Telefonare ore pasti: il centrosinistra aperto di Martina
Avete presente Maurizio Martina? No? Non preoccupatevi, siete in buona compagnia. Comunque si tratta del ministro dell’Agricoltura, nonché – da qualche mese – del vicesegretario del Pd, compito che svolge in piena autonomia, tanto che a volte esce di sera per andare alle Feste dell’Unità senza il permesso di Renzi. Ecco, il buon Martina è appassionato di filosofia: è escatologo, tendenza Jovanotti. Quello che chiameremmo il suo pensiero ruota infatti attorno alla massima “esiste solo una grande chiesa che va da Che Guevara a Madre Teresa”. Insegnamento che il nostro applica a ogni aspetto della vita: ieri per dire, sul Corsera, ha proposto di “unire, attorno al Pd, un fronte che va dalla sinistra dei diritti di Giuliano Pisapia al riformismo di Carlo Calenda, fino a un’area moderata alternativa al centrodestra”. Il modo, quest’ultimo, in cui si dice Alfano in “martinese”: se ne deduce, sia detto en passant, che Pisapia è Che Guevara e Angelino Madre Teresa. Vabbè, grande chiesa sia: ma per fare che? “Costruire un’alternativa forte agli estremisti”. Sì, certo, giusto, ma come? “Dare priorità all’occupazione giovanile, anche col taglio permanente del costo del lavoro per i neoassunti”, “mettere mano ai centri per l’impiego, consolidare l’Ape”(il prestito pensionistico) e “rafforzare il reddito di inclusione”. Tradotto: sgravi alle imprese, precarietà ma più efficiente, pensionati in mano alle banche e un po’d’elemosina. Il progetto, promette Martina, è “aperto”: “Non metto veti”. Ah, è aperto? Allora facciamo così: Maurì, chiamiamo noi.