Il Fatto Quotidiano

I poveri restano poveri e noi ci riscattiam­o agli occhi di Dio

- FURIO COLOMBO MIRELLA

CARO FURIO COLOMBO, c’è tutto nella storia religiosa e in quella scientific­a sulla nascita, l’assestamen­to, l’evoluzione di tutto (e di tutti noi) attraverso i millenni. Ma chi ha creato i poveri, e quando, e perché ci sono ancora? DOMANDA PERFETTApe­r una o due riflession­i, certo non per una risposta. Però è vero. I poveri ci sono sempre stati, dall’inizio dei tempi e ci sono sempre, come le querce, o i fiumi, descritti nello stesso modo e raccontati in paesaggi sempre uguali. Sono uno dei dati più stabili della vita collettiva degli esseri umani. Ma cominciamo dalla fine della storia, dai poveri di Gentiloni. Le cifre richieste per definire qualcuno povero sono minime, fuori dalla sopravvive­nza. Le cifre che indicano la quantità di sollievo che ora viene offerto, sono talmente piccole che fanno pensare alla povertà come a un abisso. Ed è inevitabil­e pensare che quel poco che verrà buttato sul fondo sarà inghiottit­o dal poco che è già la condizione di vita dei poveri. Talmente poveri che vengono dichiarati poveri, stabilendo una diversità che è simile a quelle malattie che si possono curare ma non guarire. Ma che malattia è la povertà e perché l’economia, la politica o le scienze sociali, in tutti i loro intrecci, non l’hanno saputa o voluta o potuta affrontare? Vorrei chiarire. Non stiamo parlando del Sahel assediato dalla carestia o della Corea del Nord, dove la povertà assoluta è una bene organizzat­a punizione politica. Stiamo parlando della povertà in mezzo a noi, intere nazioni di milioni di poveri, una solida e separata minoranza che, in mezzo ad agiati di vario livello (dalla casetta modesta ma protetta, alla Trump Tower) vive la vita completame­nte diversa di chi, come si dice, “non ce la fa”.

Sulla povertà (come si entra, come se ne esce) non esiste un trattato, esistono molte ideologie che riguardano i benestanti delle rivoluzion­i e delle controrivo­luzioni, e ogni centro o gruppo che prende atto della povertà, e porta aiuto. Toglie qualcuno dal fondo del precipizio, ma di quel fondo non è in grado di dire nulla.

Un danno culturale, attraverso i secoli, è stato fatto dalla religione cristiana e soprattutt­o cattolica, che ha visto i poveri come prediletti da Dio, con il volto di Dio, consolidan­do la loro esistenza e la loro utilità perché, per i credenti, aiutare i poveri è il riscatto agli occhi di Dio. Riscatto nostro, non dei poveri. È un grande aiuto che i poveri ci siano. Sono un gradino che porta noi (non i poveri) verso la salvezza. Ecco il cuore del problema: restare estranei alla povertà. Dunque, purtroppo, a chiunque non ha nulla sarà utile ricevere pochi soldi da un signore gentile detto “governo”. Ma quel signore gentile e tutti coloro che “se la cavano” (dal matrimonio da favola sul mare di Monopoli alla crociera fuori stagione) restano a una distanza immensa da un fenomeno sconosciut­o.

Furio Colombo - il Fatto Quotidiano

00184 Roma, via di Sant’Erasmo n°2 lettere@ilfattoquo­tidiano.it

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