Il Fatto Quotidiano

Il debutto rimpicciol­ito: l’idea di Payne non salva il mondo

L’INAUGURAZI­ONE La Mostra del Cinema è partita ieri con “Downsizing”, un apologo sull’ambiente in cui, per sopravvive­re, uomini e donne si restringon­o fino a 12 centimetri

- » FEDERICO PONTIGGIA @fpontiggia­1

Tesoro, mi si è ristretta la Mostra. Venezia 74 inaugura con Downsizing, il mini-apologo ambientali­sta e buonista dell’americano Alexander Payne, e si ferma a mezza costa: è un film più alto di Everest, deludente incipit del 2015, ma più piccino di La La Land, apertura danzante e calzante dell’anno scorso.

REGISTA SOLIDO, empatico e dotato di sense of humour, qui e là – il penultimo Nebraska– eccellente, Payne perfeziona con il sodale James Taylor un progetto di lunga gestazione, servendo su schermo il rimedio al sovrappopo­lamento del nostro pianeta: rimpicciol­ire uomini e donne fino a una dozzina di centimetri d’altezza. Partorita da un team di scienziati norvegesi, la miracolosa riduzione promette eco-sostenibil­ità e fa proseliti: anche Paul Safranek (Matt Damon) e la moglie Audrey (Kristen Wiig) decidono di abbandonar­e le miserie della loro vita in Omaha, Nebraska, per raggiunger­e una comunità di piccoletti in New Mexico. Lui, perché lei ci ripensa, ed è una dipartita luttuosa per il film: ottima, seppure da Swift in giù non inedita, l’idea, efficaci gli effetti speciali, ma la sceneggiat­ura imbarca presto stracche e moralismi risparmiab­ili. Il “v ed ovo ” lillipuzia­no Paul troverà un traffichin­o festaiolo serbo ( Christoph Waltz), un’attivista vietnamita amputata (Hong Chau) e u n’apocalisse imminente, mentre in campo lungo Payne staglia moniti ecologisti, qualche distinguo su radicalism­i e settarismi e, bontà sua, il sospetto che le dimensioni non contino: ingiustizi­e e sperequazi­oni permangono in sedicesimi, la decrescita non è felice. Proprio come quella di D ow ns iz in g, che senza scadere nel downgrade nondimeno segnala respiro corto, irresolute­zza e una salvezza ecumenica e sciapa. Payne non accoglie l’anti-trumpismo, professa il “faccio film per tutti”, più deciso Damon che ai microfoni di Sky Tg 24 lamenta come “Trump non sta facendo nulla per l’ambiente. Sta solo distruggen­do quello che ha fatto Obama. Che si può fare? Aspettare che se ne vada”. Attendista lui, attendista il film.

Apertura in un Palazzo del Cinema effetto vintage, la presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nonché del ministro Dario Franceschi­ni e del sottosegre­tario Maria Elena Boschi, ha rincarato misure di sicurezza già eccezional­i, perché la minaccia nel fuoricampo della Mostra si chiama Isis. Prima volta di un madrino di cerimonia, Alessandro Borghi, al Lido, qualche sospetto di “cerchiobot­tismo di genere” rimbalza tra giuria e concorso: una sola regista, Vivian Qu, su ventuno titoli in lizza per il Leone, al contrario, le donne sono in grande maggioranz­a tra quanti dovranno giudicare. La presidente di giuria Annette Bening dichiara che “a Hollywood il sessismo c’è, ma le cose stanno cambiando”, vedremo in Laguna. In ogni caso, le quote rosa non sono una soluzione.

Lo è, sul campo, Nico, 1988 di Susanna Nicchiarel­li, ouverture di Orizzonti. Dopo lo sciagurato La scoperta dell’alba, dal libro di Veltroni, ritro- va la vena dell’esordio Cosmonauta e si migliora, filmando un road movie sulle orme dell’art ista- cantante Nico, nome d’arte della tedesca Christa Päffgen, interpreta­ta alla grande da Trine Dyrholm.

DA PARIGI a Praga, da Norimberga ad Anzio, l’ex icona di Warhol e dei Velvet Undergroun­d viene inquadrata alla fine della carriera, e della vita, tra disintossi­cazione dall’eroina, ricostruzi­one del rapporto con il figlio e tour europeo con la sua musica, finalmente. Non più bionda, non più magra, non più bella, lo specchio è però promessa di felicità, e lo schermo si accoda: Nicchiarel­li non ricalca la storia, reinventa, si riappropri­a di Christa/Nico, come Trine fa – splendidam­ente – dei suoi pezzi. Servirebbe più sporcizia, più dolore, ma c’è misura, perfino sentimento. Per la spirituali­tà, invece, citofonare William Friedkin, che in The Devil and Father Amorthrito­rna sui temi del suo L’esorcista (1973) con la complicità dello scomparso esorcista della diocesi di Roma: senza i coperchi, ma con tutte le pentole.

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Merie W. Wallace Le star del giorno Matt Damon e il regista Alexander Payne sul set di “Downsizing”, presentato ieri

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