Anche Lorenzin vuole la censura (e usa Google)
Il ministero della Salute collabora con la multinazionale per decidere cosa va letto
Èun eterno ritorno: basta che il termine fake news ( come cyberbullismo) manchi dalle pagine dei quotidiani e dalle home page dei siti per un po’, per risvegliare in qualcuno al governo il bisogno di riproporlo insieme ad una proposta al limite della censura. E infatti, il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, in un’intervista rilasciata a La Stampa (a cui non è seguita alcuna smentita) e pubblicata ieri, parlando di vaccini ha fatto sapere di stare “lavorando in collaborazione con Google” per indicizzare le notizie certificate scientificamente. “Stiamo anche cercando con Google e polizia postale la via per rimuovere le false notizie che circolano in Rete e che sono pericolose per la salute pub- mativo, creerebbe una distorsione ancora più forte.
Al ministero provano a smorzare i toni: parlano di una “c ol l ab o r az i on e ” ch e non è ancora un “protocollo”, precisano che tutto è “ancora lontano dal definirsi con precisione”, che per ora stanno cercando un modo per attivare una collaborazione che li aiuti a comprendere come “posizionare meglio i contenuti e fare in modo che su determinate parole (vaccini o autismo, ad esempio) agli utenti appaiano in cima i risultati del ministero”. Nessuna rimozione quindi, ma comunque un controllo del flusso. Però è anche vero che né Google, né Lorenzin hanno sentito la necessità di precisare ufficialmente le parole dell’intervista.
Di sicuro, le bufale sono ormai diventate il capo espiatorio per eccellenza: dall’elezione di Trump alla Brexit, passando per la Germania dove in vista delle elezioni del 24 settembre è stata approvata una proposta per contrastarle: fino a 50 milioni di euro di multa ai siti che non riescano a eliminare entro 24 ore i contenuti falsi o discriminatori. Fino- ra, sono però solo stati chiusi circa 10 mila account Facebook falsi.
“C’è una questione che nessuno sembra considerare – ha spiegato Shane Greenup, fondatore di rbutr (una piattaforma che segnala se una pagina web e i rispettivi contenuti siano stati contraddetti o messi in discussione da qualche altra parte sul web) in un intervento ripreso ieri dal sito Valigia Blu –. Se implementiamo un sistema, su piattaforme come Facebook e Google, che distingua accuratamente il vero dal falso, finiremmo in una situazione di gran lunga peggiore rispetto a quella attuale. Il risultato raggiunto favorirebbe la pigrizia intellettuale a discapito del pensiero critico”.
IN PRATICA se la fonte fosse in grado di fornire in modo affidabile informazioni vere, la necessità di essere scettici e di mettere in discussione le informazioni ricevute non avrebbe motivo di esistere. “Le persone che crescono in un ambiente dove tutta l’informazione è controllata - dice Greenup - si abitueranno a diventare recettori passivi invece di lettori critici di cui c’è bisogno”.
Il nodo vaccini Dietro alla lotta alle fake news, l’ennesimo atto per controllare il dibattito sul decreto