Micari e il suo fido alfiere dei vitalizi
Il rettore scelto dai dem s’affida a Rino La Placa, già vicino a Piersanti Mattarella
Il
futuro viene dal passato, il centrosinistra ritorna centro. Anzi, Dc. In Sicilia a scrivere il programma di Fabrizio Micari – il rettore di Palermo scelto da Matteo Renzi ( in accordo con Angelino Alfano) per vincere le Regionali e cambiare l’isola – è uno storico consigliere regionale della vecchia Democrazia Cristiana: Vittorino La Placa, detto Rino dagli amici. Fra gli amici di Rino ci sono, forse non a caso, Leoluca Orlando, il sindaco di Palermo che è il vero deus ex machinadella coalizione allargata al centro (anche troppo, secondo i critici della sinistra), e il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, del cui fratello Piersanti fu segretario personale a fine Anni Settanta, ai tempi della presidenza regionale.
C’È LA SUA FIRMA sotto al documento che guida la candidatura di Fabrizio Micari. A chi lo defi- nisce il ghostwriter dell’uomo di Renzi e Alfano, lui risponde facendo il modesto: “Diciamo che ho messo a disposizione il mio bagaglio di esperienza, con discrezione e umiltà”. E si tratta di una valigia pesante: classe ’46, consigliere comunale a Palermo negli Anni ‘80, deputato in Regione negli Anni ‘ 90, ora presidente dell’associazione degli ex parlamentari dell’Ars, ha alle spalle oltre trent’anni di politica siciliana (come dimostra anche il vitalizio incassato alla fine di ogni mese). Non proprio il nuovo che avanza, insomma: “Ma certe idee non passano mai di moda”.
Le sue sono quelle della Dc. E infatti c’è chi lo ritiene il profilo ideale per fare da sintesi del campo largo che va dal Partito Democratico a Alternativa Popolare. In realtà, il programma ( anzi, la “premessa programmatica”, per ora si tratta solo di un democristianissimo “preambolo”) nasce da una serie di incontri promossi da Orlando con i vecchi potenzia- li alleati, compresi Art.1 e Sinistra Italiana che se ne sono andati preferendo puntare su Claudio Fava. “Adesso si tratta di ampliare il nostro manifesto, accogliendo il contributo degli alfaniani. Ma non credo ci saranno problemi”, spiega.
Voci dicono che il documento sia liberamente ispirato (o scopiazzato) al vecchio programma di Piersanti Mattarella, presidente della Regione dal 1978 al 1980, prima di essere ucciso dalla mafia. “Sa reb be un’ambizione troppo alta: io sono stato suo collaboratore, alcune idee vengono da lì”.
Di certo il testo contiene un po’ di tutto: la proposta dell’abolizione del voto segreto in Assemblea regionale, una spruzzata di renzismo con la riduzione del carico fiscale per le imprese, l’acqua pubblica e il ciclo dei rifiuti basato sul compostaggio che strizzano l’occhio al Movimento 5 Stelle. Poi anche una parte più politica (“quella che sento più mi a”, rivendica), in cui si ribadisce la necessità di un “campo largo” e di “stare insieme tra diversi”.
PER QUALCUNO il suo contributo è la dimostrazione della rinascita della Balena Bianca, sotto l’unione tra Renzi e Alfano. “Mi pare un giudizio superficiale: la Dc anche all’epoca aveva tante facce, io mi sono sempre sentito un cattolico democratico, ora mi ritrovo nel centrosinistra”. Di cui pure Alfano può far parte: “La politica non è così manichea, gli alfaniani non sono il diavolo. Per fare le riforme bisogna accettare un po’ di compromessi”. E lui, da vecchio democristiano, dei compromessi non ha paura.
La politica non è così manichea, i centristi non sono il diavolo Per fare le riforme bisogna accettare un po’ di compromessi
RINO LA PLACA