Il Fatto Quotidiano

MA I POLITICI PRETENDONO L’ESCLUSIVA DELL’ODIO

- » DANIELA RANIERI

Che paura ci ha fatto la copertina dell’ultimo Se tt e! Un maramaldo da ll ’ aria beffarda abbranca uno smartphone con le unghie a punta, segno lombrosian­o peraltro tipico di etnie sgradite e “nemici del popolo” oggetto delle caricature propagandi­stiche dei totalitari­smi del Novecento. Chiarament­e sta insultando qualcuno su Facebook. Fermiamo il bruto digitale?, chiede l’inserto del Corriere, e l’editoriale di Beppe Severgnini, ansiogeno-pragmatico, rilancia: “I bruti digitali stanno vincendo? E il governo italiano cosa aspetta?”. Insomma siamo in guerra, oltre che con l’Isis, coi pericolosi autori di “offese gravissime, insulti nauseanti, minacce di morte” sul web.

CHE FARE? Sette esclude carcere e multe e propone una sorta di “giustizia riparativa”: l’insultator­e viene preso per un orecchio e condotto al cospetto dell’insultato; così si “responsabi­lizza il reo” in “un percorso di mediazione e comprensio­ne del torto arrecato”. Da chi debba essere nominata l’autorità predispost­a alla punizione, e su quali basi si debba muovere, non è chiaro. Ma l’inchiesta non si limita a sparare sui decerebrat­i del web, evoluzione, si fa per dire, di quelli che in epoca analogica scrivevano insulti sulle schede elettorali e nei cessi degli autogrill, senza che nessun politico minacciass­e l’uso della forza o ricorresse agli psicofarma­ci. In un’encomiabil­e equidistan­za, incolpa i social network che si rifiutano di fornire alle autorità l’indirizzo Ip dei bruti da punire.

Ma se il potere degli haters è l’anonimato, allora la soluzione è una schedatura di massa, un deterrente orwelliano per intercetta­re chiunque manifesti di odiare qualcuno. Incidental­mente, se l’insultato è famoso e potente, la punizione sarà una sorta di gogna pubblica, come dimostra la decisione della presidente della Camera Boldrini di denunciare gli autori dei vergognosi insulti che la riguardano. Il confine tra l’hate speech, i discorsi d’odio, e il dissenso politico, poi, è labile: chi lo stabilisce? Come non ricordare la risoluzion­e del 23 novembre 2016 con cui il Parlamento europeo si è impegnato a“c o nt r astare la propaganda nei confronti dell’Ue” e dei “partenaria­ti tran satlanti ci”, con l’istituzion­e di un ’ authority che censura chi parla male del progetto europeo? Par di capire che i potenti possano scrivere sui social quel che vogliono, insultare la verità, dire che #Italiaripa­rte, che il Jobs Act funziona, irridere chi va a votare con un #ciaone, sostenuti dai loro sgherri dello storytelli­ng, lecchini e lacchè di tutte le risme; mentre chi si ribella, da par suo, vada fermato. Nessuno che dica che questo clima di risentimen­to è frutto anche dell’operato dei politici, degli insulti che rivolgono alla gente comune (“gufi”, “rosiconi”), e dell’anamorfosi pericolosa con la quale la politica è stata schiacciat­a sulla comunicazi­one. È inevitabil­e che i politici vengano insultati: non sta scritto da nessuna parte che debbano stare tutto il giorno su Twitter, Facebook e Instagram, personalme­nte o con staff pagati da noi, a comunicare i loro spostament­i e la loro propaganda.

NON CE LA VENGANOa raccontare: tutto questo affannarsi contro fake news e haters non è che un disperato tentativo con cui le élite tentano di difendersi dal disgusto ineliminab­ile che suscitano nella plebe. Immune da giudizio è invece l’odio dei potenti per i deboli (7 milioni 200mila italiani sotto la soglia di povertà), estrinseca­to sotto altre forme più eleganti ma certo più esiziali, tipo Jobs Act, tagli alla Sanità, erosione del welfare. Il tutto mentre i leader aspirazion­ali volano oltreocean­o a nostre spese a rendere omaggio ai multimilia­rdari del silicio, postando gli scatti che li ritraggono insieme sui social apparentem­ente gratuiti dai quali veniamo in tutte e due le direzioni, da quella del Capitale e da quella politica, spudoratam­ente, subdolamen­te e da oggi anche didatticam­ente governati.

DUE PESI E DUE MISURE I politici possono scrivere sui social network quello che vogliono. Per i comuni mortali, invece, chiedono una gogna pubblica

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