Il Don Chisciotte delle Fs : il piano dell’Ad per andare in Borsa. Contro tutto e tutti
MIL PIANO
Il piano di Mazzoncini: in Borsa il 40% delle Frecce (Rosse, Bianche e Argento) più gli Intercity, cioè i treni a lunga percorrenza, inclusi i notturni. Le Frecce fanno utili, gli Intercity prendono fondi dallo Stato azzoncini contro il resto del mondo. Sulla quotazione dei treni in Borsa il dinamico amministratore delle Ferrovie, Renato Mazzoncini, sta giocando una partita all'attacco e senza alleati, proprio nell'inquieta stagione prima delle elezioni di primavera. Volitivo come sempre sta sfidando tutti: in prima linea i sindacati che contro il suo progetto si sono ritrovati uniti in un amen. E poi mezzo governo, a cominciare dal prudente Graziano Delrio, responsabile dei Trasporti, che prima della pausa d'agosto ha fatto intendere a Mazzoncini che non era il caso di accelerare con la privatizzazione, anzi, forse era meglio frenare. E pure il ministro del Tesoro, Pier Carlo Padoan, non è affatto entusiasta della smania di Mazzoncini per la Borsa.
Padoan è diventato scettico da quando gli hanno spiegato che il miliardo di euro che secondo le stime verrebbe incassato con la quotazione non transiterebbe verso il ministero, ma si fermerebbe prima, nei forzieri delle Fs “a disposizione per accrescere la competitività, soprattutto al l'es ter o”, ha specificato Mazzoncini. Per le Fs e le aziende di Stato, Padoan sembra coltivare altri progetti, magari una holding sotto l'ala della Cassa Depositi e Prestiti che raggruppi le partecipazioni da vendere direttamente ai grandi investitori senza quotazioni in Borsa. Infine c'è il Pd che non ha alcuna intenzione di svenarsi per Mazzoncini sfidando a petto in fuori i sindacati, pronti a opporre ai piani borsistici dell'amministratore Fs una sventagliata di scioperi con conseguente paralisi dei treni proprio nei mesi prima del voto. Per procedere verso la Borsa, Mazzoncini avrebbe bisogno dell'intervento Pd che gli dovrebbe scodellare un nuovo decreto in sostituzione del precedente di fine 2015 che preparava la quotazione con presupposti completamente diversi. Ma date le premesse appare molto difficile che il Pd abbia voglia di accontentare il capo delle Fs.
Futuro?
IMPERTERRITO Mazzoncini però va avanti. Il 4 settembre al meeting di Cernobbio ha riproposto pari pari la sua strategia e qualcuno ha pensato al famoso soldato giapponese nella giungla che combatteva la guerra da solo ignorando che era finita da un pezzo. Siccome però tutto si può dire dell'amministratore Fs tranne che sia un soldatino sprovveduto, c'è da chiedersi a che gioco stia giocando e quali sono i suoi veri obiettivi. Vista da questa angolazione la storia cambia verso ed è lecito supporre che l'ostinazione di Mazzoncini c'entri fino a un certo punto con i treni. Bresciano, classe 1968, relativamente giovane per le gerontocrazie pubbliche, prelevato da un'aziendina di trasporti fiorentina e spinto appena due anni fa al vertice del mastodonte Fs da Matteo Renzi, quando pensa al suo futuro Mazzoncini non vede solo i binari. Si sente ormai una risorsa della Repubblica e guarda al dopo voto, alle nomine future nelle grandi imprese pubbliche e ci tiene a presentarsi come il privatizzatore risoluto, anche contro le prudenze della politica. Scommette, insomma, Mazzoncini e la sua scommessa ha così tante variabili da risultare al momento non quotabile.
Il percorso da lui imboccato verso la Borsa è completamente diverso da quello autorizzato a suo tempo dal governo. Per Mazzoncini non va quotato il 40 per cento dell'intero gruppo tranne Rfi, la prosperosa rete dei binari che deve restare interamente pubblica, ma il 40 per cento delle Frecce (Rosse, Bianche e Argento) più gli Intercity, cioè i treni a lunga percorrenza, inclusi i notturni. Frecce e Intercity stanno nelle stesso cesto Fs come mele e pere: le Frecce guadagnano in un mercato dove ci sono anche
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