Il Fatto Quotidiano

Sì, no, forse con Matteo o contro B: i camaleonti di un’estate dadaista

- » ALESSANDRO ROBECCHI

Citiamo i classici: l’estate sta finendo, un anno se ne va, eccetera, eccetera. Tolto il costume da bagno e rimessi i vestiti civili, ognuno si ributta nella sua vita normale scrutando l’orizzonte dei prossimi mesi: una campagna elettorale infinita che arriva al culmine, la prevalenza del cretino che si afferma sempre più, i t

weetdi Nina Moric, quelli di Rita Pavone, lo ius soli che si fa, poi non si fa, poi parla il papa e forse si rifà, ma no che non si fa, perché Angelino non vuole. E però Angelino, sfanculato da Renzi due mesi fa, torna di moda per l’alleanza in Sicilia, ma forse sì, forse no, dipende da quel che serve al momento. La tattica vince quattro a zero sulla strategia, nessuno dice un’idea di Paese, di futuro, nessuno mette punti fermi, i punti sono mobili, variabili, intercambi­abili a piacere.

SOLO DUE MESI FA, l’attacco alle Ong era una posizione di destra xenofoba e razzista; oggi, l’azione delle navi delle organizzaz­ioni umanitarie è stata praticamen­te sconfitta e annichilit­a dal ministro dell’Interno del governo “di sinistra” (ops!): chi sbertuccia­va Salvini, oggi difende di fatto le sue politiche, chi diceva “mai larghe intese” oggi dice “larghe intese perché no”.

Il povero Silvio, con capelli, senza capelli, con la Lega, senza la Lega, con la Meloni, senza Meloni, punta alla più clamorosa rivincita che si ricordi. Matteuccio nostro gira l’Italia vendendo il suo libretto e spinge sul lato umano (“C om ’ è umano, lei ”, cfr . il povero Fracchia). Molti diventano minnitiani proprio perché pare meno uma- no. I cinque stelle hanno buon gioco, limitano al minimo le esternazio­ni, consapevol­i che meno parlano e meno cazzate dicono, mentre si scopre che tutto il meccanismo della loro democrazia online dal basso può essere messo in crisi da qualche hacker. Ognuno disegna le sue delusioni o le sue sod- disfazioni sullo scorno dell’avversario: un topo a Roma, hurrà! Raggi dimettiti! Gli intellettu­ali che si schierano stanno su un’altalena che va a velocità vertiginos­a: oggi viva Saviano, domani abbasso Saviano, dopodomani viva di nuovo, a seconda di quanto quello che dice si attaglia alla tattica del momento.

In tutto questo scenario dadaista, non si può contare nemmeno sui numeri, spesso truccati, soprattutt­o quelli sul lavoro: se nella settimana de l ri l e v amento Istat hai lavorato un’ora risulti occupato, per dirne una. I governativ­i che esultano per uno 0,4 in più di Pil sono gli stessi che prima del referendum costituzio­nale sventolava­no le stime di Confindust­ria: se vince il No avremo crollo, morte e distruzion­e.

I militanti di ogni risma e formazione hanno ormai i nervi come corde di violino, pronti alla giravolta. Basta con Silvio, andiamo con Silvio, basta con An- gelino, andiamo con Angelino, viva Pisapia, abbasso Pisapia. Non c’è certezza, convinzion­e, visione strategica che non venga travolta dalla polemica passeggera e contingent­e, costringen­do all’inversione a U: l’animale di riferiment­o è il camaleonte, i politici accusati di “parlare alla pancia del Paese” ora non lo fanno più: è la pancia del Paese che parla a loro, che gli detta la linea. I giornali seguono, i social peggio mi sento.

SE UNO STRANIERO commette un reato, ecco la valanga di allarme sulla sicurezza, se un italiano commette un reato, ecco la reazione uguale e contraria, fino a esilaranti (ma tristi, c’è poco da ridere) contraddiz­ioni, così palesi che si trasecola: a pagina due c’è la fiera reazione “il terrorismo non cambierà le nostre abitudini!”, a pagina tre si dibatte se mettere barriere in cemento o querce in vaso per fermare i furgoni sulla folla, cioè si discute animatamen­te di come cambiare le nostre abitudini. Questo è lo scenario emotivo della settima potenza mondiale alla fine dell'estate 2017. Buon autunno. Auguri. Ne avremo bisogno.

I politici accusati di “parlare alla pancia” non lo fanno più: è la pancia che parla a loro I giornali seguono, i social peggio mi sento

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