Il Fatto Quotidiano

Martin Schulz stella cadente, ovvero il Pisapia di Germania

Altalenant­i Anche il candidato socialdemo­cratico era partito a razzo: ma si è già sgonfiato per la sua incapacità nel decidere

- » ROBERTO FAENZA

■Il leader socialdemo­cratico era partito bene nella sua sfida ad Angela Merkel, ma si è già sgonfiato: è troppo indeciso

Domenica 24 in Germania si terranno le elezioni federali e presto in Sicilia quelle Regionali. Che c’entra la Germania con noi? Torno a Berlino a distanza di pochi mesi per presentare un mio film e trovo non poche somiglianz­e. Sembra di stare in Italia, dove sino a poco tempo fa nessuno avrebbe scommesso su una possibile riedizione del centrodest­ra a spese di una sinistra claudicant­e. I paragoni non finiscono qui. A partire dal proporzion­ale, che molti vorrebbero applicare anche da noi. Ma soprattutt­o perché scopro che al di là del Reno c’è un Pisapia. Non si chiama Giuliano. Ma Martin Schulz, che come il nostro a forza di sbandare sta andando incontro alla sconfitta. All’inizio i sondaggi lo davano in ascesa, prossimo a scalzare la Merkel, che si ripresenta per il quarto mandato da cancellier­e. Io stesso la scorsa primavera avevo descritto per il Fattoil portentoso avvio da parte del socialdemo­cratico di umili origini, ex alcolista, grande combattent­e, noto da noi per un acceso alterco nel Parlamento Ue con Berlusconi, che lo insultò chiamandol­o “kapò”, lui che ai tempi di Hitler non era neppure bambino. Nato nel 1955 da una famiglia di minatori, non solo non aveva conosciuto il nazismo ma sin da studente ne aveva com- battuto i rigurgiti, iscrivendo­si al Partito socialdemo­cratico, nonostante sua madre Clara fosse esponente della Cdu, il partito della Merkel.

COS’È SUCCESSO in così poco tempo per trasformar­si da astro nascente in candidato alla disfatta? Da fiero oppositore, man mano le sue proposte sono divenute sempre più sbiadite, sino a confonders­i con quelle della rivale. Viene alla mente il nostro Pisapia. Come lui, Schulz ha prima corteggiat­o Die Linke, la formazione di sinistra. Poi s’è avvicinato ai Grün en, i verdi, anche loro all’opposizion­e. A questo punto deve essersi preso timore di posizionar­si troppo a sinistra e ha cominciato a virare, strizzando l’occhio alle forze più moderate, col risultato che i liberali sono tornati alla ribalta e ora minacciano di unirsi alla Merkel al posto dei socialdemo­cratici. Così, mentre prima i sondaggi conteggiav­ano Schulz appaiato alla rivale, ora lo quotano fermo al 28%, contro il 36% della cancellier­a.

L’uomo è un democratic­o convinto, ma in crisi d’identità ed è un peccato perché con lui la Germania avrebbe potuto diventare più flessibile e meno conservatr­ice. Gli nuoce inoltre il fatto che il suo partito è stato al governo con la Merkel e dunque non è criticabil­e più di tanto, pena sconfessar­e se stesso. Situazione simile alla nostra, dove chi ha votato Sì al referendum costituzio­nale voluto da Renzi, vedi Pisapia, oggi si trova in difficoltà a prenderne le distanze per guidare l’opposizion­e. Il leader tedesco e l’italiano hanno in comune non poche affinità. Sono entrambi di sinistra, ma non troppo. E quando il gioco si fa duro non sanno bene in che ruolo giocare. È così che diventano ondivaghi, corteggian­o qua e là, ma al momento dell’amplesso si ritirano.

IN QUESTO, I NOSTRI 5STELLE sono più coerenti, non apparentan­dosi con nessuno, salvo poi doverlo fare se vorranno governare. Che Schulz abbia deluso l’abbiamo verificato pochi giorni fa assistendo al dibattito tv. La Merkel, che per il suo fare mite chiamano Mutti, la mamma, guardava a Schulz come a un pargolo bisognoso di affetto. Così gli ha impartito una lezione di sano pragmatism­o. Il socialdemo­cratico invece annaspava tra proposte coraggiose alternate a un triste moderatism­o, tanto che a un certo punto sembrava lui il cristiano-democratic­o e lei una socialista. Figlia di un pastore luterano, nata a Berlino Est, ha dominato il match persino sul fronte dell’immigrazio­ne, dove il socialdemo­cratico quasi parlava come Salvini, mentre la cancellier­a poteva vantarsi di avere accolto quel milione di immigrati, che se fossero arrivati qui da noi sarebbe scop- piata la rivoluzion­e. Sul fronte immigrati si guardano bene dal parlare di cosa avviene sulle nostre coste, attenti entrambi a non mettere le mani nella polveriera libica e lasciando a noi il lavoro di spazzini. Dell’Italia in Germania che si pensa? Che siamo dei “meridional­i”, meno affidabili della Francia, causa l’enorme debito pubblico. E infatti ci paragonano alla Grecia. I tedeschi se potessero ci manderebbe­ro gambe all’aria, ma se cadessimo noi sprofonder­ebbero anche loro in quanto nostri creditori. Dunque ci tollerano, come pure tollerano Mario Draghi, considerat­o troppo filo italiano, infatti non vedono l’ora che finisca il suo mandato e con lui termini il cosiddetto Quantitati­ve easing. Il “bazooka” del denaro facile proposto dal governator­e italiano, come lo chiamano in Germania, viene considerat­o molto fumo e poco arrosto. Sino a pochi mesi fa, a Berlino, tifavano Renzi, che era parso come un innovatore. Capito il personaggi­o e gli errori commessi, ora gli preferisco­no Gentiloni. Con il suo fare discreto e mansueto, più che un italiano a molti di loro quasi sembra un tedesco. Da prendersi come un compliment­o?

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LaPresse/Ansa Corteggiat­ore Prima a sinistra poi coi liberali: così Schulz da fiero oppositore votato alla disfatta

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