Si vota ed ecco la pensione “minima” ai giovani
Il governo: assegno di 620 euro con 20 anni di contributi. E tira dritto sui 67 anni per l’uscita
Sull’ipotesi
di disinnescare lo scatto dell'età pensionabile a 67 anni, il governo si mostra ancora “reticente”, per usare le parole di Susanna Camusso. Per quanto riguarda la garanzia previdenziale futura per i giovani, invece, l'incontro di ieri mattina tra esecutivo e sindacati ha prodotto due novità. La prima è l'idea di un trattamento minimo da 600 euro al mese a quelli che a fine carriera – vittime del sistema 100% contributivo – non avranno raggiunto tale soglia. La seconda è un alleggerimento del requisito minimo da maturare per la pensione: non più 1,5 volte l'assegno sociale, ma 1,2. Si potrà andar ein pensione quindi con un assegno più basso.
Cgil, Cisl e Uil sono insoddisfatti di fronte alla chiusura sul tema principale, il meccanismo che lega alla speranza di vita l'età minima per andare a riposo. “Al tavolo – ha detto la leader Cgil - abbiamo ribadito che è un punto di giudizio fondamentale”. Per mezzo di una norma introdotta nel 2010 dal governo Berlusconi, e modificata un anno dopo dalla riforma targata Elsa Fornero, dal 2019 passeremo da 66 anni e 7 mesi a 67 anni pieni. Esistono co- munque alcuni metodi di uscita anticipata, i quali fanno sì che l'età media effettiva dei pensionamenti sia inferiore (benché in crescita). Tra questi, quello introdotto dall'ultima legge di Stabilità: l'anticipo pensionistico, che permette di smettere di lavorare a 63 anni sottoscrivendo una sorta di mutuo, che diventa “social” - ovvero gratuito – per alcune categorie svantaggiate. Il previsto innalzamento a 67 anni della soglia “standard” è indigesto non solo ai sindacati, ma anche alla quasi totalità dell'arco costituzionale. La protesta contro questo metodo ha unito nella battaglia di questi giorni due ex ministri del Lavoro di opposte fazioni: Cesare Damiano e Maurizio Sacconi. Sulla scorta di una stima (molto contestata) della Ragioneria dello Stato, secondo cui l'intervento costerebbe 1,2 miliardi, Paolo Gentiloni per il mo- mento non ha ceduto alla richiesta, con l'intenzione di destinare le risorse della prossima manovra ai nuovi sgravi per le assunzioni dei giovani.
MAGGIORE apertura, si diceva, è stata invece riservata alla questione delle pensioni future. L'idea di introdurre un assegno garantito da 600 euro, che con molta cautela può essere definito una “pensione di cittadinanza”, è stata lanciata tempo fa anche dal consigliere economico di Gentiloni, l'economista ex Inps Stefano Patriarca. Anche Romano Prodi ha sostenuto una simile iniziativa nel suo libro, spiegando come l'effetto moltiplicatore di questo reddito pensionistico genererebbe consumi e quindi maggiore gettito Iva. L'obiettivo è venire incontro a chi, avendo iniziato a lavorare dopo il 1995 (anno della riforma Dini) ri- schia di avere una pensione molto povera per lo scarso montante contributivo versato durante una carriera precaria e discontinua. Siamo ancora nel campo delle ipotesi, ma il governo si è preso una grossa responsabilità. Del resto, in primavera ci saranno le elezioni: non si può dire no a tutto. All’esecutivo costano poco le promesse, anche perché per questa il conto verrà più avanti.