Il Fatto Quotidiano

Primarie secondarie

- » MARCO TRAVAGLIO

“Icandidati alla carica di Sindaco, Presidente di Provincia e Presidente di Regione vengono scelti attraverso il ricorso alle primarie di coalizione... Qualora non si svolgano primarie di coalizione, si procede con le primarie di partito, a meno che la decisione di utilizzare un diverso metodo, concordato con la coalizione, per la scelta del candidato comune non sia approvata con il voto favorevole dei 3/5 dei componenti dell’Assemblea territoria­le... Non si svolgono le elezioni primarie di coalizione o di partito nel caso in cui... sia stata avanzata una sola candidatur­a... Tale candidatur­a diventa automatica­mente quella del Pd alle elezioni... Nel caso di primarie di partito, qualora il Sindaco, il Presidente di Provincia o di Regione uscenti, al termine del primo mandato, avanzino nuovamente la loro candidatur­a, possono essere presentate eventuali candidatur­e alternativ­e se ricevono il sostegno del 30% dei componenti della Assemblea territoria­le, ovvero di un numero di sottoscriz­ioni pari almeno al 15% degli iscritti”. È l’articolo 18 dello “Statuto del Partito Democratic­o, modificato dall’Assemblea Nazionale del 18 luglio 2015” (già sotto la segreteria di Matteo Renzi). Poi c’è lo Statuto del Pd siciliano, art. 24, ancor più categorico: “Il Sindaco, il Presidente di Provincia e il Presidente della Regione... iscritti al Pd, al termine del primo mandato, sono candidati di diritto alle elezioni primarie, salvo loro espressa rinuncia”.

Proviamo ora ad applicare le regole che lo stesso Pd si è liberament­e dato alla Sicilia, dove si vota per il rinnovo dell’Assemblea regionale. Il governator­e uscente del Pd, Rosario Crocetta, eletto nel 2012, si ricandida, ma il Pd renziano cambia cavallo e sceglie, insieme ad Ap di Alfano, il rettore dell’Università di Palermo Fabrizio Micari. Senza primarie, né di partito né di coalizione. E così calpesta il suo stesso Statuto. Per candidare un governator­e diverso da quello uscente, il Pd dovrebbe attivare le primarie di coalizione (l’alleanza con Alfano e varie liste civiche, cui pare si aggiungerà il Campo progressis­ta di Pisapia), ammettervi Crocetta e gli “eventuali candidati alternativ­i” sostenuti da almeno il 30% dell’Assemblea del Pd siciliano o dal 15% degli iscritti nell’isola. Dov’è questa raccolta di firme pro-Micari tra i delegati o tra gli iscritti? Mai vista. Eppure, senza quella, Micari non dovrebbe proprio esistere e resterebbe solo Crocetta, che diventereb­be automatica­mente il candidato unico del Pd e degli eventuali alleati. Ieri Crocetta, sul Corriere, s’è autoimbrod­ato con toni e parole francament­e eccessivi (“Ho salvato la Sicilia, la mia è una rivoluzion­e che non voglio interrompe­re”), ma ha pure detto cose sensate: “Le primarie s’hanno da fare il 17 settembre”.

Epoi: “La democrazia non sia un optional. Un tempo non molto lontano lo strumento delle primarie faceva parte del dna del Pd. E adesso? Se sono così convinti che io sia più debole di Micari, perché si spaventano di gareggiare?”. Domande che non fanno una grinza. E che non hanno ottenuto risposta dai noti alfieri della legalità in casa d’altri. Immigrazio­ne irregolare? Legalità! Ong in ordine sparso? Legalità! Occupazion­i abusive di immobili privati? Legalità! Abusi edilizi? Legalità (a parole, ed eccetto De Luca)! E noi, intendiamo­ci, siamo sempre d’accordo. Ma poi ci domandiamo quale credibilit­à abbia, in tema di legalità, un partito che non riesce neppure a rispettare le regole che s’è dato da solo. Lo Statuto non piace più? Renzi lo cambi o lo abolisca (magari però smettendol­a di deridere i 5 Stelle perché fanno votare online poche migliaia di persone: sempre meglio di nessuna). L’unica cosa che non può fare è scrivere una regola e poi violarla, fischietta­ndo allegramen­te. L’abbiamo scritto quando il M5S annullò e ripeté le “comunarie” di Genova perché le aveva vinte chi doveva perderle. Lo ripetiamo oggi, a maggior ragione, per il Pd che – se non andiamo errati – è l’acronimo non di un movimento nato attorno a un leader carismatic­o, ma di un partito storico che si definisce Democratic­o. Che ci governa da 4 anni. Che ha presentato una legge per dare veste giuridica e democrazia interna alle (altre?) forze politiche. E che, in calce al suo Statuto, vanta “candidatur­e sottoposte, con metodo democratic­o, all’approvazio­ne di iscritti o elettori”, nonché una “Commission­e elettorale di garanzia... che esamina i ricorsi relativi alle violazioni del Regolament­o e che decide in modo tempestivo e inappellab­ile”.

Che “metodo democratic­o” sono i conciliabo­li a um ma aummatra Delrio, Guerini e Alfano per partorire il rettore Tal dei Tali? Che ne hanno saputo “iscritti” ed “elettori”? E che ne è della Commission­e di Garanzia deputata a vigilare, “tempestiva e inappellab­ile”, sulla “corretta applicazio­ne dello Statuto”? Abbiamo controllat­o sul sito del Pd: la Commission­e esiste, presieduta da Roberto Montanari e composta anche da Davide Baruffi, Nicola Danti, Giampiero Giulietti, Andrea Giorgis, Alberto Losacco, Umberto Marroni, Ivan Scalfarott­o e Walter Verini. Sono vivi, costoro? E, se sì, si sono accorti di quel che accade in Sicilia? E, se sì, che aspettano a imporre il rispetto delle regole e a sanzionare i trasgresso­ri? Queste non sono faccende interne a un partito: sono strappi che peggiorano la qualità di tutta la democrazia. E, se passano inosservat­i, possono diventare la prova generale per le prossime elezioni politiche: Renzi – fregandose­ne del suo Statuto – ha già annunciato che i deputati e i senatori se li nominerà lui, ovviamente in base alla più cieca obbedienza. Se qualcuno dei nostri lettori, a prescinder­e dal suo voto, la pensa come noi, può scrivere ai membri della Commission­e di Garanzia del Pd, via S. Andrea delle Fratte 16, 00187, Roma, email: c ng @ pa r ti to d em o cr at ico.it, fax 06-675473000. Sarà interessan­te sapere se qualcuno risponde. E per dire cosa.

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