Se non sarà Matteo, chi? Candidato premier cercasi
Angosce democratiche Forse bisognerà cambiare cavallo per le Politiche: dal Minniti migrante al Gentiloni restante
Matteo Renzi vuole rilanciarsi con una campagna in treno. Parte la prossima settimana e dura due mesi e mezzo. È l’inizio del lungo rettilineo che conduce alla fine della legislatura e al voto in primavera. Prima però c’è la Sicilia. Una sconfitta del Pd sarebbe la quarta consecutiva sotto la sua guida, dopo le Regionali di quest’anno, il referendum costituzionale e le Amministrative del 2016 (ma pure le Regionali del 2015 andarono così così, con la disfatta in Liguria). A quel punto negare l’eclissi di Renzi sarebbe complicato e i movimenti alle sue spalle si farebbero sempre più frenetici. Ma esiste davvero un’alternativa nel Pd?
MARCO MINNITI. Da quando è al Viminale – tra le poche novità della squadra Gentiloni – ha prodotto un decreto sui richiedenti asilo, uno sulla sicurezza e sul decoro urbano, un codice sulle Ong, una strategia in Libia che ha più che dimezzato gli sbarchi. Con Minniti ha cambiato verso, direbbe qualcuno, la sensibilità “di sinistra” sulle politiche di accoglienza: la fermezza è nel lessico e nelle pratiche di gover- no. Magari si fa più fatica a cogliere le sfumature rispetto alle proposte di Salvini e Cinque Stelle, ma tant’è: Minniti è il più applaudito alle feste dell’Unità. Lo raccontano le adoranti cronache di Repubblica:“Marco Minniti ha fatto un discorso da leader (martedì a Pesaro, ndr). Un comizio che sembra arrivare da altri tempi. Deciso, chiaro, anche commosso. Centinaia di persone (...) non si perdono una parola”. La sua crescente popolarità ha generato gelosie: a inizio agosto Renzi ha sussurrato nei retroscena il suo fastidio per il protagonismo del ministro. Poi, come da rituale, ha negato tutto.
GRAZIANO DELRIO. Asceso al potere insieme a Renzi, è il volto gentile della rottamazione, la figura più autonoma e credibile tra i sostenitori del segretario. “Tra me e Matteo – disse in un’ intervista al Corriere della Sera – c’è la stessa differenza che esiste tra la fisica newtoniana, funzionante ma prevedibile, e la fisica quantistica. Lui fa politica quantistica. Introduce un elemento di imprevedibilità importantissimo, anche se ogni tanto ti manda al manicomio”. Delrio ha coltivato rapporti preziosi alla guida dell’Anci e soprattutto del ministero delle Infrastrutture. Può essere accettato a sinistra (da buon figlio di comunisti) e piacere al centro (da buon popolare cresciuto nella Margherita). Con l’eventuale chiusura del “manicomio” renziano, il suo profilo eclettico e rassicurante tornerebbe utile.
DARIO FRANCESCHINI. Titolare di una delle correnti più folte del Pd (specie in Parla- mento), il ministro del Mibact si è guadagnato la fama di grande manovratore oscuro. Naturale che la sua attività si sia fatta più frenetica da dicembre, dopo il referendum che ha azzoppato il leader del suo partito. In uno scenario di larghe intese, Franceschini spera di essere una figura spendibile. Presso i moderati perché è uno di loro, presso gli ex compagni di Mdp per il semplice fatto di non chiamarsi Renzi. Peraltro il suo storico portavoce, Piero Martino, è appena passato ai bersaniani. Di recente, ospite del festival del libro di Capalbio, ha risposto in questo modo a chi gli domandava quale romanzo consigliasse a Renzi: “Cent’anni di solitudine”.
CARLO CALENDA. Il ministro dello Sviluppo economico non è iscritto al Pd, ma “l’unica area di riferimento – ha detto poche settimane fa – è quella del presidente del Consiglio”. L’attuale, non l’ex. Sulla sua rivalità con Renzi è stato scritto parecchio. Sul corteggiamento, a intervalli regolari, da destra e da sinistra del “Macron italiano” è stato detto altrettanto. Berlusconi lo stima e lo vezzeggia, Bersani dice che “apprezza molte delle cose che ha fatto”. Persino Maurizio Martina ha parlato di “una grande coalizione da Calenda a Pisapia”. Al meeting di Cl a Rimini è stato acclamatissimo. Lui dice che a fine legislatura “si troverà un lavoro”. Ma se alle elezioni non dovesse vincere nessuno, il suo nome sarebbe tra i più rapidi a venire fuori. Prima, chissà.
Anatra zoppa
La sconfitta in Sicilia sarebbe la quarta di fila dopo referendum, Comunali e Regionali
PAOLO GENTILONI. E poi c’è l’attuale premier. Il felpato Gentiloni nasce come emanazione di Renzi ma sotto sotto non gli dispiacerebbe trasformarsi nella sua nemesi. Perché è il suo contrario esatto: grigio, affabile e inclusivo, quanto il segretario è protagonista, frenetico, divisivo. Gentiloni intanto mette da parte i numeri della pur modesta ripresa economica, incassa i risultati di Minniti sui migranti e si appresta a lavorare alla manovra di fine legislatura con un credito politico che nessuno pronosticava all’inizio della sua avventura. Che Renzi, infatti, avrebbe voluto molto più breve.