È arrivato il sol dell’avvenire, quando tutto è già bello che tramontato
Il Pil cresce e tornano a urlare le sirene per il riavvio del lavoro operaio. Ma sempre di zero virgola si parla
Il Prodotto interno lordo (Pil) cresce dello 0,4 per cento. La crescita economica è a trazione industriale. Così spiega chi ne capisce di numeri. Lo zero virgola s’accompagna al ritorno della tuta blu e se il ceto medio torna al volante – Dario Di Vico sul Corriere della Sera indica l’incremento di Panda, Tipo, 500L e Punto – l’aumento conferma la ripartenza della fabbrica nell’orizzonte sociale d’Italia.
Tornano a urlare le sirene di riavvio del lavoro operaio. Ma sempre di zero virgola si parla: l’agricoltura, con la rovinosa estate, è stata deludente. Perfino la vendemmia è stata anticipata e neppure lo spaccio del bello e del passatempo – il mercato legato alla villeggiatura – ha dato i frutti sperati.
La catena di montaggio si restituisce alla centralità del motore economico e il famoso mattone, infine, il sogno ber- lusconiano – “dare agli italiani una stanza in più” – non ha avuto esito. Le proprietà immobiliari, ormai, sono proprio un peso: troppe tasse, troppe spese, zero quotazione al mercato.
Manco il tempo di buttare Karl Marx e torna, quindi, l’o pe ra io . Tutte le suggestioni liberal dedicate ai millenial liberisti e la sinistra – con i suoi ciripiripì dei diritti desideranti, tutti umanitari – non può più cavarsela con Lady Gaga, Hillary Clinton e le Pussy Riot.
La realtà fatta di materie prime, di sudore e di turni notturni prende possesso dei numeri ma nel frattempo l’operaio è stato lasciato solo. Ernesto Galli della Loggia, in una lesta sintesi, ha detto: “È stato sostituito dall’immigrato”.
Appena l’immigrato troverà voce e offrirà la propria identità di valori verrà a sua volta sostituito, vorremmo aggiungere. Relegato ai margini della legittimità culturale, e magari messo accanto all’operaio che – come insegna un socialista di solida tempra qual è Francesco Forte, ex ministro delle Finanze – sceglie sempre la trattoria con la tovaglia pulita, giammai il bancone dell’happy hour vegano.
Perso di vista dalle avanguardie della politica, l’operaio – Der Arbeiter, è il titolo dell’opera cardine di Ernst Jünger – giusto negli Stati Uniti, ai cancelli delle fabbriche chiuse per sempre, ha trovato al proprio fianco nientemeno che Donald Trump.
Nel frattempo è accaduto il rivolgimento – la sinistra è diventata il riferimento dell’élite finanziaria, la destra s’è sbracata nel delirio populista – ma la realtà è la vecchia cara talpa della storia: tutto ciò che è solido si dissolve nell’aria e ai nostri figli, benestanti immaginari, non resta altro che il lavoro unto di grasso minerale miscelato a cera cloridica, tra cuscinetti a rulli, a sfere e i trafilaggi della catena industriale.
L’Arbeiter è il protagonista della Totale Mobilmachung , la mobilitazione totale. L’aveva spiegato così bene, Jünger. E doveva arrivare di notte, infatti, il sol dell’avvenire. Quando tutto è già bello che tramontato.