Pochi laureati, poche chance: noi come il Messico
Italia ultima per la spesa destinata all’istruzione. I diplomati trovano lavoro più dei dottori
Pochi laureati, molti dei quali vengono per giunta dalle materie che offrono meno opportunità di lavoro. Tra i membri dell'Ocse, solo in Messico c'è una percentuale inferiore alla nostra di adulti con in tasca un titolo universitario. Tra l'altro, l'amore degli italiani per le facoltà umanistiche e letterarie condanna molti “dottori” alla disoccupazione o, nelle migliori ipotesi, a doversi accontentare di un impiego che non c'entra nulla con quello che si è studiato.
IL RAPPORTOannuale Education at a Glance, redatto dall'Organizzazione per lo sviluppo e la cooperazione (Ocse), è l'ennesima bocciatura che l'Italia incassa sui temi dell'istruzione, soprattutto universitaria.
La raffica di classifiche pubblicate ci vede, per usare una metafora sportiva, sempre ultimi o quantomeno in zona retrocessione. A partire dal numero di laureati: solo il 18% della popolazione adulta. Penultimi in graduatoria, con la media generale che raggiunge il 37%. Il distacco diventa del 35% se consideriamo solo le donne. Sui motivi di questo storico ritardo vi sono molte spiegazioni. Una molto accreditata – citata infatti dall'Ocse – sta proprio nel fatto che il titolo universitario spesso non garantisce un buon posto di lavoro, né tantomeno un ricco stipendio. Questo scoraggia le iscrizioni o in altri casi provoca abbandoni a metà strada: “Questi bassi livelli – si legge nella nota - possono essere in parte dovuti a prospettive insufficienti di lavoro e a bassi ritorni finanziari”.
C'è poi il tema delle barriere all'ingresso, dovuto agli scarsi investimenti che l'Italia destina al settore dell'educazione. Già l'intero budget destinato all'istruzione del 2014, che va gli stanziamenti per la scuola primaria fino al fondo universitario, raggiunge appena il 7,1% della spesa pubblica (ultimi nel ranking Ocse). I costi per frequentare l'università in Italia ricadono sui privati per il 35%, mentre la media è del 30% e in diversi Paesi – come al solito, quelli del Nord Europa - l'istruzione terziaria è quasi totalmente a carico dello Stato.
Anche per chi riesce a ottenere il titolo, trovare lavoro può richiedere una lunga ricerca, tanto che il tasso di occupazione dei laureati compresi tra 25 e 34 anni è del 64%, addirittura più basso dei diplomati con qualifica professionale (68%). Un po' diversa è la conclusione cui è giunto l'Istituto di analisi delle politiche pubbliche (Inapp), che però ha considerato la popolazione dai 20 ai 34 anni. Secondo il report dell'ente italiano, basato sulle tabelle Istat, anche la laurea trien- nale premia più di un diploma professionale. Non c'è però da essere troppo ottimisti, perché si conferma la scarsa appetibilità sul mercato dei dottori in Lettere ( il tasso di occupazione è del 64,4%). Secondo l'Ocse, da noi quelli con un titolo in materie umanistiche sono ben il 30% dei laureati (questa volta siamo primi in classifica). Più “fortunati” sono invece i giovani ingegneri, che hanno un tasso di occupazione dell'84,9%, anche perché sono pochi. Proprio in questo ambito esiste però un ampio divario di genere: la disoccupazione femminile (14,4%) è il doppio rispetto a quella maschile (7,2%).
LE PARIopportunità, comunque, restano una chimera quasi in ogni settore: considerando tutti gli under 34 con laurea specialistica, la difficoltà a trovare lavoro riguarda il 12,3% degli uomini e ben il 16,6% delle donne. Vi sono però materie nelle quali la popolazione femminile ha meno sfortuna di quella maschile: Architettura, Scienze sociali e Medicina.