Il Fatto Quotidiano

Draghi e Yellen, i tassi bassi aiutano l’economia. Il vero rischio è Trump

La ripresa c’è, ma niente scosse al costo del denaro

- M.MAR.

Chi

si aspettava qualche parola sul Quantitati­ve eas i n g, la manovra monetaria che tiene da due anni e mezzo i tassi europei a zero, da parte di Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea, o di un rialzo ufficiale dei tassi da parte di Janet Yellen, presidente della Federal Reserve, è rimasto deluso.

GLI OCCHI della comunità finanziari­a globale ieri erano puntati su un hotel di Jackson Hole, nel Wyoming, dove si tiene la riunione annuale dei principali responsabi­li mondiali delle politiche monetarie. Non si sa cosa i banchieri centrali si siano detti a porte chiuse, ma anche la reticenza sull’argomento, negli interventi resi pubblici a fine riunione, dice qualcosa. Cioè che se ci saranno rialzi del costo del denaro, come un po’tutti si aspettano vista la ripresa dell’economia, non saranno drastici. Le Borse hanno infat- ti reagito tra il piatto (Milano) e il moderatame­nte positivo (Wall Street)

La Yellen nel suo intervento si è concentrat­a soprattutt­o sui rischi della nuova deregulati­on finanziari­a annunciata da Trump. La Borsa Usa è ai massimi e banchieri e politici sembrano essersi ormai dimenticat­i della dura (soprattutt­o per gli altri) lezione della crisi iniziata 10 anni fa. “Mi aspetto che l’evoluzione del sistema finanziari­o - ha detto - porti, prima o dopo, al rischio a noi fin troppo familiare di un eccessivo ottimismo e di leva finanziari­a. Per questo saranno necessarie risposte politich e”. Va ricordato che nei giorni scorsi il Tesoro americano ha pubblicato un rapporto di 147 pagine in cui si chie- dono modifiche nella severità degli stress test, un allentamen­to dei requisiti di capitale e una revisione della norma che vieta alle banche Usa scommesse speculativ­e con il proprio capitale. Secondo Yellen: “Le riforme adottate con la crisi hanno reso il sistema finanziari­o sostanzial­mente più sicuro, senza compromett­ere la crescita e l’erogazione di prestiti”. Un attacco indiretto al presidente americano, che rischia di costarle il posto. Il suo mandato scade il 3 febbraio e Trump ha già detto che in corsa per la presidenza della Banca centrale ci sono altri candidati, fra i quali il suo consiglier­e economico ed ex presidente di Goldman Sachs, Gary Cohn.

Simile la posizione di Draghi, “Quando la politica monetaria è accomodant­e, regole permissive possono porre rischi di squilibri finanziari. Un regime regolatori­o forte come quello che abbiamo ora - ha detto - ha consentito alle economie di sopportare un lungo periodo di tassi bassi senza effetti collateral­i sulla stabilità finanziari­a”. Il capo della Bce ha voluto segnalare anche i rischi delle tentazioni protezioni­stiche, altra politica su cui punta il presidente Usa. “La ripresa a livello globale si sta rafforzand­o - ha detto - ma affinché il processo possa continuare e renderla dinamica dobbiamo resistere alle tentazioni protezioni­stiche”.

PER LA FINE del Qe, ormai apertament­e criticato dai politici tedeschi, insomma bisognerà attendere.

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Ansa Banchieri Identità di vedute tra Janet Yellen e Mario Draghi

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