Il Fatto Quotidiano

Dalla Prima

- » MARCO TRAVAGLIO

Eallora

non si vede perché il governo tutto Pep approvi una legge così severa e poi si permetta di varare un decreto che mette le Pep al riparo dal controllo della stampa e dell’opinione pubblica. E con la scusa della privacy che, nel caso delle Pep, tende a evaporare, visto che sia gli organi comunitari sia la nuova legge italiana le sottopone a controlli infinitame­nte più stringenti rispetto a quelli riservati ai cittadini comuni, in quanto – è sempre la legge che parla – “i flussi di denaro illecito possono minare l’integrità, la stabilità e la reputazion­e del settore finanziari­o e costituire una minaccia per il mercato interno dell’Unione nonché per lo sviluppo internazio­nale”. Chi pretende la stessa privacy della gente comune, cambi mestiere e torni a essere – ove mai lo sia stato – un cittadino qualunque. Se invece vuole colleziona­re cariche, con relative prebende, si rassegni a rinunciare alla privacy, specie se serve a coprire le magagne della sua attività pubblica.

Non sappiamo cosa diranno i procurator­i a Orlando sul suo decreto-bavaglio: a giudicare dalle prime reazioni, è prevedibil­e una plateale, omerica pernacchia. Ma sappiamo cosa diremmo noi, se il ministro volesse ascoltare anche i direttori di giornale: il giornalist­a ha il dovere profession­ale di pubblicare tutto ciò che sa, segreto o meno che sia, e nella forma più completa e dettagliat­a che può. Se un cronista giudiziari­o ha la trascrizio­ne testuale e integrale di un’intercetta­zione e la legge – quella di oggi, senza aspettare il decreto Orlando – gli impone di parafrasar­ne il contenuto, il suo dovere è di infrangere la legge e di pubblicare il testo integrale, non il suo personale e soggettivo riassuntin­o.

Dinanzi alle parole testuali che si scambiano due personaggi pubblici, senza interpolaz­ioni o interpreta­zioni personali, il lettore potrà formarsi un’opinione il più possibile informata. Invece, dinanzi alla parafrasi del giornalist­a, nessuno potrà essere certo che questi abbia compreso e sintetizza­to bene il pensiero dei due interlocut­ori. Non c’è mediazione che tenga: o il ministro ritira il suo decreto, oppure l’intera stampa italiana dovrebbe violarlo fin da subito con l’obiezione di coscienza per farsi indagare e, al processo, chiedere al Tribunale di eccepire sulla illegittim­ità della norma per evidenti contrasti con l’art. 21 della Costituzio­ne e con l’art. 10 della Convenzion­e europea sui diritti dell’uomo. E dunque di disapplica­rla, com’è avvenuto con altre norme incostituz­ionali e nate morte, tipo la Berlusconi-Castelli sulle rogatorie. Gli ultimi casi di stupro, con i giornali traboccant­i di verbali perlopiù segreti (come le agghiaccia­nti testimonia­nze delle vittime), dimostrano che l’Italia è il Paese di Sottosopra: massima privacy per i politici (tranne la Raggi, di cui si può pubblicare qualunque cosa, anche privatissi­ma, dalle chat del solito Marra) e zero privacy per la gente comune. Anche perché il cosiddetto Garante della Privacy, così garrulo e arzillo quando c’è di mezzo un B. o un Renzi, proprio ora che dovrebbe difendere la dignità delle donne violentate, è caduto in letargo.

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