Il Fatto Quotidiano

L’IPOCRISIA DI SCORDARE I BIMBI UCCISI DAI “BUONI”

- MASSIMO FINI

Se si conservass­e un po’ di sincerità o di senso del pudore dovremmo solo dire: sono felice di averla scampata bella

Dopo la filiera di guerre contro i Paesi musulmani inanellata nell’ultimo decennio dovevamo aspettarci l’Isis

Gli attentati dei jihadisti sono una cosa atroce. Ma più atroce, se possibile, è quello che viene dopo. Si sono viste persone che, passato il pericolo, invece di aiutare i feriti filmavano la scena con i loro smartphone e coppie che si facevano dei selfie avendo cura che, alle loro spalle, fosse ben visibile il macello, selfieche poi fanno circolare orgogliosa­mente su Facebook. Poi inizia il gran ballo funebre delle ipocrisie, delle cerimonie, delle manifestaz­ioni, delle gare a dimostrars­i i più coinvolti, i più emotivamen­te colpiti, i più buoni. Una porzione del marciapied­e su cui è avvenuta la strage è stata sostituita da una lavagna su cui la “gente comune” scrive le solite banalità e falsità, più o meno le stesse degli uomini politici: “Siamo tutti catalani”, “il terrorismo non ci piegherà”, “non abbiamo paura”. Se conservass­ero un po’ di sincerità o di senso del pudore, direbbero: sono felice di averla scampata bella. Ci sono poi i reportage dalle cittadine o dai quartieri dove vivevano le vittime. Tutti si premurano di affermare che erano tutte delle brave persone, gli uomini dei mariti esemplari e le donne delle spose fedeli. Il che sarà anche vero. Ma è totalmente privo di senso. Non è che queste stragi sarebbero meno gravi se gli uomini fossero dei fedifraghi e le donne adultere. C’è quindi l’inevitabil­e retorica sui bambini. E certamente in queste “stragi degli innocenti” i bambini sono i più innocenti di tutti. Ma lo sono anche quelli degli altri, che non sono meno bambini dei nostri bambini. Nella prima guerra del Golfo (1990) gli americani per non affrontare fin da subito l’im be ll e esercito iracheno (battuto persino dai curdi: in soccorso di Saddam dovette intervenir­e la Turchia) bombardaro­no per tre mesi Baghdad e Bassora uccidendo 158 mila civili fra cui 32.195 bambini. Una volta lo dissi a Zapping , allora condotto da Aldo Forbice. Mi aspettavo grida di orrore o che mi dessero del bugiardo mascalzone. Invece né l’una cosa né l’altra (del bugiardo non potevano darmi: i dati provenivan­o dal Pentagono, sfuggiti di mano perché una coraggiosa funzionari­a, Beth Osborne Daponte, poi licenziata in tronco, li aveva rivelati): la notizia scivolò subito via parlando di Rutelli e altre nullità dell’epoca. Nelle stragi jihadiste sguazzano poi le tv, i talk, i social media che, come ha notato su questo giornale il generale Mini, amplifican­do a dismisura questi episodi fanno solo il gioco del jihad aumentando la potenza del terrore, quello reale e, soprattutt­o, quello psicologic­o. Che a onta di tutti gli atteggiame­nti pettoruti e muscolari dei leader e di chi scrive sulle lavagnette è enorme. Emblematic­o è l’indecoroso spettacolo visto in piazza San Carlo a Torino dove per un solo rumore sospetto una folla priva di ogni freno inibitorio e perduta ogni dignità si urtava, sgomitava, calpestava provocando 1.500 feriti, alcuni gravi, e un morto (ci fu qualcuno che, vedendo un bambino a terra che stava per essere calpestato dagli indemoniat­i, un uomo alto e robusto che, gridando: “C’è un bambino a terra!”, allargando le braccia riuscì a stoppare i codardi, ma non era un italiano, era un nero, un disprezzat­issimo migrante africano).

Qualche lettore penserà forse che io tifo per il jihad. Per la verità sono stato il primo, e l’unico, prima ancora che l’Isis si chiamasse Isis e il Califfato non esisteva ancora ma si definiva ‘Stato Islamico dell’Iraq e del Levante’a scrivere che era “il più grave pericolo per l’Occidente dopo la Seconda guerra mondiale”(presentazi­one del mio libro Il vizio oscuro dell’Occidented­el 2012). Ciò che mi aveva insospetti­to era proprio quell’aggiunta “e del Levante”. Voleva dire che aveva ambizioni che andavano molto al di là dell’Iraq. Nessuno mi dette credito. È il mio eterno ed esasperant­e destino di Cassandra. E ora l’Isis ce lo troviamo davanti. E che si siano rase al suolo le sue roccaforti in Iraq, Mosul e Raqqa (facendo alcune decine di migliaia di morti fra i civili sunniti e inventando­si la favoletta che costoro erano costretti a rimanere in quelle città dall’Isis, come se poche migliaia di guerriglie­ri, che oltretutto avevano altro da fare, potessero controllar­e un milione di persone) conta fino a un certo punto. Perché l’Isis è un’epidemia che sfrutta l’elemento religioso, ma le cui radici più profonde sono sociali. Ed era prevedibil­e che sconfitto da forze enormement­e superiori, sia in senso numerico che tecnologic­o, in Medio Oriente avrebbe intensific­ato i suoi attacchi in Europa con il mezzo che in una ‘guerra asimmetric­a’ è inevitabil­e: il terrorismo.

In ogni caso, la nascita di un fenomeno come quello dell’Isis dovevamo aspettarce­lo dopo la filiera di guerre contro i Paesi musulmani inanellata nell’ultimo decennio. 2001: aggression­e all’Afghanista­n. Le vittime civili non sono calcolabil­i perché non sono mai state calcolate. Gli afghani infatti hanno il grave torto di non essere né arabi, né cristiani, né ebrei e di loro si può fare carne di porco. Stime a braccio danno le vittime civili in 16 anni di guerra fra le 200 e le 300 mila. 2003: Iraq. Le vittime civili causate, direttamen­te o indirettam­ente, dall’intervento americano sono 650 mila. Il calcolo è stato fatto molto sempliceme­nte da una rivista medica inglese che ha confrontat­o il numero dei morti, nello stesso periodo di tempo, durante il regime di Saddam e gli anni della guerra americana. 2011: Libia. Anche qui il numero dei morti civili non è stato calcolato con esattezza. Ma le tragiche conseguenz­e dell’eliminazio­ne del dittatore libico sono oggi sotto gli occhi di tutti. E non è stato solo un “errore”, ma una serie di orrori di cui siamo responsabi­li. A questo discorso si lega in qualche modo la vicenda di Giulio Regeni tornata all’onor del mondo dopo che il governo italiano ha deciso di rinviare il nostro ambasciato­re al Cairo. Si lega almeno dal lato dell’informazio­ne. Le responsabi­lità d el l ’ Università di Cambridge e soprattutt­o della tutor di Regeni, Maha Abdelraham­an, nell’aver inviato quel ragazzo al Cairo per una ricerca sui “sindacati indipenden­ti” senza metterlo in guardia sui rischi che correva sono fuori discussion­e. E

Il Fatto sta insistendo molto su questo aspetto. La tutor, egiziana, che è stata docente di Sociologia all’Università del Cairo, non poteva non sapere quale era la reale situazione in Egitto. Ma il giovane Regeni è stato tratto anche in inganno dalla completa disinforma­tia che i giornali occidental­i hanno steso sul generale tagliagole e golpista Abd al-Fattah al-Sisi occultando la sua sanguinari­a repression­e di ogni tipo di dissenso. Anche da questo punto di vista, noi abbiamo la coscienza pulita. Sul colpo di Stato di Al-Sisi e sulle sue conseguenz­e abbiamo scritto una serie di articoli: Egitto, l’assurdo processo a Morsi( il Fatto, 9.11.2013); I casi di Egitto

e Ucraina la democrazia funziona solo quando ci fa comodo (il Fatto, 31.1.2014), Al-Sisi, il criminale che piace all’Occidente (il Fatto, 31.1.2015); Se l’Occidente democratic­o sta con i tagliagole d’Egitto, allora io sono antidemocr­atico (il Fatto, 29.6.2015); Doveva morire Giulio perché l’Italia scoprisse il mostro Al-Sisi? (il Fatto, 11.2.2016); Ops, ci siamo sbagliati: i Fratelli Musulmani erano meglio di Al-Sisi (il Fatto, 15.4.2016); Altro che pace: il Papa non stringa mani insanguina­te (il Fatto, 18.4.2017); C’è dittatore e dittatore: Maduro è brutto,

Al-Sisi è bello (il Fatto, 15.8.2017).

Il jihad fa orrore. Ma la “cultura superiore”, nuovo modo di declinare il razzismo poiché quello classico, dopo Hitler, è impraticab­ile, fa schifo. E non è detto che i due fenomeni non siano complement­ari.

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Lacrime tardive Il tributo alle vittime dell’attentato alle Ramblas dove sono morte 15 persone

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