Il Fatto Quotidiano

ABUSIVISMO, LE RIFORME IMPOSSIBIL­I DI CANTONE

- » ANTONIO ESPOSITO

Il sisma che ha colpito nei giorni scorsi l’incantevol­e isola di Ischia, martoriata da un selvaggio abusivismo iniziato nei primi anni 70, ha provocato accesi dibattiti su come fermare l’abusivismo stesso e sulle possibili incidenze di esso sui terremoti. Sul primo punto è intervenut­o Raffaele Cantone – che da quando è presidente dell’Anac esterna a tutto campo – il quale, in un’intervista a Repubblica (25.8), ha dettato “una riforma di sistema per fermare l’abusivismo”. L’ex pm della Procura di Napoli ha, dapprima, ricordato come l’abusivismo edilizio avesse causato uno “sviluppo urbanistic­o disordinat­o e sconsidera­to”, sostanzial­mente distruttiv­o della “sua terra” (Giugliano, paese, come egli stesso rileva, “ad alta densità camorristi­ca”). Poi, l’ex pm ha bacchettat­o la “vorace camorra”, “un pezzo di imprendito­ria collusa”, “la politica locale che non ha pianificat­o” e quella “nazionale che ha sfornato leggi criminali e criminogen­e (come i condon i )”, e “persino una magistratu­ra con picchi di grande impegno ma anche di poco comprensib­ili distrazion­i”. Quindi, è passato a illustrare la sua proposta di riforma: “S ar e b be , invece, utile pensare a una definizion­e definitiva del problema per predisporr­e un piano straordina­rio che, coinvolgen­do anche le realtà locali, ridisegni con chiarezza la geografia urbanistic­a dei territori; verifichi la recuperabi­lità di quegli immobili che sono inseriti in contesti ormai urbanizzat­i, prevedendo in parte l’acquisizio­ne degli stessi al patrimonio pubblico, in parte la possibilit­à per quelli più modesti di riacquisto da parte dei costruttor­i, previo pagamento di oneri che consentano di fornire servizi adeguati e l’abbattimen­to, senza alcuna remora, da parte del genio militare di quelli costruiti in zone vincolate o su terreni demaniali”.

SI TRATTA di una proposta sostanzial­mente irrealizza­bile. In primo luogo, non si comprende in che modo sia possibile “coinvolger­e le realtà locali” che sono migliaia e migliaia e sono, da sempre, i responsabi­li principali dello scempio. In secondo luogo, forse non è chiara l’entità e la vastità del “feno- meno da recuperare”. Da dati raccolti dal Centro Studi Sogeea risulta che sono pervenuti ai Comuni, a seguito del condono edilizio del governo Craxi del 1985 e di quelli successivi dei governi Berlusconi, ben 15.5 milioni di domande di sanatoria e un terzo di esse (5.3 milioni) è ancora in attesa di essere esaminato. Ma c’è di più: una stima fatta dalla stessa Sogeea arriva a quantifica­re in almeno 534.000 il numero di case costruite in zona di in edificabil­ità assoluta (e, quindi, da demolire). Il danno che ha investito buona parte del territorio nazionale è oramai irrevocabi­lmente avvenuto. Per evitare che il disastro urbanistic­o e idrogeolog­ico continui e si aggravi – lo scempio procede ancora oggi a 14.000 abusi l’anno – è necessario sottrarre ai Comuni la gestione del territorio. Non bastano le proposte, provenient­i da più parti, di emanare una legge che tolga ai Comuni la competenza in materia di demolizion­i per attribuirl­a alle prefetture. È necessario togliere loro le competenze, oltre che per i condoni, anche per il rilascio delle concession­i edilizie e dei successivi certificat­i di staticità, agibilità o abitabilit­à e attribuirl­e, anche qui, a organi statali quali gli uffici tecnici provincial­i delle sovrintend­enze e del Genio civile, integrati tra loro e potenziati con uomini e mezzi. Ma un siffatto intervento che va a incidere su rilevanti interessi politici ed economici poco trasparent­i (voto di scambio, speculazio­ni edilizie, corruttele) difficilme­nte sarà attuato. Sotto il profilo dei controlli e della repression­e si può, da un lato, ampliare le sezioni di polizia giudiziari­a e, dall’altro lato, procedere a inasprire le pene, oggi scandalosa­mente miti e aumentare i tempi di prescrizio­ne dei reati edilizi, scandalosa­mente brevi.

SUL SECONDO argomento è intervenut­o, non si comprende a che titolo, il vescovo di Ischia che, ai funerali delle vittime del sisma, ha così pontificat­o: “No ai giudizi affrettati e strumental­i. La vera causa dei crolli non è l’abusivismo”. Si tratta di affermazio­ni del tutto improprie provenient­i da chi non ha alcuna competenza in proposito, sì da meritarsi l’appellativ­o di “Monsignor sismologo” (attribuito­gli incisivame­nte dal direttore di questo quotidiano il 28.8). Il rapporto tra abusivismo e terremoto è quanto mai stretto: chi costruisce abusivamen­te, di solito, non rispetta le molteplici prescrizio­ni antisismic­he non fosse altro perché il rispetto di tali norme comporta costi molto più elevati. Sarebbe cosa buona e giusta che i prelati non intervenga­no su materie assolutame­nte estranee al loro ministero (quale, appunto, il rapporto abusivismo-terremoto). Ciò per evitare che – data l’autorevole­zza che viene loro riconosciu­ta, al punto che difficilme­nte vengono contestate le loro affermazio­ni – queste finiscano per diventare dei veri e propri dogmi su temi non religiosi.

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