Ceuta, l’enclave in Marocco che genera jihad
La periferia a prevalenza musulmana è terreno fertile per Daesh come Molenbeek in Belgio
La
differenza è nei colori delle case, nel clima e nell'idioma. Ma finisce qui. A Sint-Jans-Molenbeek, periferia di Bruxelles, domina il grigio; lo stesso dei palazzi popolari di Birmingham, in Inghilterra, e nelle banlieue francesi.
Nel barrio El Principe Alfonso, nell'enclave spagnola di Ceuta, in Marocco, le case spesso sono basse, gialle o ocra, colori del sud del mondo. Poi c'è il dato comune alle città del nord Europa: immigrazione e povertà. La polizia spagnola ritiene che dai vicoli di El Principe, sono partiti (dati raccolti fino al 2015) almeno 500 combattenti affascinati da Daesh. Spesso si tratta di giovani di origine maghrebina: come gli attentatori di Barcellona e Cambrils.
El Principe, a prevalenza musulmana, si trova proprio alle porte della città. Non solo fanatismo religioso, anche traffici di droga e di esseri umani. L'ultima operazione della polizia – cinque arresti – ha smantellato un gruppo specializzato nel trasporto di clandestini dalle coste africane all’Andalusia, con moto d'acqua. I migranti per arrivare a Cadice o Malaga pagavano fino a 5.000 euro ciascuno. Dall’inizio dell’anno almeno 150 clandestini sono sbarcati in Spagna con questo sistema. Chi invece resta nei vicoli di El Principe si ritrova spesso senza lavoro e soldi. E allora, sui muri qualcuno scrive che il jihad è la via, e i reclutatori parlano della nuova conquista di al Andalus, come i condottieri islamici nell'anno 711. L'ufficio marketing di Daesh vende il prodotto riempiendo il web di filmati e proclami; così non stupisce che fra i vicoli di El Principe gli “eroi” da emulare non siano i militari del Tercio, la Legione straniera spagnola che a Ceuta ha un reparto, ma personaggi come Rachid Wahbi, affiliato ad Al Nusra (il ramo qaedista degli estremisti in Siria) e Mohamed Hamduch.
IL PRIMOha fatto il kamikaze a Idlib, in Siria, ammazzando 100 persone, il secondo, conosciuto come Kokito, ha avuto il suo momento di gloria con una foto che circolava sui social, dove mostrava cinque teste mozzate di altrettanti “infedeli”. Come a Molenbeek o alcune banlieue di Parigi, dentro El Principe la polizia entra solo in forze, armata di tutto punto, per abbattere porte e mettere ferri ai polsi. In qualsiasi altra azione di routine, la pattuglia deve mettere in conto di bat- tere in ritirata per la reazione del quartiere. I tassisti preferiscono girare al largo e per arrivare ci si affida ad un mezzo pubblico. Fino al 2015 i dati sono drammatici, l'abbandono scolastico raggiunge il 90%, l' 80% dei residenti è disoccupato; in compenso proliferano le moschee, 15 per una popolazione che non supera i 12.000 abitanti.
Chi può salvare El Principe? Forse, le donne. L' associazione Al Hambar cerca di aiutare le ragazze maltrattate dai mariti perchè non indossano il velo integrale. Senza conoscere lo spagnolo, le nuove arrivate restano in un circolo vizioso. Le volontarie di Al Hambar provano a essere un punto di ri- ferimento, ma devono far fronte alla concorrenza. Altre ragazze cercano di convincere le coetanee ad abbracciare l'integralismo. Otto arresti, qualche tempo fa, fra Melilla, Barcellona e Ceuta. Il canale di approccio era WhatsApp.
El Principe è noto anche per una serie televisiva andata in onda in Spagna fino al 2015; un poliziotto del Centro Nacional de Inteligencia ( Cni) indaga su un trafficante marocchino e su possibili connessioni fra jihadisti e polizia locale; non manca una storia d'amore controversa. Nel quartiere non è piaciuta: per molti la storia distorce l'immagine del barrio.
Tagliati fuori Abbandono scolastico al 90%, senza lavoro l’80%; la polizia entra nei vicoli solo in forze