Il Fatto Quotidiano

Si vota ed ecco la pensione “minima” ai giovani

Il governo: assegno di 620 euro con 20 anni di contributi. E tira dritto sui 67 anni per l’uscita

- » ROBERTO ROTUNNO

Sull’ipotesi

di disinnesca­re lo scatto dell'età pensionabi­le a 67 anni, il governo si mostra ancora “reticente”, per usare le parole di Susanna Camusso. Per quanto riguarda la garanzia previdenzi­ale futura per i giovani, invece, l'incontro di ieri mattina tra esecutivo e sindacati ha prodotto due novità. La prima è l'idea di un trattament­o minimo da 600 euro al mese a quelli che a fine carriera – vittime del sistema 100% contributi­vo – non avranno raggiunto tale soglia. La seconda è un alleggerim­ento del requisito minimo da maturare per la pensione: non più 1,5 volte l'assegno sociale, ma 1,2. Si potrà andar ein pensione quindi con un assegno più basso.

Cgil, Cisl e Uil sono insoddisfa­tti di fronte alla chiusura sul tema principale, il meccanismo che lega alla speranza di vita l'età minima per andare a riposo. “Al tavolo – ha detto la leader Cgil - abbiamo ribadito che è un punto di giudizio fondamenta­le”. Per mezzo di una norma introdotta nel 2010 dal governo Berlusconi, e modificata un anno dopo dalla riforma targata Elsa Fornero, dal 2019 passeremo da 66 anni e 7 mesi a 67 anni pieni. Esistono co- munque alcuni metodi di uscita anticipata, i quali fanno sì che l'età media effettiva dei pensioname­nti sia inferiore (benché in crescita). Tra questi, quello introdotto dall'ultima legge di Stabilità: l'anticipo pensionist­ico, che permette di smettere di lavorare a 63 anni sottoscriv­endo una sorta di mutuo, che diventa “social” - ovvero gratuito – per alcune categorie svantaggia­te. Il previsto innalzamen­to a 67 anni della soglia “standard” è indigesto non solo ai sindacati, ma anche alla quasi totalità dell'arco costituzio­nale. La protesta contro questo metodo ha unito nella battaglia di questi giorni due ex ministri del Lavoro di opposte fazioni: Cesare Damiano e Maurizio Sacconi. Sulla scorta di una stima (molto contestata) della Ragioneria dello Stato, secondo cui l'intervento costerebbe 1,2 miliardi, Paolo Gentiloni per il mo- mento non ha ceduto alla richiesta, con l'intenzione di destinare le risorse della prossima manovra ai nuovi sgravi per le assunzioni dei giovani.

MAGGIORE apertura, si diceva, è stata invece riservata alla questione delle pensioni future. L'idea di introdurre un assegno garantito da 600 euro, che con molta cautela può essere definito una “pensione di cittadinan­za”, è stata lanciata tempo fa anche dal consiglier­e economico di Gentiloni, l'economista ex Inps Stefano Patriarca. Anche Romano Prodi ha sostenuto una simile iniziativa nel suo libro, spiegando come l'effetto moltiplica­tore di questo reddito pensionist­ico genererebb­e consumi e quindi maggiore gettito Iva. L'obiettivo è venire incontro a chi, avendo iniziato a lavorare dopo il 1995 (anno della riforma Dini) ri- schia di avere una pensione molto povera per lo scarso montante contributi­vo versato durante una carriera precaria e discontinu­a. Siamo ancora nel campo delle ipotesi, ma il governo si è preso una grossa responsabi­lità. Del resto, in primavera ci saranno le elezioni: non si può dire no a tutto. All’esecutivo costano poco le promesse, anche perché per questa il conto verrà più avanti.

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Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ha incontrato ieri i sindacati. Previsti altri tre incontri
Ansa Nuovo round Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ha incontrato ieri i sindacati. Previsti altri tre incontri

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