L’impero romano oltre il dibattito sulla cittadinanza
Che il dibattito sulla cittadinanza non trovi alcun confine è confermato dalla surreale, ma divertente, polemica che ha travolto la Bbc rea di aver trasmesso un cartoon sull’impero romano in cui appare un centurione africano, insomma di pelle scura. Un centurione subsahariano? Apriti cielo!, ma la bufera finisce per investire persino un’a ut or ev ol e studiosa di Cambridge, come Mary Beard, linciata su Twitter per aver difeso la Bbc e riconosciuto il feno- meno di assimilazione e il segno del pluralismo culturale e multietnico dell’impero romano, culminato con la concessione universale della cittadinanza voluta da Caracalla nel 212 d.C. Soltanto la più becera ignoranza, indissolubilmente coniugata con l’intolleranza, può provocare reazioni simili. Basta poco per sapere come stessero le cose. Basta sfogliare qualche testo antico per sapere, per esempio, che uno degli imperatori più noti, Settimio Severo, fosse libico, o che nel 244 d.C. giungesse al soglio imperiale Filippo l’Arabo. Zosimo, funzionario dell’impero, così ne parla: “Di origine araba, pessimo popolo, e innalzato dalla fortuna partendo da una condizione non elevata, appena assunse la carica (di prefetto del pretorio) fu preso dall’ambizione di occupare il potere imperiale (Zosimo, Storia nuova1.18.3). Non di nobili natali e di (disprezzata) etnia araba, eppure Filippo divenne capo del più potente e longevo impero dell’antichità. È chiaro dunque che una certa opinione pubblica britannica, ancora sotto la sbornia della Brexit, realizzi una sorta di eterogenesi dei fini: nel nome di un isolamento anglosassone si fa stravagante portavoce di un’inesistente purezza razziale di un impero multitenico. A studiare!