Cambridge, il muro di silenzio e la missione-clone di Giulio
I“no” della tutor ai pm e il tentativo di mandare un altro ragazzo italiano al Cairo
Fra le tante domande senza risposta sulla fine di Giulio Regeni, c’è anche questa: che ruolo ha avuto l’Università di Cambridge e, soprattutto, il tutor di Giulio, la professoressa Maha Abdelrahaman, egiziana, docente di Development Studies and Middle East Politics nell’ateneo britannico e, prima, di Sociologia all’American University del Cairo? Una domanda sollevata a più riprese dalla famiglia di Giulio. E che torna di attualità dopo l’invio del nuovo ambasciatore italiano al Cairo Cantini e dopo l’inchiesta del NYT sulle informazioni esplosive che l’Amministrazione Obama avrebbe fornito al governo Renzi sulle responsabilità dei vertici egiziani per la morte del giovane ricercatore.
Ad aprile, al Festival del Giornalismo di Perugia, la madre Paola aveva lanciato un appello inequivocabile: “Cambridge rompa il silenzio”. Un’accusa pesantissima all’università da cui Giulio era stato mandato al Cairo per la ricerca che gli è costata la vita. Accusa ripresa ai primi di luglio da Irene Regeni, sorella di Giulio, che proprio di fronte al corpo centrale dell’ateneo inglese aveva inscenato una protesta muta, mostrando lo striscione giallo della campagna di Amnesty che chiede da mesi “Verità per Giulio”.
Al centro degli interrogativi, il comportamento della tutor di Giulio, la professoressa Abdelrahaman appunto, fra i cui interessi accademici spicca quello per i movimenti politici e social di opposizione, i diritti umani e i sindacati: temi pericolosi nell’Egitto post-rivoluzione in cui si muoveva Regeni per la sua tesi di dottorato. La professoressa non poteva non esserne consapevole: perché allora ha firmato una dichiarazione di non pericolosità della ricerca? È solo una delle molte domande aperte.
Mrs. Abdelrahaman e il pc non consegnato
fono e il proprio computer, e ha definito “s po ra di ci ” g li scambi di informazioni con Giulio, che secondo quanto ritrovato nel computer del ricercatore erano invece approfonditi e regolari.
L’ultimo appuntamento, poi il silenzio
esserne informata? In un comunicato ufficiale del 4 agosto 2016, che vale la pena riportare in modo esteso, Cambridge difende però la sua docente, con toni polemici: “Ci risulta che la dottoressa Abdelrahaman abbia risposto agli investigatori italiani in due occasioni: la prima, durante il funerale di Giulio, quando fu avvicinata per un interrogatorio immediato. Nonostante le penosissime circostanze, ha risposto alle domande per un’ora e mezza. I magistrati italiani sono poi venuti a Cambridge il giorno della commemorazione. In quella occasione, Maha ha risposto con completezza a ulteriori domande. Le autorità italiane non hanno dato seguito alle sue risposte, malgrado la stampa italiana continui a definirle “inadeguate”. Non ci risulta che abbiano fatto richiesta di ulteriori informazioni. Malgrado l’a ngo sc ia personale per la morte di Giulio, Maha è pronta a collaborare con i magistrati, se la richiesta passerà da canali normali, come non ancora accaduto”.
In seguito, lo scorso settembre, l'ateneo ha rapidamente risposto a una rogatoria della Procura di Roma in- viando nella Capitale una serie di documenti richiesti dal pm Sergio Colaiocco: carte, materiale di lavoro, effetti personali di Giulio, a quanto pare non risolutivi.
“Ancora in Egitto, ma è arrivato un no”
Su presunte lacune nella collaborazione da parte dell’università, insiste anche il generale Leonardo Tricarico, già capo di Stato maggiore d e l l ’ A e r onautica e oggi presidente della Fondazione Icsa per l’Analisi strategica e di intelligence, che in una intervista a Tiscali Newsha spiegato come “tutta la parte della storia relativa a Cambridge, ai professori, all’incarico di Giulio è ancora molto opaca”. E ha anche rivelato che, dopo la morte del ricercatore, l’università avrebbe tentato di mandare al Cairo, con modalità simili e sempre in assenza delle necessarie garanzie, un altro studente italiano (che però avrebbe chiesto “coperture” sulla propria missione. A quel punto non se ne è fatto più nulla). Perché Cambridge lo ha fatto, visto il tragico precedente? Domande che abbiamo girato all’ateneo inglese. Aspettiamo le risposte.
Minimizzare
La professoressa: “Con lui solo contatti sporadici”. Ma è stata smentita dall’indagine Ombre inglesi
Il generale Tricarico: “Volevano inviare lì un altro studente con modalità simili”