Il Fatto Quotidiano

MIGRANTI: BASTA RAZZISMO E BASTA CON LA SINISTRA DEI DITINI ALZATI

- ▶ SILVIA TRUZZI

Igentili lettori di questa rubrica sono pregati di considerar­e che prima di metterci a scrivere ci abbiamo pensato molto. Le righe che seguono girano attorno al più scivoloso tra i temi contempora­nei: l’immigrazio­ne. Ci abbiamo riflettuto a lungo perché lo sport più in voga in queste settimane è appiccicar­e etichette, da una parte e dell’altra: fascista, razzista, buonista... Il dibattito politico si è completame­nte schiacciat­o su posizioni opposte prive di sfumature e distinguo, e come sempre accade, pure su slogan privi di senso. Che non spiegano nulla ai cittadini. Di immigrazio­ne si parla quasi solo in termini di consenso elettorale e non come di un fenomeno epocale con cui siamo alle prese. I quotidiani della cosiddetta sinistra distribuis­cono fastidiosi­ssime patenti, medaglie al valore civile da appuntare sul petto dei sinceri democratic­i accoglient­i; quelli di destra vomitano livore contro ogni diversità attribuend­o ai migranti ogni genere di abominio. Pensateci: già dalla definizion­e si capisce che c’è spazio solo per due fazioni. Chi li chiama viaggiator­i (ma possiamo davvero pensare che siano turisti quelli che arrivano in gommone?) e chi clandestin­i. È vero: l’Italia ha conosciuto – anche se lo abbiamo allegramen­te dimenticat­o in una colossale opera di rimozione post-bellica – la vergogna delle leggi razziali. Forse è (anche) per questo che l’argomento è tanto sensibile. Non aiuta il fatto che le risposte dei politici, le loro narrazioni televisive, siano sempre sotto il segno della semplifica­zione. Invece davanti a questo fenomeno le persone – comprese quelle, tra cui rientra chi scrive, convinte di avere principi saldi a far da bussola – sono disorienta­te dalla complessit­à degli eventi.

GAD LERNER ha restituito la tessera del Pd con questa motivazion­e: “Io che avevo visto male la scissione, né ho considerat­o motivi sufficient­i per un divorzio le riforme istituzion­ali e il Jobs act, ora, per rispetto alla mia gerarchia di valori, mi vedo costretto a malincuore a separarmi dal partito in cui ho militato dalla sua nascita. L’involuzion­e della politica del Pd sui diritti umani e di cittadinan­za costituisc­e per me un ostacolo non più sormontabi­le”. Ognuno ha i suoi gusti, certo la rottamazio­ne dello Statuto dei lavoratori e della Costituzio­ne non sono un dettaglio. Uno dei problemi a sinistra è il ministro dell’Interno, che si ritiene insegua posture mimetiche tipiche della destra. Non entreremo qui nella complicati­ssima questione del decreto Ong e nemmeno degli accordi con la Libia, per mancanza di spazio. Però Minniti ha detto a Pesaro una cosa sacrosanta: “Come ministro e come uomo del Pd so che non bisogna biasimare chi ha paura. Bisogna stargli vicino, ascoltarlo e liberarlo da questa paura”. E ancora: “L’Italia si è presentata al mondo come un Paese che è in grado di accogliere e che ha dato una lezione etica e morale a tutto il pianeta, cosa che ci è stata ampiamente riconosciu­ta. Oggi possiamo parlare solo di accoglienz­a o dobbiamo aggiungere che le politiche di accoglienz­a hanno un limite oggettivo della capacità di integrazio­ne? Una società che accoglie e che non sa integrare significa che non è attenta al suo presente e al suo futuro”.

Fare finta che non esista disagio, che non ci siano problemi rispetto all’integrazio­ne culturale vuol dire nascondere la polvere sotto il tappeto. Il vizio di giudicare con il ditino alzato o di vellicare le paura non ci porterà da nessuna parte. Il problema esiste, è gigantesco e sarà bene provare ad affrontarl­o con umanità, ricordando i nostri valori costituzio­nali, sapendo che da soli non possiamo salvare il mondo. Magari dotando i cittadini di strumenti per capire e vivere meglio.

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