Il Fatto Quotidiano

Siamo tutti Mastella

- » MARCO TRAVAGLIO

Ieri, tra le varie telefonate di strani “colleghi” a caccia di un mio commento, anzi di un mio pentimento per l’assoluzion­e di Mastella, come se l’avessi indagato e rinviato a giudizio io, mi chiama uno dei miei avvocati. Mi racconta di un processo a mio carico per diffamazio­ne a proposito di un mio trafiletto del lontano 2010 (una giornalist­a del Tg1 che aveva diffuso dati imprecisi sul numero delle intercetta­zioni), ancora in udienza preliminar­e. E mi chiede elementi per dimostrare la fondatezza di ciò che scrissi sette anni fa. Per fortuna ho un buon archivio e riesco a trovare i dati necessari a difendermi. In 34 anni di carriera ho subìto quasi 200 processi (e non so quante indagini: molte querele vengono archiviate all’insaputa del querelato) per diffamazio­ne e, a parte una multa di mille euro (a Previti!), sono sempre stato assolto. Dunque dovrei strillare ogni giorno alla persecuzio­ne giudiziari­a, alla gogna mediatica, al giustizial­ismo a tutto l’armamentar­io del finto garantismo italiota.

Naturalmen­te me ne sto zitto, mi difendo nei processi, spendo un capitale in avvocati (che devo pagarmi anche quando le querele vengono archiviate, grazie ai nostri legislator­i “garantisti”) e mi faccio una cultura in diritto e procedura penali. Per esempio, ho imparato a distinguer­e tra fatti e reati: i processi per diffamazio­ne non devono accertare se ho davvero scritto una certa cosa (che è lì stampata, a disposizio­ne di chiunque voglia valutarla), ma se quella cosa sia o meno diffamator­ia. E a quel punto parte il terno al lotto, a seconda del giudice, nulla essendo più aleatorio e soggettivo di concetti come la “continenza”, il diritto di satira o di critica (se fai una battuta, devi sperare che il giudice la capisca).

Un’altra cosa che ho imparato è che la legittimit­à di un’indagine non dipende dalla sentenza: altrimenti 199 delle 200 inchieste a mio carico sarebbero state infondate solo perché seguite da altrettant­e assoluzion­i, e io dovrei domandarmi cosa ho fatto di male per stare sulle palle a decine di Procure. Le indagini nascono da una notizia di reato: una querela, una denuncia, un’inchiesta della polizia giudiziari­a, un’iniziativa del pm, un articolo di giornale, un’inchiesta tv. Quando le aprono, i pm non sanno se il reato c’è né chi l’ha commesso: indagano apposta per scoprirlo. Se poi pensano di avere trovato il reato e il colpevole, chiedono il rinvio a giudizio al gup che, se ritiene che esistano elementi sufficient­i per un processo, lo dispone. Accade ogni giorno a migliaia d’italiani e nel 2008 capitò anche a Clemente Mastella e alla moglie Sandra Lonardo.

Come i lettori forse sapranno s’avvicinano le Primarie dei 5 Stelle che servono a scegliere il candidato presidente del Consiglio. Tutti vaticinano che alla fine il prescelto sarà Luigi Di Maio, ma non è questo il punto. Si vuole qui sottolinea­re la peculiare, e innovativa, modalità di scelta adottata dal Movimento di Beppe Grillo per trovare il suo frontman per le Politiche: più che primarie nel senso classico, infatti, si tratta di un beauty contest. Molti commentato­ri, ad esempio, la- mentano che – a meno di dieci giorni dalla proclamazi­one del vincitore (il 23 settembre) – ancora non si sappia con quali regole si voterà, né chi potrà candidarsi. Obiezione inutile visto che – ha spiegato Alessandro Di Battista – “il Movimento non ha le correnti, ha un programma: il candidato porta avanti quello e zitto”. Il candidato, dunque, non viene scelto per le sue proposte, le sue idee o, volendo esagerare, la sua visione della società espressa in un contesto di valori condivisi con i 5 Stelle: no no, il candidato non ha bisogno di avere una personalit­à, ha già un programma (e zitto). Si deve presumere, dunque, che agli iscritti M5S verrà chiesto di scegliere il futuro premier, se non per ragioni all’ingrosso politiche, in base alla simpatia o alla bellezza o per quel certo non so che.

Un beauty contest, come si vede, e per una decisa scelta ideologica informata non al principio secondo cui uno vale uno, ma a quello per il quale uno vale l’altro.

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