La bimba cristiana viene “salvata” dalla giudice islamica
È stata l’interpretazione della legge da parte di una giudice mussulmana a dirimere il caso
Icomunisti mangiano i bambini. I musulmani – che sono spietati più dei bolscevichi – negano la carne di porco all’infanzia abbandonata. E fin qui, nel vortice della frettolosa descrizione del nemico, c’è un punto fermo.
Non poteva indossare il crocifisso ma della storia della bimba di Londra – cinque anni, inglese – affidata dal tribunale a una famiglia islamica non resterà che un particolare: l’amatriciana. Titoli e strilli di giornale si sono concentrati sull’impossibilità, per la bimba di famiglia cristiana, di gustare lo squisito piatto guarnito di pancetta. Ma se malizia è concessa nel mare grande delle fake news, questo del soffritto, come dettaglio suona strano: non sarebbe stato più adatto, giusto per le tradizioni inglesi, uova e bacon?
L’amatriciana è, emozio- nalmente, più efficace. C’è un dato simbolico irresistibile. E fatta salva la veridicità della storia – non fosse altro per esser apparsa su The Times – la piccola in lacrime, finita tra le grinfie di una madre adottiva in burqa, ha finalmente trovato un più coerente destino.
La dottoressa Khatun Sapnara – magistrato, musulmana praticante – toglie la bimba alla famiglia alla famiglia adottiva e la fa accompagnare a casa della nonna, riunita dunque ai suoi ex familiari, con una felice decisione: “È nel migliore interesse della bambina vivere con un membro della famiglia che possa promuovere il suo benessere e soddisfare le sue esigenze in termini di etnia, cultura e religione”.
Ragionevolezza, dunque. Ma prima ancora che arrivi qualcuno pronto a lodare le luci dei lumi laici nella sentenza, ci si ricordi della precisa prescrizione coranica: “Dio non ama gli eccessi”. Un versetto di certo conosciuto dalla dottoressa Khatum Sapnara, britannica, certo, ma che in questo colpo di scena non consente dilemmi.
Sensibile al richiamo del suo profondo convincimento di mussulmana, ebbene sì, il magistrato non ha avallato la sfacciata ignoranza dei suoi correligionari in guerra contro una collanina e un piatto di spaghetti, ma ha fatto tesoro di un fondamento proprio – ebbene sì – della sharia. L’applicazione della legge – secondo la giurisprudenza islamica – non procede secondo scrittura, piuttosto per contesto, s’invera nella carnalità di un giudice chiamato a valutare l’insindacabilità della “via di mezzo”.
Ecco, detta così, fa impressione. L’ignoranza di cui ci facciamo carico scatena a questo punto l’incubo. Già dalla pagina avete modo di vedere emergere cupi veli, ceppi, forche, scimitarre e cumuli di pietre pronte per la lapidazione.
Cose tutte vere, ovviamente, ma sono tutte derivate da costumi tribali, giammai da dettati religiosi. Non esiste norma islamica che obblighi a ll ’ infibulazione. Così come non c’è altro chador che lo stes- so manto dell’iconografia cristiana. Senza scomodare i santi sugli altari delle chiese è sufficiente curiosare dentro le borsette delle nostre nonnine, oppure contemplare i ritratti di Antonello da Messina. Quanto alla croce, ne approfitteremmo per dare una notizia: in Iran hanno fatto festa, appena un mese fa, per essere riusciti a trovare i fondi per il restauro – e includerlo nell’elenco Unesco dei patrimoni dell’umanità – il bellissimo monastero di san Giuda Taddeo. Una testimonianza del martirio dell’apostolo, una vestigia custodita dalle montagne di Maku, conosciuta dai persiani come la cara chiesa nera, ovvero Ghareh keliseh.
Certo, non c’è il porco. E su quello, proprio, non c’è via di mezzo. Speriamo solo che comincino a mangiarselo i comunisti. Così da risparmiare i bambini.
Il magistrato non ha avallato la sfacciata ignoranza dei suoi correligionari perché ‘Dio non ama gli eccessi’