Viva Paolo Celata, il signor Malaussène del tg di Mentana
Paolo Celata possiede due caratteristiche essenziali per qualsiasi professionista di successo: sa fare bene il suo lavoro (importante) ed è un portentoso incassatore di ingiustizie (ancora più importante). Celata è il signor Malaussène di La7, il capro espiatorio delle esilaranti manie egotiche del suo capo, la vittima (sempre e comunque sorridente) delle angherie pressoché quotidiane di quello show man straordinario che si chiama Enrico Mentana.
Nel tempo la coppia Mentana-Celata ha raggiunto e aggiornato le vette del sadomasochismo televisivo che nella storia del giornalismo catodico erano state esplorate, probabilmente, solo dal duo Emilio Fede-Paolo Brosio. Erano gli anni d’oro della Mediaset berlusconiana e quel Tg4 era un autentico bollettino di regime, che si prestava bene a un po’ di teatro. Il TgLa7 di Mentana, e le sue ormai celebratissime maratone elettorali, hanno uno spessore diverso. Ma questo non impedisce al loro dispotico padrone – Mentana appunto – di regalare momenti di ferocia assoluta.
Alcuni sfoghi ormai sono storia. Il più cattivo di tutti, durante la maratona per i ballottaggi delle ultime amministrative. Il nostro è inviato a Genova. Il collegamento audio è difettoso. “Celata mi senti?”, inquisisce Mentana con crescente stizza. Celata non lo sente. Il direttore ne prende atto, con la stessa serenità di un toro per le stradine di Pamplona: “È una scena patetica. Ma lui è il simbolo di queste cose”.
È il culmine di una carriera costruita, come dicevamo, su una resistenza ai cazzotti del capo degna di un pugile professionista. “Dove sei?”, lo apostrofa Mentana durante un altro collegamento, ancora dalla sfortunata Genova. “Stai girando ramingo? Ti sei perso? Sei ubriaco! Una scena deplorevole! Fategli la prova del palloncino”. Lui ride, si schernisce. “Tu sei uscito da un’enoteca, ci arrivi in autobotte in albergo”, insiste il direttore. Poi il commiato: “Grazie al nostro Paolo Celata. Vai a dormire. O in un’altra enoteca”.
Il nostro, che vive ormai in uno stato di comprensibile ansia, ogni tanto se la cerca. È in grado di produrre gaffe meravigliose in totale auto- nomia, senza il bisogno delle cattiverie di Mentana, come quando ha confuso Tiziano Renzi con Tiziano Ferro. Ma il Celata ridens ha un’altra dote da tenere in conto: non si prende troppo sul serio.
SORRIDI SORRIDI, in cas sa incassa, il soldato Celata è diventato uno dei volti della rete. Si è guadagnato i galloni. Nelle serate agostane in cui persino Enrico Mentana si riposa in vacanza, è proprio lui a sostituirlo alla conduzione del tg. A modo suo. Pulito, professionale. Un po’ timido ma a volte pure un po’ guascone ( nel tentativo – non sempre riuscitissimo – di imitare il carisma del capo). Talvolta goffo, comunque affabile. Nella Coppa Cobram del giornalismo italiano ha superato salite e curvoni: resta in sella malgrado tutto.
Sono cambiate tante cose negli ultimi mesi, ma in Matteo Renzi la passione ornitologica è rimasta intatta. Il suo primo pensiero nell'apprendere i dati Istat sull’aumento del Pil (+ 0,4%) è subito corso ai rapaci notturni ai quali ha dedicato tutti i suoi maggiori successi: “I dati #ISTAT di oggi smentiscono i gufi. Ma non basta dire che i #millegiorni hanno rimesso in moto l'Italia: ora bisogna andare #avanti”. Mille giorni di me e di voi, amici gufi, in cui l'Italia ha preso il volo. E, dopo la settimana di Ferragosto, è giusto rivendicare come anche l'Assunzione della Madonna sia un ulteriore successo del Jobs Act.
Donald Trump è tornato sul luogo del delitto. Il presidente Usa era stato costretto a rettificare il discorso fatto a caldo dopo le vicende di Charlottesville e a trasformare una presa di distanza generica nei confronti di tutte le violenze in una condanna dei suprematisti bianchi. Trump però non ha resistito: non è chiaro se a muoverlo siano state le antiche promesse a quel certo elettorato o semplicemente le ragioni del cuo- re. Fatto sta che il tycoon ha fatto retromarcia per dichiarare che le colpe di quanto accaduto sono da attribuire in parte anche alla sinistra che manifestava contro i nazionalisti: “Da una parte c’era un gruppo che era molto aggressivo e dall’altra c’era un gruppo che era molto violento”. Trump ha ragione, anche la sinistra ha delle colpe: la principale è quella di non aver saputo trovare un candidato decente da contrapporgli.
Subito dopo l'attentato di Barcellona il direttore Sallusti commenta l'accaduto così: “Barcellona, chiunque sia stato è una fottutissima belva. E che la Boldrini e i suoi amici mi denuncino pure per offesa via web”. L'evidente consequenzialità logica dell'affermazione non potrà sfuggire. che di Mario Draghi è stato il falco per antonomasia Wolfgang Schauble. Il ministro delle Finanze tedesco si è schierato contro le riserve della Corte costituzionale tedesca sulla legittimità del Quantitative easing: “Non condivido questa opinione. La Bce sta facendo ricorso a ogni strumento disponibile per portare a termine il compito diabolicamente difficile di attuare una politica monetaria unica che vada bene per Paesi
AMORI VOLATILI IL PRIMO AMORE NON SI SCORDA MAI
diversi”. E se lo dice uno dei politici più spietati e intransigenti d'Europa c'è da fidarsi.
COME I CAVOLI A MERENDA NON CI AVRETE MAI
“Barcellona città di pace. Il terrore non ci renderà diversi da quello che siamo. Restiamo una città aperta al mondo, coraggiosa e solidale. Non permetteremo a questi attacchi di cambiare le nostre abitudini”. Così Ada Colau, sindaca di Barcellona, risponde agli attacchi terroristici. Ci vuole molto coraggio a non chiudersi in un guscio di panico e odio.Ci vuole molto coraggio a non farsi trasformare in quello che non si è mai voluto essere.