Roma sfratta gli eritrei (quelli che si sentono italiani)
I colori sbiaditi della politica hanno spento i miei entusiasmi. Avevamo il “rosso” della sinistra, il “nero” della destra, il “bianco” del centro. Avevamo l’entusiasmo che ci faceva credere e sperare che le promesse fatte a noi elettori si concretizzassero davvero. Purtroppo non è così. La politica di sinistra ha tradito il popolo. La destra, appena è riuscita ad avere un poco di potere e se lo è gestito unicamente per la propria cricca. Il centro si è diviso di qua e di là entrando in coma profondo. Non fanno altro che litigare, accusarsi e ingiuriarsi reciprocamente. Il risultato finale è questo: restano inascoltati i bisogni e le sofferenze degli “ultimi”, che giorno dopo giorno aumentano sempre di più.
Ora, con le improbabili e mercenarie alleanze studiate a tavolino con il solo scopo di accaparrarsi le poltrone di comando, i politici della non politica hanno ridotto questi tre colori in una tinta sbiadita senza luce, senza ideali e senza storia.
Senza una vera integrazione resta solo la malavita
Camminano da soli, altre volte in gruppo. Parlano lingue diverse e sono figli di altri continenti o nazioni. La lingua per la maggior parte di loro non è mai stata un ostacolo, perché parlano e comprendono abbastanza bene l’italiano. Arrivano qui, con la speranza di cambiare il proprio destino o per garantire un futuro migliore alla propria famiglia, ma ogni giorno sono messi a dura prova a causa dell’integrazione. Convivere è la regola per gli immigrati che vivono in Sicilia. Si vive in tre, in quattro, ma anche in cinque. C’è chi riesce ad affittare una stanza, chi soltanto un letto, chi si arrangia. Occupano case vecchie e degradate, palazzi pericolanti, edifici industriali abbandonati. Un affitto in media può costare solo 100 euro, ma il bagno è forse l’unico servizio messo a disposizione, perché molti appartamenti sono privi di un’adeguata aerazione e appena la metà dispongono dell’allaccio al gas. A Catania e più in generale in Sicilia, gli immigrati ormai accedono anche ai cosiddetti “lavori inventati”: lava vetri ai semafori, parcheggiatori abusivi, venditori ambulanti, praticanti dell’accattonaggio all’esterno dei supermercati. Mentre le esasperazioni indotte dalla legislazione e dalla mancanza d’interventi concreti da parte delle CARO FURIO COLOMBO, mentre tutte le fonti di informazione erano intente a immaginare nuove misure di sicurezza per difenderci da pericolosi stranieri, mille eritrei, che vivono in Italia da anni, e a cui è stato riconosciuto il diritto d’asilo, sono stati forzati all’alba ad abbandonare un edificio pubblico abbandonato, che avevano occupato molti anni prima, da reparti di polizia in tenuta antisommossa.
Non c’è stato nessuno scontro, la polizia ha eseguito con prudenza un ordine insensato e gli ex profughi eritrei, con le loro masserizie ormai italiane sul marciapiede (le foto mostrano anche un grande ritratto di Gesù), avevano una sola domanda: adesso dove andiamo a dormire? LO SFRATTO È AVVENUTOa Roma nella stessa mattina in cui si stavano disponendo ostacoli in cemento sulle strade principali dopo la strage di Barcellona. L’idea di sgombrare un edificio pubblico abbandonato, che nessuna burocrazia voleva, e che anni prima era stato occupato e poi rimesso in ordine e abitato con ordine da mille persone, fra cui molte famiglie, quasi tutti gli adulti al lavoro, e mai nessun incidente, è ovviamente una idea sbagliata e totalmente sconnessa dalla realtà.
Ciò che è stato fatto, oltreché disumano, è anche incomprensibile, perché si tratta di un edificio pubblico, dunque dello Stato, lo stesso Stato che ha il compito e il dovere costituzionale di provvedere a dare un tetto a profughi legali come quelli di cui stiamo parlando. Adesso quell’edificio resterà per anni con impalcature istituzioni portano sempre più cittadini stranieri ad accettare compromessi anche con la malavita. Sono spaccati di vita che osservi da dietro un vetro, in uno sguardo fugace lungo le strade, fermo al rosso di un semaforo.
Rai, aumentano gli introiti ma il canone resta uguale
Gli abbonati Rai sono aumentati di 5,5 milioni. Non sono maturi i tempi per ridurre notevolmente il canone?
Siete affetti da “imagopatia” se una foto conta di più
D’estate si scatena la battaglia delle foto “postate”. Un conflitto totale, senza esclusione di colpi, dove ognuno cerca di apparire più fico degli altri, pubblicando luoghi, situazioni, persino pietanze, pur di vincere la gara dei commenti. Con il tempo, questa mania è di- fittizie e vuote, senza alcuna destinazione, mentre mille persone sono state lasciate cadere nella consueta trappola burocratica: sgombrare all’alba, senza preavviso, per far contento qualche gruppo politico, o abbellire il curriculum di qualcuno, ma non curarsi del dove andranno gli sfrattati a depositare il loro grandissimo quadro di Gesù e tutta la loro roba acquistata un po’ per volta nella loro vita italiana. Come fanno i vari prefetti coinvolti in vicende come queste a non sapere che la vera difesa di una città (a parte le giuste precauzioni) sono mille persone come queste, ormai profondamente legate all’Italia (fino a poco fa)?
Come è possibile che un governo civile esegua uno sfratto (se fosse davvero necessario) senza preoccuparsi dei mille esseri umani messi, con le loro cose, sulla strada, senza un pensiero al mondo sul dove andranno a dormire?
Certo, molti lettori ricorderanno l’Inghilterra industriale e crudele di Charles Dickens, di Oliver Twist, della prigione per debiti.
Ma quello era l’esordio del capitalismo prima delle lotte popolari e operaie e del grande benessere che quelle lotte hanno portato ad agiati e disagiati. Il governo, in Italia, sarebbe di sinistra, ma a quanto pare questo dettaglio non interessa a nessuno, non al ministro, non al burocrate, non ai media.
00184 Roma, via di Sant’Erasmo n°2 lettere@ilfattoquotidiano.it ventata patologica. Potremmo chiamarla “im ag op ati a”, un disturbo del comportamento che trasforma persone normalmente gradevoli in molesti cacciatori di inquadrature. Che pretendono di allestire dei set, obbligando il gruppo ad assumere pose ed espressioni che loro ritengono più comunicative del divertimento in corso, incuranti di quanto gli altri stiano facendo. Così, l’“imagopatico” assume un atteggiamento bipolare.
Passa dal disturbo debordante del gruppo, all’isolamento compulsivo mentre è intento a vedere le foto che hanno fatto gli “avversari”, per capire se sta perdendo posizioni o acquisendo vantaggi.
Guai se scopre un’immagine più suggestiva di quelle che ha collezionato.
Inizierà a torturare tutti per fare lo scatto della riscossa, dove appaia che “siamo in un posto fichissimo e ci stiamo divertendo da matti”. L’unico rimedio per difendersi dall’imagopatico è sottrarsi subito alle sue richieste.
Si passa per scorbutici, ma almeno ci si salva la vacanza.
I social non sono la vita reale, quella conta molto di più
Tutti i giorni tramite telegiornali, cellulari e giornali, non ci manca nulla e in pochi secondi abbiamo tutta l’informazione che vogliamo. I social network ci hanno allontanato dalla realtà della vita di tutti i giorni e anche se hanno avuto un forte impatto sulla nostra società, questi risultati sono comunque un dato di fatto. In molti sostengono che la loro influenza sia stata talmente rilevante da generare un cambiamento sociale. Cambiano le nostre relazioni e la nostra vita, ma ricordiamoci, soprattutto i più fragili, che la vita reale conta di più. DIRITTO DI REPLICA
Ho letto l’articolo di Antonella Mascali pubblicato ieri sul giornale sotto il titolo: “Rieccolo. Berlusconi una condanna e mille processi, etc”. Nell’articolo è scritto in particolare quanto segue: “L e gge Tremonti: il governo Berlusconi del ’ 94 vara un decreto che detassa del 50% gli utili reinvestiti dalle imprese, se riguardano “beni strumentali nuovi”. Mediaset risparmia 243 miliardi di lire di tasse sull’acquisto di diritti per i film che, però, sono beni “i m m a t e r i ali ”. Una provvida circolare interpretativa del ministro Giulio Tremonti mette tutto a posto…” Al riguardo mi permetto di notare: a) la legge citata ha costituito il primo caso di utilizzo sistematico dello strumento fiscale per finalità di politica industriale, sociale, azionaria.
La legge detassava infatti chi investiva, chi assumeva personale, chi apriva la sua proprietà quotandosi in Borsa.
Ancora oggi le detassazioni 4.0, i bonus assunzione, etc. sono solo varianti ( se posso notare più complicate) rispetto allo schema originario; b) i beni industriali oggetto possibile di investimento agevolato c’erano tanto i beni materiali quanto i beni immateriali. Limitare ai primi il campo di applicazione della legge sarebbe stato assolutamente irrazionale. Escluderne per legge una particolare società sarebbe stato lievemente incostituzionale.
In ogni caso va notato che l’a p p l icazione della legge fu intensissima, tale da interessare una vasta quota dell’economia italiana; c) non sono stato l’autore della “provvida circolare interpretativa”. Questa è stata infatti emessa nel corso del 1995 dal Ministro Fantozzi ( Governo Dini). A riprova del fatto che si trattava comunque di un provvedimento corretto faccio notare che analogo dispositivo è stato ripreso nel corso del 2000 dal ministro Visco ( Governo Prodi).
Furio Colombo - il Fatto Quotidiano
Il provvedimento di riferimento è la cosiddetta legge Tremonti (decreto legge 357 del 10 giugno 1994, convertito in legge l’ 8 agosto). La circolare “i n te rp re ta t i va ” o, come l’ha già definita lei, “d’i s t r u z i o n e” non è quella del ministro Fantozzi ma è proprio la circolare a sua firma ( n° 181, 27 ottobre 1994) in cui vengono inclusi i beni “i m m a te r i a l i ”, come quelli di Mediaset.