STRANIERO, LA PAROLA USATA PER ODIARE
Roma, strada del centro, traffico caotico. I mp ro vv i sa me nt e un passante si lancia in strada e si trova di fronte a un taxi che accelera perché il semaforo è scattato sul verde. Frenata violenta e guidatore che si sporge dal finestrino per urlare. C’è un attimo di esitazione. Il trasgressore è biondo. Poi il grido: “Straniero!”.
LA PAROLAè diventata d’uso comune come insulto nell’Italia di oggi. Potendo si direbbe “clandestino”, e metà della stampa italiana ( diremo: la stampa di scorta dell’orda) lo fa ancora con una sorta di entusiasmo, di soddisfazione per avere colto il punto per il quale si possono odiare certe persone. Tuttavia il cuore del corrente discorso italiano è la parola “straniero”. Al punto che personaggi responsabili di aggressioni fisiche e morali agli immigrati, personaggi che si oppongono con tutte le forze alla legge sullo Ius soli, fanno sapere che gli intrusi, per prima cosa, devono dimostrare di conoscere “i valori italiani ( dicono proprio così) e “le nostre tradizioni”(compresi, suppongo, gli insulti del vice presidente del Senato a ll ’ allora ministra Kyenge). Il razzismo è forte, come i ceppi di certe malattie che i razzisti attribuiscono ai migranti (“La malaria degli Immigrati” era il titolo non dimenticabile di un giornale dell’orda). L’orda, variamente articolata fra chi mostra di difendersi per paura e chi ostenta con franco orgoglio il suo odio, ha realizzato anche un manifesto per la difesa delle nostre donne dai negri, proprio il giorno prima della disperata denuncia delle due ragazze ameri- cane debitamente scortate, come se il manifesto (accade in certi cartoni animati), si fosse messo in movimento.
Dunque nel claustrofobico contenitore italiano, che è diventato un Paese senza partiti, senza idee, senza progetti, senza governo, lo spazio è stato occupato da alcune parole chiave che ormai dominano la nostra vita pubblica e privata di italiani. Una è “st r a ni e ro ” (c l an d e st i no , quando si è lasciati liberi di usare il gergo falso e barbaro della legge Bossi Fini, tuttora in vigore). Questa parola è molto potente. Da sola riporta indietro tutta la cultura fascista dell’esclusione.
E non solo ha liquidato la conquista di alta civiltà di Schengen, ma ha riportato il fascismo al centro della nostra vita. Perché la parola “straniero” fa rivivere l’intera immaginazione fascista.
Là fuori il nemico, qui da noi la frontiera, alla frontiera i militi italiani ( o libici, nel nostro caso). Dopo tutto avevamo gli “Ascari” (chissà quanti giovani lo sanno?). E la frontiera è così sacra che ci va bene anche se non siamo noi a chiuderla, ma i nostri vicini contro di noi. Per esempio la polizia italiana aiuta quella francese a tenere ben chiuso il confine francese così che nessuno degli stranieri che vagano da noi possano entrare, come desiderano, in Francia, dove hanno famiglia e troverebbero lavoro. E in Italia facciamo la nostra parte per scoraggiarli e umiliarli, rifiutando agli “stranieri” persino l’acqua, in modo che si sparga la voce. Gli austriaci hanno schierato le truppe per sigillare l’Italia. E di nuovo il nostro problema non è il governo austriaco che sbatte la porta in faccia all’Italia, e meriterebbe il richiamo dell’ambasciatore, ma “gli stranieri” che rifiutano di accettare il loro ruolo umanamente e socialmente inferiore e non vogliono andarsene.
ANCHE AL BRENNERO la polizia italiana pattuglia insieme a quella austriaca, seguendo un’idea di odio (mi riferiscono ai prefetti, a chi li comanda, non ai poliziotti) che è l’inevitabile conseguenza dell’avere assorbito tutto il veleno della parola “straniero” usata per dire “clandestino”. In questo contesto, infatti, la parola implica reato e cancella il diritto, persino quello antico della Bibbia e del diritto romano.
In questa Italia si ribellano i sindaci della mini-accoglienza (rifiutano tre stranieri per borgo in villaggi vuoti), si ribellano i sindaci dei vaccini dopo accalorate dichiarazioni di dissenso con i Nobel del mondo, si ribellano i parlamentari che non vogliono votare la Ius Soli. Cattiveria, odio e repulsione dello straniero non sono mai stati, nella storia, buone ragioni di stare insieme. A meno di aggiungere la violenza.