Siamo tutti Mastella
Ieri, tra le varie telefonate di strani “colleghi” a caccia di un mio commento, anzi di un mio pentimento per l’assoluzione di Mastella, come se l’avessi indagato e rinviato a giudizio io, mi chiama uno dei miei avvocati. Mi racconta di un processo a mio carico per diffamazione a proposito di un mio trafiletto del lontano 2010 (una giornalista del Tg1 che aveva diffuso dati imprecisi sul numero delle intercettazioni), ancora in udienza preliminare. E mi chiede elementi per dimostrare la fondatezza di ciò che scrissi sette anni fa. Per fortuna ho un buon archivio e riesco a trovare i dati necessari a difendermi. In 34 anni di carriera ho subìto quasi 200 processi (e non so quante indagini: molte querele vengono archiviate all’insaputa del querelato) per diffamazione e, a parte una multa di mille euro (a Previti!), sono sempre stato assolto. Dunque dovrei strillare ogni giorno alla persecuzione giudiziaria, alla gogna mediatica, al giustizialismo a tutto l’armamentario del finto garantismo italiota.
Naturalmente me ne sto zitto, mi difendo nei processi, spendo un capitale in avvocati (che devo pagarmi anche quando le querele vengono archiviate, grazie ai nostri legislatori “garantisti”) e mi faccio una cultura in diritto e procedura penali. Per esempio, ho imparato a distinguere tra fatti e reati: i processi per diffamazione non devono accertare se ho davvero scritto una certa cosa (che è lì stampata, a disposizione di chiunque voglia valutarla), ma se quella cosa sia o meno diffamatoria. E a quel punto parte il terno al lotto, a seconda del giudice, nulla essendo più aleatorio e soggettivo di concetti come la “continenza”, il diritto di satira o di critica (se fai una battuta, devi sperare che il giudice la capisca).
Un’altra cosa che ho imparato è che la legittimità di un’indagine non dipende dalla sentenza: altrimenti 199 delle 200 inchieste a mio carico sarebbero state infondate solo perché seguite da altrettante assoluzioni, e io dovrei domandarmi cosa ho fatto di male per stare sulle palle a decine di Procure. Le indagini nascono da una notizia di reato: una querela, una denuncia, un’inchiesta della polizia giudiziaria, un’iniziativa del pm, un articolo di giornale, un’inchiesta tv. Quando le aprono, i pm non sanno se il reato c’è né chi l’ha commesso: indagano apposta per scoprirlo. Se poi pensano di avere trovato il reato e il colpevole, chiedono il rinvio a giudizio al gup che, se ritiene che esistano elementi sufficienti per un processo, lo dispone. Accade ogni giorno a migliaia d’italiani e nel 2008 capitò anche a Clemente Mastella e alla moglie Sandra Lonardo.
Come i lettori forse sapranno s’avvicinano le Primarie dei 5 Stelle che servono a scegliere il candidato presidente del Consiglio. Tutti vaticinano che alla fine il prescelto sarà Luigi Di Maio, ma non è questo il punto. Si vuole qui sottolineare la peculiare, e innovativa, modalità di scelta adottata dal Movimento di Beppe Grillo per trovare il suo frontman per le Politiche: più che primarie nel senso classico, infatti, si tratta di un beauty contest. Molti commentatori, ad esempio, la- mentano che – a meno di dieci giorni dalla proclamazione del vincitore (il 23 settembre) – ancora non si sappia con quali regole si voterà, né chi potrà candidarsi. Obiezione inutile visto che – ha spiegato Alessandro Di Battista – “il Movimento non ha le correnti, ha un programma: il candidato porta avanti quello e zitto”. Il candidato, dunque, non viene scelto per le sue proposte, le sue idee o, volendo esagerare, la sua visione della società espressa in un contesto di valori condivisi con i 5 Stelle: no no, il candidato non ha bisogno di avere una personalità, ha già un programma (e zitto). Si deve presumere, dunque, che agli iscritti M5S verrà chiesto di scegliere il futuro premier, se non per ragioni all’ingrosso politiche, in base alla simpatia o alla bellezza o per quel certo non so che.
Un beauty contest, come si vede, e per una decisa scelta ideologica informata non al principio secondo cui uno vale uno, ma a quello per il quale uno vale l’altro.