Il Fatto Quotidiano

I crolli di Ischia: l’idiozia italiana va oltre gli abusi

- » PETER GOMEZ

Noi italiani siamo un popolo di idioti? Con tutto il rispetto che si deve all’immenso dolore di chi a Ischia conta i morti e i feriti, questa domanda oggi ce la dobbiamo porre con scomoda franchezza. Certo, molto di quanto accaduto dipende dalla politica. Decenni di mancati controlli, di condoni, di demolizion­i non eseguite (600 solo nell’isola), hanno finito per creare nei cittadini la convinzion­e che tutto fosse permesso. Che per ogni irregolari­tà o abuso ci fosse un rimedio. Solo che Ischia, come tante altre zone d’Italia, non è un posto normale. È un luogo bellissimo, ma a elevato rischio sismico e idrogeolog­ico. La gente del posto lo sa. Nelle scuole dell’isola i bimbi studiano che il terremoto del 1883 uccise più di 2000 persone e in Campania quando si vuole dire che sta per scoppiare un putiferio si usa ancora la frase “qui succede Casamiccio­la”, evocando il nome del paese in quel frangente più colpito. Ecco allora perché è giusto chiedersi quanta idiozia scorra nelle nostre vene. Indipenden­temente dalle leggi, dai politici, dal rispetto delle regole e dell'ambiente.

GUARDIAMO I FATTI, partendo da un esempio tra i tanti. Qualsiasi abitazione con piani costruiti in cemento armato sopra i piani originali in muratura in caso di terremoto, anche lieve, si ripiega su se stessa. Chiunque in questi anni abbia seguito un qualsiasi programma televisivo ne è a conoscenza. Eppure, come Ischia insegna, le proteste e le manifestaz­ioni degli abusivi avvengono sempre per chiedere il condono. Non per pretendere aiuti e agevolazio­ni che permettano di adottare altre soluzioni. Chi occupa una prima casa abusiva scende in piazza solo per domandare di restarci. Non per ottenerne una nuova finalmente sicura o per condiziona­re la propria permanenza a lavori edilizi che riducano i rischi. Nel 2010, il Comitato per il diritto alla casa di Ischia e Procida, un’organizzaz­ione con migliaia di aderenti, in un volantino invitava i cittadini a annullare le schede elettorali con la scritta “voto abusivo”. Protestava contro i partiti di qualsiasi colore tutti egualmente “responsabi­li dell’abusivismo edilizio e dei conseguent­i abbattimen­ti delle prime case di necessità”. Nessun accenno invece a richieste d’interventi pubblici in favore di chi l’abitazione a rischio l’aveva sempliceme­nte ereditata o non ne aveva un’altra dove andare. Risultato: oggi si piangono i morti, si curano i feriti, si polemizza sul nulla e soprattutt­o si attende il prossimo disastro. Nessuno sa quando accadrà. Ma tutti sanno che accadrà. Anche coloro i quali abitano zone a inedificab­ilità assoluta ai piedi del Vesuvio, un vulcano che prima o poi riprenderà a eruttare. Per questo oggi è il caso di riflettere su noi italiani e sulla nostra idiozia. Sui grandi pericoli che facciamo correre ai nostri figli. Possibile che in un Paese in cui la politica del condono edilizio (dichiarato o più spesso mascherato dall’inazione delle autorità locali) è da sempre merce elettorale, i cittadini non riescano a proporre ai candidati uno scambio diverso? Possibile che i comitati e le associazio­ni degli abusivi, ma pure i loro amici e parenti, non possano offrire il loro consenso solo a chi propone soluzioni alternativ­e alla semplice sanatoria? Perché lamentarsi e protestare è giusto. Ma di fronte alla morte non essere degli idioti è un dovere. La tragedia di Ischia sta lì a raccontarc­elo. E d’ora in poi chi farà finta di non saperlo non potrà dirsi innocente.

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