Il M5S e il candidato premier: il metodo non è dei migliori
Mancano pochi giorni alle votazioni online che decideranno chi è il candidato premier del Movimento 5 Stelle. Allo stato sembra essere in lizza un unico nome. Quello di Luigi Di Maio. Alessandro Di Battista intervistato alla Versiliana, durante la Festa del Fatto Quotidiano, ha detto che presto avrebbe fatto sapere cosa intendeva fare. Ma finora non ha sciolto il riserbo. Anche Roberto Fico, che molti osservatori indicano come l’avversario naturale di Di Maio, sul punto tace. E lo stesso fa Nicola Morra. Nemmeno tra i militanti del Movimento si è poi registrata una corsa a presentarsi. Finora, anzi, almeno ufficialmente non si è fatto avanti nessuno.
Certo, è possibile che la situazione cambi nelle prossime ore. In Sicilia, per esempio, lunedì 3 luglio il blog di Beppe Grillo aveva annunciato che 24 ore dopo si sarebbe votato. Gli iscritti avevano così espresso la loro preferenza scegliendo in un elenco formato da chi aveva avanzato la propria candidatura. La domenica successiva si era poi passati al secondo turno. A quel punto erano rimasti nella competizione solo i nove più votati e, come ampiamente prevedibile, aveva vinto Giancarlo Cancelleri, molto popolare e conosciuto nell’isola.
Non abbiamo idea con quale metodo il M5S intenda ora scegliere on line il suo candidato (o la sua candidata) presidente del Consiglio. Ci saranno due turni? Ce ne sarà uno solo? Chiunque tra gli iscritti potrà correre? E chi si candida, in caso di sconfitta, potrà poi correre come aspirante parlamentare?
In attesa delle risposte, siamo però convinti che la procedura fin qui seguita non sia (per usare un eufemismo) tra le migliori. Secondo noi una sola settimana è assolutamente insufficiente per far maturare tra i militanti un voto consapevole. Una preferenza basata cioè non sul semplice sentimento, ma anche sul ragionamento. In democrazia i confronti pubblici tra i vari candidati sono importanti per comprendere davvero chi ha la migliore attitudine per ricoprire il ruolo a cui aspira. E non è poi nemmeno irrilevante dare a ciascun candidato le medesime possibilità di presentare agli elettori se stessi e ciò che si vuole. Possibilità che, oggettivamente, a questo punto non vi sono più. Di fatto solo Di Maio in questi mesi ha girato per l’Italia e per le televisioni nelle vesti di aspirante, ma non apertamente dichiarato, premier. Gli altri, chi più e chi meno, sono rimasti in seconda fila. In questo modo, pure se all’ultimo momento si candidasse un big del Movimento come Di Battista, la prospettiva sarebbe quella di assistere a un semplice e quasi unanime plebiscito nei confronti del vicepresidente della Camera.
Quando alla Versiliana lo abbiamo fatto presente proprio a Di Battista, ci siamo sentiti rispondere che a suo avviso il problema non c’è. Nei cinquestelle, ha sostenuto, non ci sono né correnti, né obiettivi diversi. Tutti conoscono le diverse capacità dei singoli. E quindi chi verrà scelto avrà semplicemente il compito di mettere in atto il programma già stabilito con gli iscritti attraverso la piattaforma Rousseau. Non siamo d’accordo. Cercare un voto realmente consapevole da parte dei propri elettori riduce il rischio di errori nella selezione del candidato, moltiplica gli spazi di democrazia e differenzia da quasi tutti gli altri partiti. Per questo, comunque andrà il voto online, pensiamo di trovarci di fronte a un’occasione persa da parte del movimento fondato da Beppe Grillo. C’è solo da sperare che si tratti di un errore di gioventù e non una tappa verso una brutta deriva.