“I sindaci del Partito del Cemento e 27 mila richieste di sanatoria”
Nonostante i disastri, i sindaci si schierano per il cemento selvaggio: “Nessun legame coi crolli”. De Luca ondivago
Sfilarono in cinquemila lungo le vie di Ischia, nel gennaio del 2010, per chiedere di fermare il programma di demolizione di ben 600 case abusive che la Procura di Napoli aveva dato mandato di eseguire nei sei Comuni dell’isola. Una protesta che per mesi ha coinvolto istituzioni e cittadini a difesa di una violazione di legge etichettata come “abusivismo di necessità”. Questa definizione tornerà più volte nel racconto della difesa a oltranza delle costruzioni abusive nell’arcipelago partenopeo. Allora, il comitato creato ad hoc contro le ruspe distribuì 10 mila volantini al grido di “fermiamoli” e animò diverse manifestazioni. Nel frattempo i sei sindaci dei Comuni di Ischia, assieme a quello di Procida, minacciarono di dimettersi, forti di un sostegno bipartisan alla manovra, se l’allora governo Berlusconi non avesse ammesso l’isola tra i beneficiari del terzo condono edilizio.
L’arcipelago ne era stato escluso in considerazione del suo valore paesaggistico e ambientale. Il tutto appena due mesi dopo che una frana a Casamicciola aveva ucciso una quindicenne, travolta e gettata in mare del monte Eponomo, martoriato dal cemento e senza le giuste vie di sfogo per acqua e detriti. La protesta andò avanti a lungo. Tra i sindaci barricaderi spiccava Giosi Ferrandino: dal 2002 al 2007 alla guida di Casamicciola con Forza Italia, poi dal 2008 due volte primo cittadino di Ischia in quota Pd, ora finito a processo per presunte tangenti nell’i nchiesta sull’appalto alla Cpl Concordia.
SETTE ANNI dopo, in Campania si parla ancora di “abusivismo di necessità”. Nel marzo scorso, infatti, la giunta di Vincenzo De Luca ha approvato un disegno di legge contenente “Misure di razionalizzazione e semplificazione in materia di governo del territorio”. Il provvedimento, ha spiegato il governatore Pd della Campania, consentirà ai Comuni “di rilevare anziché abbattere gli immobili di interesse pubblico e che possono essere gestiti dai Comuni o dati in fitto a chi ci abita”. Ovvero: case e palazzine che dovrebbero essere demolite potranno essere recuperate per finalità sociali o affittate.
Il provvedimento potenzialmente salva dall’abbattimento circa 70 mila unità immobiliari abusive presenti sul territorio campano. A inizio agosto il governo ha impugnato il regolamento regionale, incassando la replica ironica di De Luca: “Ci stoppano la legge? Mi aspetto che venga l’esercito a demolire”, la provocazione del governatore.
Già nel 2014, con la giunta di centrodestra guidata da Stefano Caldoro, la Regione aveva chiesto di riaprire le pratiche rimaste bloccate dei pri- mi due condoni edilizi – quelli del 1985 e del ‘94 – concedendo una possibile sanatoria per le abitazioni della ‘zona rossa’ alle pendici del Vesuvio.
TRA CORRETTIVIdi legge e sanatorie mascherate l’u ni ca certezza restano i numeri, impressionanti, dell’abusivismo edilizio. Nel rapporto ‘Mare Mostrum’ dello scorso anno Legambiente stima 27 mila pratiche presentate a Ischia per i tre condoni edilizi e sintetizza la situazione parlando di “un ecomostro di cemento illegale, spesso costruito senza l’attenzione per la sicurezza degli abitanti, in un territorio estremamente fragile”.
Dati confermati dall’ingegner Sandro Simoncini, docente di Urbanistica e Legislazione ambientale all’Università Sapienza di Roma: “Solo per il Comune di Ischia sono state presentate 7.235 domande di condono in trent’anni, 4.408 delle quali risultavano ancora da evadere ad aprile dello scorso anno”. E sottolinea: “Molte di queste si riferiscono ad abusi che non possono essere sanati e che quindi, qualora le istanze fossero esaminate, sfocerebbero in ordinanze di demolizione”.
Dopo il sisma, De Luca è rimasto ondivago. Prima ha sostenuto che “a Ischia sono stati compiuti abusi di tipo criminale, con strutture in zone a rischio idrogeologico che vanno abbattute”. Poi, però, ha bacchettato lo “sciacallismo stupido delle questioni che non c’entrano nulla con il terremoto”.
I sindaci dell’isola, invece, restano fedeli alla loro linea e parlano di “inesistenti connessioni tra l’evento sismico e l’abusivismo edilizio”, perché i crolli “hanno interessato per lo più strutture antiche, tra le quali una chiesa già distrutta dal terremoto del 1883 e poi riedificata”.