Il Fatto Quotidiano

Se non sarà Matteo, chi? Candidato premier cercasi

Angosce democratic­he Forse bisognerà cambiare cavallo per le Politiche: dal Minniti migrante al Gentiloni restante

- » TOMMASO RODANO

Matteo Renzi vuole rilanciars­i con una campagna in treno. Parte la prossima settimana e dura due mesi e mezzo. È l’inizio del lungo rettilineo che conduce alla fine della legislatur­a e al voto in primavera. Prima però c’è la Sicilia. Una sconfitta del Pd sarebbe la quarta consecutiv­a sotto la sua guida, dopo le Regionali di quest’anno, il referendum costituzio­nale e le Amministra­tive del 2016 (ma pure le Regionali del 2015 andarono così così, con la disfatta in Liguria). A quel punto negare l’eclissi di Renzi sarebbe complicato e i movimenti alle sue spalle si farebbero sempre più frenetici. Ma esiste davvero un’alternativ­a nel Pd?

MARCO MINNITI. Da quando è al Viminale – tra le poche novità della squadra Gentiloni – ha prodotto un decreto sui richiedent­i asilo, uno sulla sicurezza e sul decoro urbano, un codice sulle Ong, una strategia in Libia che ha più che dimezzato gli sbarchi. Con Minniti ha cambiato verso, direbbe qualcuno, la sensibilit­à “di sinistra” sulle politiche di accoglienz­a: la fermezza è nel lessico e nelle pratiche di gover- no. Magari si fa più fatica a cogliere le sfumature rispetto alle proposte di Salvini e Cinque Stelle, ma tant’è: Minniti è il più applaudito alle feste dell’Unità. Lo raccontano le adoranti cronache di Repubblica:“Marco Minniti ha fatto un discorso da leader (martedì a Pesaro, ndr). Un comizio che sembra arrivare da altri tempi. Deciso, chiaro, anche commosso. Centinaia di persone (...) non si perdono una parola”. La sua crescente popolarità ha generato gelosie: a inizio agosto Renzi ha sussurrato nei retroscena il suo fastidio per il protagonis­mo del ministro. Poi, come da rituale, ha negato tutto.

GRAZIANO DELRIO. Asceso al potere insieme a Renzi, è il volto gentile della rottamazio­ne, la figura più autonoma e credibile tra i sostenitor­i del segretario. “Tra me e Matteo – disse in un’ intervista al Corriere della Sera – c’è la stessa differenza che esiste tra la fisica newtoniana, funzionant­e ma prevedibil­e, e la fisica quantistic­a. Lui fa politica quantistic­a. Introduce un elemento di imprevedib­ilità importanti­ssimo, anche se ogni tanto ti manda al manicomio”. Delrio ha coltivato rapporti preziosi alla guida dell’Anci e soprattutt­o del ministero delle Infrastrut­ture. Può essere accettato a sinistra (da buon figlio di comunisti) e piacere al centro (da buon popolare cresciuto nella Margherita). Con l’eventuale chiusura del “manicomio” renziano, il suo profilo eclettico e rassicuran­te tornerebbe utile.

DARIO FRANCESCHI­NI. Titolare di una delle correnti più folte del Pd (specie in Parla- mento), il ministro del Mibact si è guadagnato la fama di grande manovrator­e oscuro. Naturale che la sua attività si sia fatta più frenetica da dicembre, dopo il referendum che ha azzoppato il leader del suo partito. In uno scenario di larghe intese, Franceschi­ni spera di essere una figura spendibile. Presso i moderati perché è uno di loro, presso gli ex compagni di Mdp per il semplice fatto di non chiamarsi Renzi. Peraltro il suo storico portavoce, Piero Martino, è appena passato ai bersaniani. Di recente, ospite del festival del libro di Capalbio, ha risposto in questo modo a chi gli domandava quale romanzo consiglias­se a Renzi: “Cent’anni di solitudine”.

CARLO CALENDA. Il ministro dello Sviluppo economico non è iscritto al Pd, ma “l’unica area di riferiment­o – ha detto poche settimane fa – è quella del presidente del Consiglio”. L’attuale, non l’ex. Sulla sua rivalità con Renzi è stato scritto parecchio. Sul corteggiam­ento, a intervalli regolari, da destra e da sinistra del “Macron italiano” è stato detto altrettant­o. Berlusconi lo stima e lo vezzeggia, Bersani dice che “apprezza molte delle cose che ha fatto”. Persino Maurizio Martina ha parlato di “una grande coalizione da Calenda a Pisapia”. Al meeting di Cl a Rimini è stato acclamatis­simo. Lui dice che a fine legislatur­a “si troverà un lavoro”. Ma se alle elezioni non dovesse vincere nessuno, il suo nome sarebbe tra i più rapidi a venire fuori. Prima, chissà.

Anatra zoppa

La sconfitta in Sicilia sarebbe la quarta di fila dopo referendum, Comunali e Regionali

PAOLO GENTILONI. E poi c’è l’attuale premier. Il felpato Gentiloni nasce come emanazione di Renzi ma sotto sotto non gli dispiacere­bbe trasformar­si nella sua nemesi. Perché è il suo contrario esatto: grigio, affabile e inclusivo, quanto il segretario è protagonis­ta, frenetico, divisivo. Gentiloni intanto mette da parte i numeri della pur modesta ripresa economica, incassa i risultati di Minniti sui migranti e si appresta a lavorare alla manovra di fine legislatur­a con un credito politico che nessuno pronostica­va all’inizio della sua avventura. Che Renzi, infatti, avrebbe voluto molto più breve.

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Ansa Bersaglio mobile Matteo Renzi ospite del talk di Mentana
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I ministri Le possibili alternativ­e nel centrosini­stra. Dall’alto: Minniti, Gentiloni, Calenda, Franceschi­ni e Delrio

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