“Catalogna, il caos colpa del PP, partito di sordi e corrotti”
Pablo Iglesias, cosa pensa di quanto successo nel Parlamento catalano?
In Catalogna c’è un problema politico evidente, un problema antico che ha a che vedere con la storia della Spagna come paese plurinazionale. Quello che sta facendo il governo coprendosi dietro i giudici, la legge e la polizia è molto goffo politicamente. Noi sosteniamo la celebrazione di un referendum accordato e con garanzie. È vero che l’immagine delle istituzioni catalane ne è uscita danneggiata in questi giorni, ma i problemi politici si risolvono solo con la politica. E il problema catalano si risolve cacciando il PP dal governo. Che succederà il 1° ottobre?
Non si sa, ma ci sembra positivo che la mobilitazione politica del 1° ottobre si possa celebrare. Non è il referendum con le garanzie necessarie, ma una mobilitazione legittima. Difendiamo il sentimento maggioritario del popolo catalano sul diritto a decidere e perciò bisognerà continuare a lavorare a partire dal 2 ottobre. Sono orgoglioso che l’ampio spazio politico catalano che a noi si riferisce abbia caratteristiche di pluralità. Saranno i suoi militanti a decidere che posizione assumere rispetto al 1° ottobre.
Cosa pensa delle critiche rivolte ai Mossos nei giorni sucessivi all’attentato? Né la società catalana né quella spagnola possono permettersi che i loro politici utilizzino le forze di polizia, che vigilano sulla sicurezza, per fini di partito. Non si dovrà più ripetere quello che la commissione parlamentare ha dimostrato, ossia che il PP utilizzò la polizia per attaccare rivali politici. Ma questo non è mai legittimo. Tutte le amministrazioni debbono collaborare e apprezzare il lavoro delle forze di sicurezza.
Che destra è quella al governo?
In Spagna governa un partito corrotto, come accreditato dai tribunali, che utilizza le istituzioni per proteggere non i cittadini ma i delinquenti. Lo abbiamo visto nei casi del ministero della Giustizia e degli Interni, dove alti funzionari si sono riuniti con imputati del proprio partito e con l’amnistia fiscale che ha favorito i grandi evasori. Il PP è un partito che non capisce la Spagna con le conseguenze che osserviamo in Catalogna. Il PP con il Psoe fece una riforma della Costituzione sul pareggio del bilancio che mise in ginocchio il nostro paese davanti a poteri economici che nessuno aveva eletto
Siete passati dalla casta alla trama, perché?
La casta era un concetto che s’identificava con la classe politica, è stato utile per molto tempo, ma quello di trama spiega meglio il sistema di potere che c’è in Spagna. La trama viene dal secolo XIX, in Spagna ha la sua peculiarità nel modo di essere del capitalismo. Perché non ci fu- presieduto da Sánchez, favorendo un dibattito nel Psoe su quale doveva essere il suo alleato. Il messaggio dei militanti socialisti fu che vogliono il loro partito alleato non con il PP ma con noi. Abbiamo messo sul tavolo una nuova grammatica per capire la Spagna e un po’alla volta il Psoe si sta muovendo verso le nostre posizioni. Sarebbe bene che ci mettessimo d’accordo per fare un governo alternativo al PP.
Come cambia il rapporto tra democrazia rappresentativa e democrazia diretta in questa fase storica? L’oligarchizzazione dei partiti ne ha prodotto il distacco dalla società civile. Scommettiamo su un modello di partecipazione interno molto ampio e su questo abbiamo influenzato anche gli altri partiti. Ciò corrisponde a un cambio di epoca in cui si ridefiniscono le modalità della partecipazione politica. Le reti sociali possono contenere immondizia ma permettono un livello di partecipazione che rompe il monopolio dei grandi mezzi d’informazione. La partecipazione politica popolare più ampia è una delle caratteristiche della politica del secolo XXI.
Che Europa è questa della post-crisi economica?
È il risultato di vari fallimenti simultanei. L’elemento fondante della Ue era la prosperità, che fu l’illusione dei paesi del Sud, ossia l’Europa come futuro di benessere sociale. Il neoliberalismo lo mette in questione e con esso il progetto europeo. D’altra parte, la politica estera europea, quando è esistita, ha non solo compromesso i diritti umani come nel caso della politica migratoria, ma è risultata inefficace per mantenere la sicurezza degli europei. Cosa pensa di ciò che sta succedendo in Venezuela? C’è una crisi politica e istituzionale gravissima. Quello che stanno facendo alcuni mediatori internazionali come Zapatero è sensato ed è in linea con quanto auspicato dal Papa: scommettere sul dialogo e che governo e opposizione si diano mutuo riconoscimento, non c’è altra soluzione.
Con chi avete rapporti politici in Italia?
Quell’area della sinistra dove convivono movimenti sociali antagonisti, settori che vengono dal Pci come Rifondazione, Sinistra Italiana, è per noi un riferimento. L’Italia è un paese con una tradizione politica importante, per alcuni di noi l’esperienza di Genova fu fondamentale per capire i movimenti globali. Ci piacerebbe che tutto questo avesse una traduzione politica elettorale più potente.
Com’è cambiato in questi tre anni Pablo Iglesias? Non è lo stessa cosa essere un professore universitario e avere un modesto programma in una tv di quartiere che aspirare a essere presidente del governo e guidare uno spazio politico con più di 5 milioni di voti. Ti cambia molto, perfino nel tono della voce... per quanto riguarda il look, una delle cose che non mi ha contagiato è quel senso dell’eleganza che avete in Italia... Posso solo dire in mia difesa che provo a essere almeno autentico...