Il Fatto Quotidiano

CLASSICI Quello che gli scrittori ( giovani) non leggono

- » FRANCESCO MUSOLINO

Alzi la mano chi non ha mai mentito. Si faccia avanti chi non ha mai millantato diaverlett­ol’ Ulisse diJam es Joyce, spergiuran­do di rileggere ogni estate Proust. Bugie bianche o ego ipertrofic­o, la tendenza a fingere di aver letto i classici ha subìto una netta impennata in epoca social network, inserendo citazioni ad hoc di David Foster Wallace per impression­are i follower.

Ma se ai comuni lettori è concesso di scoprire tardi un classico, sugli scrittori incombe una sorta di stigma sociale e nessuno sembra disposto ad ammettere le proprie – umane – carenze in tema di letture celebri. O no? “Classico è per definizion­e ciò che non va di moda – afferma Andrea

Marco longo che attualment­e è in Jugoslavia, immersa nella scrittura del suo secondo libro –, ma se c’è un autore che proprio non digerisco è Dostoevskj­i. Ogni volta che ci provo mi areno dopo centocinqu­anta pagine di sfilze di personaggi e queste sue lucide pagine di analisi storico- sociale cui tutti si riferiscon­o, proprio non le vedo. Soffro, chiudo e passo avanti”.

MA OVVIAMENTE capofila dei classici non letti è lui, Marcel Proust e À la recherche du temps perdu. “N o, non l’ho letto e non lo leggerò – afferma la scrittrice e libraia, Cristina Di Canio

–. Perché? È un libro immenso e io che mi sono anche tatuata un orologio senza lancette, non ho proprio

tempo da perdere”. Fingere di aver letto un libro è una tendenza così diffusa che c’è persino un acronimo – GUB, great unread book– come fa notare Alessandro Mari (in usci

ta il 31 agosto con Cronaca di

le i, Feltrinell­i). E poi ammette: “Ho mollato la Re

cherchedop­o tre volumi. Mi sono bastati, avevo capito il gioco e non avevo voglia di proseguire. E in gioventù, per non fare arrabbiare la ragazza che frequentav­o all’epoca, non ho mai ammesso di non aver finito Gli

indifferen­ti di Moravia. Ma non l’amavo abbastanza per leggerlo davvero”.

MA C’È UN LIBRO che tutti facciamo finta di aver letto e di cui conosciamo – se va bene – solo degli stralci è la Bibbia.

“Ammetto che vorrei provare a leggerla per intero – conclude Mari – ma forse non lo farò mai”. Un intento condiviso dalla scrittrice pugliese A nt on el la

Lattanzi che si pone un obiettivo ambizioso: “Un giorno vorrei studiarla. La Bibbia è un libro avventuros­o, pieno di immagini furibonde e sanguinari­e. Ma sono sincera, non l’ho letto e forse non lo leggerò mai”. Amen.

Poi a volte i classici ven-

gono scartati per una questione di tempismo, come accaduto al torinese Clau

dio Marinaccio (“Sì, avrei dovuto leggere Orgoglio e

pregudizio ma forse me ne hanno parlato così tanto che alla fine, per reazione, ho letto Orgoglio e pregiudi

zio e zombiee ora mi farebbe impression­e tornare indietro”) e ad Anna Giuricko

vic Dato. “Avrei voluto leggere Ivanhoe ma la mia prof lo assegnava solo ai maschi. Poi l’ho comprato ma è ancora lì, così come

Dracula perché da piccola amavo

Carmilla di Le Fanu e non avevo occhi per altri vampiri”.

Ma far finta di aver letto i classici può essere anche un passe par tout per la seduzione e in guerra e in amore, si sa, vale tutto. “Certo che ho mentito! Non so quante volte, per impression­are una ragazza o durante un incontro di lavoro, ho finto di aver letto un classico. Ma poi mi sono sentito talmente a disagio che ho recuperato. E quel libro poi,

Il Gattopardo o La casa in collina di Pavese ad esempio, l’ho letto davvero”. Ma un attimo prima di ricevere una piena assoluzion­e, lo scrittore partenopeo Ste

fano Piedi monte continua :“Un classico moderno che non ho affatto intenzione di finire di leggere è In

finite Jest di David Foster Wallace. Come si fa a proporre al lettore un libro con duecento note a fondo libro? Una follia”.

MAIL TEMA dell’ inganno per sedurre è uno dei capisaldi e si ripresenta con Crocifisso Dentello: “Per fare colpo dissi a una ra- gazza che Virginia Woolf era la mia scrittrice preferita e che avevo letto ogni sua riga. Ovviamente era una bugia”. Ma non è tutto. “Mi sono dovuto torturare di pizzicotti ma alla fine ho dovuto mollare l’Ul i s se e Musil. Morirò senza averli letti”. E c’è chi come Vanni

Santoni ha chiuso la porta in faccia a Il dottor Zivago.

“Di solito mi metto a posto la coscienza dicendomi che in realtà è sopravvalu­tato ma non avendolo letto non posso saperlo. Chissà, forse mi sbaglio, ma intanto continua a non attirarmi”.

Sì, leggere i classici è una scalata, anche faticosa, ma a cosa serve davvero? “Ho una grandissim­a ammirazion­e per Gabriel Garcia Marquez e ho amato i suoi libri ma lo confesso, non ho mai finito di leggere Cent’anni

di solitudine – afferma Pao

lo Di Paolo – d’altronde vantarsi di non aver letto un classico sarebbe un errore fatale. Bisogna sempliceme­nte attendere perché l’appuntamen­to con i libri è sempre frutto di un incontro, di un’attesa”.

Quando si parla di classici si subisce giocoforza un condiziona­mento culturale e serve un pizzico di sfrontatez­za per ammettere di non aver letto qualcuno. Ma è liberatori­o.

Del resto, persino Umberto Eco, un giorno disse che la Bibbia era quel classico che avrebbe letto in un’altra vita. Prendete nota.

“Dostoevskj­i? Mai capito” “Forse un giorno la Bibbia” “Per Proust non ho tempo” “La Woolf mi è servita per rimorchiar­e una donna”

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Ansa Mai aperti, ma non lo si ammette È difficile per uno scrittore (soprattutt­o giovane) confessare di non aver letto uno dei classici
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Gli altri Paolo Di Paolo, Claudio Marinaccio, Alessandro Mari, Antonella Lattanzi e Stefano Piedimonte
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Under 40 Dall’alto: Andrea Marcolongo, Crocifisso Dentello, Anna Giurickovi­c, Vanni Santoni, Cristina Di Canio
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