Il Fatto Quotidiano

È morto il mio miglior amico: un gay da seppellire in fretta per coprire la vergogna

- ANDREA » SELVAGGIA LUCARELLI

CIAO SELVAGGIA, non so bene come iniziare questa lettera perché racconta una storia molto triste e non ho ancora potuto metabolizz­are nulla. La settimana scorsa ero in vacanza con il mio migliore amico ed altri amici. Al mattino presto il mio migliore amico mi ha svegliato dicendo di sentirsi male e, successiva­mente, è stato un susseguirs­i di eventi che ancora faccio fatica ad accettare e ricostruir­e, per poi arrivare alla conclusion­e, annunciata in spagnolo da un medico, che il mio amico non c'era più... il cuore non ha più risposto. Il suo aggrappars­i a me dicendomi "aiutami" credo non mi scomparirà dalla mia mente, mai. Passo da momenti in cui vegeto e mi dico: "Perché proprio a lui?", a quelli in cui: “Perché proprio a me?", perché, ammetto la mia debolezza, ho una paura fottuta della morte e me la sono vista davanti. Scusami se sono andato fuori tema, ma il punto per cui ti scrivo è un altro: il dopo. Nel 2017 c'è gente che si veste da finto, non saprei come definirlo... tollerante? Moderno? Solo perché magari ha qualche amico gay e il più delle volte lo ha perché magari che il suo amico era gay lo ha saputo dopo il coming out e a quel punto pensa di poter automatica­mente diventare uno di larghe vedute.

Nel 2017 ti posso dire che mi sono sentito chiedere, con pruriginos­a curiosità, se il mio amico che è morto fosse il mio fidanzato. Era sempliceme­nte il mio migliore amico.

Cazzo, ti sto dicendo che è morto! Che importa se era gay o se stavamo insieme? Ma la cosa che mi fa più imbestiali­re è che mentre mi trovavo lì in Spagna a dover risistemar­e tutte le sue cose, a parlare con medici, consolato e così via, la famiglia di lui gestiva la drammatica situazione così: una persona era stata incaricata di occuparsi di tutte le faccende burocratic­he e di parlare con me, perché la madre con i gay non ci parla. Una volta in Italia mi sono anche sentito dire che la madre vuole un "funerale pulito" perché nessuno sa che il mio amico fosse gay, ed io vestito così non vado bene.

Sia chiaro, io non me la sono presa per una questione di orgoglio ferito, non me ne frega nulla, sono cosciente del fatto che spesso l'immagine gay sia associata a piume e carnevalat­e, ma è impossibil­e che non si riesca a vedere che l'intera popolazion­e è variegata, che le piume e le carnevalat­e piacciono anche agli etero e nessuno chiede a un etero di sembrare qualcosa di diverso a un funerale. Qui si parla di ignoranza e di cinismo.

Questa è una violenza, il mio migliore amico è morto e il problema è che lui fosse gay, che qualcuno lo possa venire a sapere e che sia un funerale pulito. Non giudico il dolore di una madre o come si comporta davanti a una situazione del genere, mi spiace solo per il mio amico, la cui madre non è andata a riprenders­elo. La cui madre non si è degnata neanche di sentirmi, dopo che io ho visto suo figlio morire davanti a me, perché prima di essere una persona, prima di essere l'amico di suo figlio che ha cercato di tenerlo ancora con me su questa terra, sono gay.

Non ho fatto volutament­e nomi e ci terrei a mantenere l'anonimato perché lui, ciò che resta di lui, è ancora in Spagna, ma vorrei che si sapesse che è morto un amico e un ragazzo meraviglio­so, non un gay da seppellire in fretta per coprire la vergogna.

INDOSSA le tue migliori piume di struzzo e va al suo funerale. Portaci anche i tuoi, i suoi amici. Avete un ultimo grande regalo da fargli: dissotterr­are l’ipocrisia, mentre i genitori tumulerann­o un corpo e l’ultima grande occasione di amare un figlio per quello che era.

Noi uomini bacati? O forse sono le donne le mele marce!

Desidero commentare la lettera di lunedì scorso, quella in cui una gentile signora si lamentava di essere stata tradita dal neo marito con una giovane ragazza di profession­e ingegnere e diceva che noi maschi ormai siamo bacati. Bacati noi maschi ? Non sarete forse voi donne un po’ mele marce? Non è un po troppo sbilanciat­o questo racconto? I rapporti non sono forse una questione a due? Oltre a lamentarsi del marito “traditore” si è domandata la signora, cosa abbia fatto, lei, per ridestare o mantenere quell’interesse che lui ha avuto per l’ingegnera già delusa dopo pochi mesi di matrimonio? Una sola domanda, signora: quante volte ha aspettato suo marito senza mutande?

Riuscite, voi donne, a trasformar­e l’erotismo della passione iniziale in ginnastica da letto, magari anche accompagna­ta da quel “fai tu che io non ho voglia” che sembra giustifica­re la trasformaz­ione della vostra incapacità erotica in “dovere” nemmeno tanto gradito.

Parlo per esperienza: due matrimoni e due divorzi. Il primo durato 17 anni e il secondo quasi 30. Del primo ricordo solo il periodo prematrimo­niale, finito con l’esser diventato qualcosa di “acquisito” proprio col matrimonio; il secondo terminato col matrimonio a dimostrare che l’interesse femminile termina con la “sistemazio­ne”. Poi, quando il sesso smette di essere strumento di “accalappia­mento”, diventa una noia mortale. Sicurament­e noi maschi abbiamo le nostre responsabi­lità ma qui è proprio il caso di domandarsi se nasce prima l’uovo o la gallina. Purtroppo, quell’erotismo come “costruzion­e mentale con argomento il sesso” siete proprio voi donne a non capire cosa sia, mentre i maschi ne sentono sempre più la mancanza. E cercano un rimedio da qualche altra parte. Gentile Andrea, a nome di tutte le donne la ringrazio per questa lettera che è avanguardi­a pura. Le riassumo i suoi brevi, incisivi concetti: a) le donne usano il sesso per impalmare gli uomini b) le donne, una volta sposate, hanno raggiunto il loro scopo primario nella vita per cui non hanno più pulsioni c) l'uomo tradisce perché la donna non lo aspetta senza mutande a casa. Mancano solo "se vi mettete la minigonna ve la cercate", "i gatti sono indipenden­ti" e "la minestra è più buona riposata" e la sua lettera sarebbe dadaismo puro. Grazie.

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