I messaggi di Romeo per rassicurare babbo Renzi su Consip
I messaggi dell’imprenditore scarcerato e la strategia che puntava a farlo parlare di Renzi sr.
Alfredo Romeo appena è tornato libero, ieri ha rilasciato interviste a molti giornali. Leggendole con attenzione si scoprono messaggi a tanti personaggi di questa storia.
Al suo accusatore Marco Gasparri, il dirigente Consip che ha confessato di essere stato pagato da lui e ha patteggiato 20 mesi, Romeo manda a dire che negherà tutto e cercherà di ridurlo ad agente provocatore di un complotto ordito dai concorrenti: “Lei può escludere che Gasparri fosse un ‘agente del nemico’?”, dice aRepubblica. Ai pm di Roma fa capire che condivide le loro indagini sui carabinieri del Noe, sul pm Henry John Woodcock e sui giornali. Quando gli ricordano di aver accennato a pagamenti “estero su estero” dice che si tratta di “conversazioni non trascritte da un perito di un tribunale ma da un organo di parte (il Noe, ndr) indagato a Roma per reato di falso” e poco dopo che ci sono “pm e giornalisti indagati per violazione del segreto, agenti e ufficiali del Noe a loro volta indagati e trasferiti dai Servizi”. Ma il messaggio più importante è per Tiziano Renzi e Carlo Russo, il padre del leader del Pd e il suo amico: Romeo non dirà mai nulla contro di loro ai pm. “Non ho mai cenato con Tiziano Renzi, né l’ho cercato”, dice Romeo. E Russo? Per Romeo parla a vanvera. “Nongli ho mai chiesto di incontrare il suo amico Tiziano”. Perché è così importante questa frase di Romeo?
LA PROCURA di Roma ipotizza il traffico di influenze illecite contro Renzi senior, Russo e Romeo per il presunto tentativo di far pressioni sull'ex amministratore della Consip, Luigi Marroni. È fondamentale capire se sia mai avvenuto un incontro tra i tre. Un testimone dice che Romeo gli confidò una cena con Russo e Romeo a Roma in un ristorante. È Alfredo Mazzei, ex tesoriere del Pd in Campania, in ottimi rapporti sia con Romeo sia con il tesoriere della Fondazione Open di Renzi.
Mazzei, che non sembra avere ragioni per mentire, l’ha riferito prima a La Verità, poi ai carabinieri del Noe e infine a marzo a Repubblica. Quando Matteo legge il 2 marzo Repubblica( dopo l'arresto di Romeo) chiede al babbo se ha visto davvero Romeo. Il padre, secondo la sintesi della telefonata fatta dal Noe per i pm e pubblicata nel libro Di padre in figlio, nega incontri al ristorante ma aggiunge che i bar non li ricorda.
Non basta.
Una parziale conferma è giunta anche dal sindaco allora Pd di Rignano sull'Arno, Daniele Lorenzini. Ha riferito in tempi non sospetti che Ti- ziano temeva di essere arrestato e intercettato dai pm di Napoli perché aveva incontrato un soggetto di Napoli ( non nominato). Anche lui non aveva nessuna ragione di mentire.
Infine in un paio di telefonate Romeo parla del padre di Renzi (chiamando Matteo “il principe”) e si lancia in paragoni tra i due che fanno pensare a una conoscenza a prima vista.
Sarebbe bastato che Romeo dicesse: “Sì, è vero. Ho incontrato Tiziano Renzi, perché temevo che la Consip guidata dal suo amico Marroni mi trattasse male nella gara Fm4”. Così avrebbe mandato a fondo la difesa di Tiziano e anche quella politica di Matteo, con danni minimi per lui dal punto di vista penale.
LA STRATEGIA dei pm di Roma, secondo il parere di chi scrive, era blindare Romeo con un giudizio immediato in carcere, esattamente come è accaduto per gli imputati di Mafia Capitale. Così Romeo avrebbe avuto più ragioni per dire quello che sa. E, se come i pm romani sospettano, Romeo avesse davvero corteggiato Tiziano Renzi tramite Russo magari incontrandolo, alla fine lo avrebbe detto.
La Procura per provare i presunti traffici di influenze avrebbe potuto perquisire Renzi senior e magari prendergli il telefonino per leggere i suoi messaggi whatsapp come ha fatto con la giornalista Federica Sciarelli, accusata senza fondamento di avere passato notizie dell'indagine. O come i pm di Napoli hanno fatto con il sottoscritto e tre suoi familiari, tutti non indagati. Forse le reazioni non sarebbero state quelle entusiastiche che solitamente la Procura di Roma raccoglie nei palazzi e nei giornali. Però ci sono alcuni quesiti che si pongono con maggior forza ora che Romeo ha definitivamente sposato la stessa linea difensiva di Tiziano Renzi. Come sarebbe andata a finire questa storia se i pm di Roma avessero trattato come Sciarelli e i Carabinieri del Noe quei numerosi renziani tirati in ballo dall'ad di Consip Luigi Marroni? Se fosse stato perquisito e privato del telefonino Filippo Vannoni o il capo gabinetto di Lotti Nicola Centrone o il comandante generale dell’Arma Del Sette o generale il Saltalamacchia non sarebbe stato più utile?
Il sogno di una partita vinta senza giocare duro, senza sudare e senza rischiare, si è infranto contro una roccia di nome Romeo.
Nelle intercettazioni, d'al- tro canto, proprio Carlo Russo diceva a Romeo di avere spiegato chiaramente a Lotti perché Romeo era un imprenditore affidabile: “quando ho parlato con Luca, l'ultima volta gli ho detto dico (...) la cosa a cui tu devi pensare... è che questa persona è stata ... 70/80 giorni... (tono di voce bassissimo) e non ha reso dichiarazioni che chiamassero altri soggetti in correità, eh! È stata dove è stata... e non ha fatto pio! (tono di voce bassissimo), quindi cioè che voi di più?”.
SU TIZIANO RENZI
Non ho mai cenato con lui, né l’ho cercato, Mazzei ha preso fischi per fiaschi. Il suo amico Russo? Conosco migliaia di persone SU MARCO GASPARRI
Ha via via modificato la sua versione. I soldi? Non gli diedi nulla, è malizia pensare che possa essere stato avvicinato e indotto a danneggiarmi? La Procura
Ha scelto di non sequestrare il telefono al babbo del leader Pd e ai dem coinvolti