Il Fatto Quotidiano

Umanitaris­mo a numero chiuso, l’ultimo cinismo della Chiesa

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Avoltedime­ntichiamo che la storia della Chiesa è fatta di ragion di Stato più che di vicinanza agli sconfitti della Terra. Ma Bergoglio ci stava convincend­o che un vicario di Cristo può far vivere i suoi insegnamen­ti a costo di essere tacciato di demagogia. Perciò sconcerta il lessico con cui ha commentato la tragedia delle migrazioni: “Il problema dei migranti… un governo deve gestirlo con la virtù propria del governante: la prudenza” (non la virtù cardinale ma quella del Principe di Machiavell­i). “Cosa significa? Primo: quanti posti ho? Secondo: non solo riceverli, ma integrarli”. Se non ricordiamo male, nel Vangelo Gesù dice: “Ero straniero e mi avete accolto”, ma non specifica “perché avevate abbastanza posti”. Il Papa poi non cita nessuna statistica: evidenteme­nte si fida dei dati di Matteo Salvini sulla “invasione”. Quanto all’integrazio­ne, l’antropolog­ia ha sorpassato tale concetto assimilazi­onista con quello di inclusione.

Forse saremo ingenui, ma un Papa non dovrebbe pensare alle persone sfruttate e violentate nei lager libici, più che al “problema” logistico posto da loro ai “governanti”? Non dovrebbe sollecitar­e l’Unione Europea ad accogliere i migranti? Bergoglio, invece, ha anteposto un problema politico a un imperativo morale. Mancava l’umanitaris­mo a numero chiuso tra i cinismi della Chiesa.

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Giornalist­a del Fatto e scrittrice

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