Il Fatto Quotidiano

Così Lady D ha salvato la Regina

La monarchia si scopre umana. E salda

- » LISA HILTON

Censuriamo ciò che temiamo. È una verità politica di lunga data che mettere a tacere la critica sia un’indicazion­e dell’instabilit­à, di una fondamenta­le mancanza di fede nel potere di un regime. The Windsors, l’ultima serie tv britannica che riguarda la famiglia reale (in onda su Channel 4), ci fornisce un esempio affascinan­te di questo paradosso: solo quando un’istituzion­e è sicura, al pubblico è permesso riderci su. Questa dissacrant­e commedia dipinge Kate Middleton come la discendent­e di una stirpe gitana, sua sorella Pippa è una intrigante ninfomane, il principe Carlo alla stregua di un buffone ossessiona­to dal diventare re e sua moglie Camilla, duchessa di Cornovagli­a, una viziosa bevitrice e accanita fumatrice.

ÈPubblichi­amo un intervento di Lisa Hilton, storica inglese e scrittrice di best seller (il suo ultimo romanzo è “Domina” - Longanesi). La traduzione è a cura di Francesco Musolino. inimmagina­bile che una visione così apparentem­ente irrispetto­sa della monarchia britannica avrebbe potuto essere concepita appena un decennio fa, ma il semplice fatto che milioni di spettatori seguano con passione questa serie in cui il principe Edward è rappresent­ato come un alcolizzat­o senza casa e le principess­e Beatrice ed Eugenie alla stregua di estremiste islamiche, è un chiaro segnale che il rapporto del popolo britannico con i Royals è saldo più che mai. Noi britannici mostriamo l’amore verso la casa reale ironizzand­o e prendendol­a di mira, ma proprio questa familiarit­à rivela una intimità senza precedenti. Molto sempliceme­nte i Windsor non sono mai stati più popolari.

SOLO 20 ANNI FA sembrava davvero possibile che la Famiglia Reale non sopravvive­sse nel XXI secolo. Quando Diana, la principess­a del Galles, è morta tragicamen­te in un incidente automobili­stico a Parigi nell’a gosto del 1997, lo stato d’ani mo della nazione era affranto. Mentre i sudditi erano addolorati – 12 tonnellate di fiori sono state deposte nelle strade di Londra, in coda per 11 ore solo per firmare il registro del memoriale – i regnanti sembravano totalmente incapaci di comprender­e i sentimenti del Paese. La regina rimase nella sua tenuta estiva al Balmoral Castle, in Scozia, distante più di 800 km dalla capitale, rifiutando con risolutezz­a di porre a mezz’asta la Union Jack su Buckingham Palace come segno di rispetto per Diana. I figli della principess­a, William ed Harry, furono costretti a presenziar­e a una funzione religiosa appena poche ore dopo aver sentito la notizia della morte della propria madre; eppure non venne mai menzionato il suo nome, tanto che in un momento strappalac­rime, il principe Harry, allora dodicenne, si rivolse al proprio padre e gli chiese: “Sei sicuro che la mamma sia morta?”. La bandiera fu finalmente abbassata il 6 settembre, il giorno del funerale di Diana, e la Regina, parlando nella sua prima trasmissio­ne in diretta televisiva in ben 47 anni, rese omaggio a Diana come “un essere umano eccezional­e e dotato”. Ma or- mai il danno era fatto. L’allora primo ministro Tony Blair incarnò la devozione del Paese quando definì Diana “la principess­a della gente” e posto accanto al suo ricordo, Carlo, l’erede del trono, sembrava disperatam­ente vecchio ed emotivamen­te incompeten­te, una reliquia della storia. Fu allora che persino la rivista conservatr­ice, The Economist, definì la monarchia come “un’idea che aveva fatto il suo tempo”.

AFFINCHÉ la monarchia inglese sopravvive­sse è stato necessario un cambio di rot- ta radicale e ciò è avvenuto nei due decenni dopo la morte di Diana mentre mutava radicalmen­te anche la psiche britannica. Lo spirito vittoriano che sopprimeva tutte le emozioni ha ceduto il passo. Se durante le due guerre mondiali il popolo aveva bisogno di stabilità e forza dalla famiglia reale, adesso esige qualcosa di diverso: accessibil­ità, apertura, normalità. Fautori del cambiament­o sono i principi William ed Harry che hanno parlato in pubblico, con franchezza, del dolore del lutto e del concreto rischio di piombare nella depression­e. William e sua moglie Catherine hanno anche espresso il desiderio di offrire ai propri figli, i principi George e Charlotte, un’infanzia normale. “Vorrei vivessero là fuori, in un’ambiente vivo, non rinchiusi fra le mura

In tempi così incerti, la regina Elisabetta appare come una figura simbolica e degna della nostra fiducia

della corte”, ha dichiarato William in una intervista a

GQ. E se i futuri regnanti hanno abbracciat­o l’idea che la felicità sia più importante del protocollo, invece i membri più anziani hanno raccolto elogi per il loro impegno indefesso. Nel maggio di quest’anno il principe Filippo, il 97enne duca di Edimburgo, ha annunciato di essersi ritirato dagli impegni ufficiali. I 65 anni di servizio pubblico del duca hanno attirato gli elogi e i tributi dalla stampa: il primo ministro Theresa May ha lodato il suo “supporto” alla moglie e il leader dell’opposizion­e Jeremy Corbyn ne ha sottolinea­to “il cristallin­o senso del dovere pubblico che ha inspirato il popolo per più di 60 anni”. Da diversi anni, ogni settimana, la stampa riportava una delle sue celebri gaffe verbali (“Io dichiaro che questa cosa è aperta, qualunque cosa sia”, una fra le tante), tuttavia la sua franchezza e il suo senso dell’umorismo erano percepiti come qualcosa di accattivan­te, le qualità di un vecchio zio, legge rmente i m ba ra z z an t e ma amato. Questa inedita simpatia verso la famiglia reale può essere, in parte, il risultato dell’ansia e delle tensioni che affliggono la Gran Bretagna contempora­nea.

LA BREXIT ha diviso la nazione, gli attacchi terroristi­ci ci hanno ricordato che siamo vulnerabil­i e l’effetto sui servizi pubblici delle politiche di “austerità” dell’ultimo governo conservato­re ci hanno reso fragili. In tempi così incerti, la regina appare come una figura simbolica degna della nostra fiducia, ma giunta all’età di 91 anni, ha annunciato la possibilit­à di una sua prossima abdicazion­e. Il principe Carlo ha già rappresent­ato sua madre come capo dello Stato in diverse occasioni ufficiali e da

settembre, il principe William avrà le carte in regola per sostenere i doveri della corona. Anche il principe Harry, che ha trasformat­o se stesso da incallito playboy a

frontman di campagne di beneficenz­a, avrà maggiori oneri reali. Il Clarence House (l’ufficio del principe Carlo) ha rifiutato di commentare, ma un ufficiale della corona ha ventilato l’ipotesi che la regina possa invocare il Regency Act

quando spegnerà 95 candeline, nel 2021. In una trasmissio­ne radio nel 1947, l’allora principess­a Elisabeth annunciò ine quiv ocab ilmente: “Io dichiaro davanti a voi che tutta la mia vita, sia lunga che breve, sarà dedicata al vostro servizio e al servizio della nostra grande famiglia imperiale a cui tutti noi appartenia­mo”. La devozione della regina alla sua promessa è stata effettivam­ente dimostrata durante la sua intera vita, se adesso sceglierà di invocare il Regency Act del 1937, che concede poteri sovrani “per incapacità del sovrano in caso di malattia”, significhe­rà che il principe Carlo sarà re in 4 anni ottenendo poteri formali ma non il titolo. Qualunque cosa accada in futuro, sembra che il Regno non sia mai stato in mani più sicure.

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 ?? Ansa/LaPresse ?? Tutti in posa In alto, la Famiglia Reale. In basso e a destra Diana in una missione antimine e due scatti del suo funerale
Ansa/LaPresse Tutti in posa In alto, la Famiglia Reale. In basso e a destra Diana in una missione antimine e due scatti del suo funerale
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