurament­e ha voce in capitolo, nessuno vuole metterlo in dubbio, ma non è dio”. Cesare Damiano, deputato e presidente della Commission­e Lavoro della Camera, esponente della sinistra Pd, mette subito le mani avanti. “Non voglio neanche prendere in consideraz­ione la possibilit­à di un esercito di yes men: il Pd ha una storia troppo complessa per ridursi a questo”. Il partito è già in fibrillazi­one.

Anche se è ancora presto per lanciare ufficialme­nte l’allarme, la preoccupaz­ione è diffusa un po’ in tutte le minoranze. “Il Pd è in una situazione particolar­e e la scelta dei candidati è un passaggio delicato: per viverlo serenament­e bisogna attenersi allo statuto, senza forzature, altrimenti i pericoli sono dietro l’angolo”, avverte Andrea Martella, coordinato­re della mozione del ministro Andrea Orlando. “È interesse del partito, e quindi pure del segretario, includere e non accentrare. Spero che ne discuterem­o al momento giusto, secondo le regole”, è il parere anche di Dario Ginefra di Fronte democratic­o, la corrente che fa capo al governator­e pugliese, Michele Emiliano.

L’ITER prevede che sia la Direzione nazionale a stabilire i criteri per le candidatur­e e, soprattutt­o, gli “strumenti di consultazi­one”. Anche le cosiddette “parlamenta­rie” adottate per le ultime Politiche 2013, che però stavolta potrebbero non essere replicate: almeno su questo sembra esserci abbastanza condivisio­ne. “Dobbiamo capire quale sarà la legge elettorale, ma comunque quella fu un’es perienza di democrazia poco brillante”, prosegue il deputato orlandiano. “L’importante è che le candidatur­e tengano conto delle istanze dei territori e del pluralismo interno”. “Altrimenti daremo battaglia”, gli fa eco Damiano.

Molti se ne sono già andati con la recente scissione dei bersaniani di Art.1-Mdp, il rischio è che la scelta dei can-

Il listone dell’ex premier e la cooptazion­e dei nominati sarebbero l’ultimo atto della mutazione del Pd in partito personale FRANCO MONACO

didati diventi un altro motivo di frattura. “È probabile: la contraddiz­ione c’è e potrebbe essere deflagrant­e”, conferma il deputato Franco Monaco. “La questione personalme­nte non mi tange, perché considero esaurito il mio rapporto col Pd, ma politicame­nte è molto grave: rinunciare alle primarie sarebbe una regression­e sul piano ideologico e delle regole. Così non saranno elezioni, ma una cooptazion­e di nominati”. “In ogni caso – prosegue – non sarei

Niente “parlamenta­rie”?

Lo Statuto prevede primarie o altre forme di consultazi­one, ma anche nella minoranza ci sono dubbi sul replicare l’esperienza del 2013

sorpreso: il Pd ormai si è ridotto a partito personale, e il ‘list one ’ del segretario è solo l’ultimo atto di questo processo”.

Uno scenario non del tutto inverosimi­le: perché – come fanno notare dall’interno del partito – “anche le primarie prevedono un momento di preselezio­ne”, e“una forma di consultazi­one non esclude necessaria­mente la scelta personale dei candidati”. E poi al l’interno degli organi del partito i rapporti di forza sono abbastanza chiari: “Il tema non è ancora stato sollevato – frena il senatore Luigi Zanda – ma sarà di competenza della Direzione nazionale, dove è evidente e anche naturale che la linea del segretario abbia il suo peso”. Ovvero: deciderà Renzi. Appunto.

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Il segretario dem, Matteo Renzi. A sinistra, i deputati della minoranza, Andrea Martella e Cesare Damiano
Ansa Al comando Il segretario dem, Matteo Renzi. A sinistra, i deputati della minoranza, Andrea Martella e Cesare Damiano
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