SCAMPATI AI VIOLENTI TROVANO VIOLENZA
EGREGIO FUNZIONARIO della Polizia di Stato, ci spieghi: ma secondo Lei, quante violenze deve subire un rifugiato, prima di sentirsi al rifugio? Al rifugio da chi e da cosa sarebbe, qui da noi, se non dai violenti e dalle loro violenze? L'abbiamo vista inseguire i rifugiati e ordinare ai suoi colleghi: “Questi devono sparire, peggio per loro. Se provano a tirare qualcosa, spezzategli un braccio”. Spezzare un braccio? A chi è qui, tra noi, proprio perché gli abbiamo dato rifugio da guerre e altre violenze? A chi ha sopportato l'esodo fra trafficanti di persone, lager libici, barconi e naufragi imminenti? Si dirà: hanno rifiutato altre sistemazioni e reagito a uno sgombero. Vero. Quindi possiamo spezzargli le braccia? Noi, che li abbiamo accolti proprio per garantire che nessuno, mai più, gliele avrebbe spezzate? Lei esegue e impartisce ordini. E deve farlo a voce alta: il ruolo le impedisce il lusso dell'ipocrisia. In un Paese dove – come ieri nel Piacentino – c’è chi scrive sui muri “No ai neri, no all’invasione” per impedire l’accoglienza di 15 profughi minorenni, le sue parole svelano la realtà: c’è sempre meno rifugio per i rifugiati. C'è ancora violenza. La nostra. Ma c’è anche quel suo collega che ieri, dinanzi alle lacrime di una donna eritrea, le ha accarezzato il viso. Non è la soluzione. Ma è compassione. E la compassione è la porta di qualsiasi rifugio.